Martirio di san Bartolomeo (Giambattista Tiepolo)
Martirio di san Bartolomeo | |
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Autore | Giambattista Tiepolo |
Data | 1722 |
Tecnica | olio su tela |
Dimensioni | 167×139 cm |
Ubicazione | Chiesa di San Stae, Venezia |
Il Martirio di san Bartolomeo è un dipinto di Giambattista Tiepolo, realizzato nei suoi primi anni di lavoro a Venezia.
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Nel suo testamento Andrea Stazio, patrizio veneziano morto nel 1722, mise a disposizione una somma notevole per la realizzazione di varie opere sulla vita dei dodici apostoli; tutte le opere avrebbero dovuto essere sistemate nella Chiesa di San Stae a Venezia. Oltre che al Tiepolo, la realizzazione delle opere pittoriche fu affidata a diversi altri artisti come Sebastiano Ricci, Giambattista Piazzetta e Giovanni Antonio Pellegrini. Ad ogni artista venne commissionato un quadro relativo alla vita di un apostolo, al Tiepolo toccò san Bartolomeo. I dipinti erano originariamente collocati sui basamenti dei semipilastri che scandiscono le cappelle laterali della chiesa, ma qualche decennio dopo furono sistemati nel presbiterio[1].
Molto probabilmente il giovane Francisco Goya vide questo quadro durante il suo viaggio in Italia nel 1771, anche perché Tiepolo, che aveva lavorato a Madrid per alcuni anni, era certamente conosciuto ed apprezzato dal pittore spagnolo. Come suggerisce il Glendinning nella sua opera sul Goya, la violenza che è irradiata da questa tela fu ripetuta dal maestro spagnolo nel suo celebre 3 maggio 1808.
Descrizione
[modifica | modifica wikitesto]Il dipinto è caratterizzato da una colorazione dai forti contrasti chiaroscurali, appartiene al periodo giovanile del Tiepolo e qui porta a conclusione le premesse piazzettesche e bencoviciane. Si nota un grande realismo drammatico nelle figure: il corpo del santo illuminato da un taglio di luce che ne evidenzia l'anatomia e la mano aperta sul fondo scuro[2].
Viene descritto il momento in cui san Bartolomeo sta per essere scuoiato. La composizione è dominata da una diagonale che mette in rilievo il corpo del santo rispetto a quelli dei suoi carnefici; in questa maniera il Tiepolo riesce a far risaltare il momento particolarmente drammatico dell'evento. La veemenza con cui l'apostolo indirizza le sue braccia verso il cielo è un'allusione a Dio, raffigurato dal fascio di luce proveniente dall'alto.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Moretti 1995, p. 559.
- ^ Pedrocco-Gemin 1993, p. 232.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Filippo Pedrocco e Massimo Gemin, Giambattista Tiepolo – i dipinti, opera completa, Venezia, Arsenale, 1993.
- Lino Moretti, La chiesa di San Stae, in Splendori del Settecento Veneziano, Electa, 1995, pp. 553-569.
- (ES) Nigel Glendinning, Francisco de Goya, Madrid, Arlanza, Biblioteca Descubrir el Arte, 2005 ISBN 84-95503-40-9.