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Craniectomia decompressiva

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Le informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono il parere medico: leggi le avvertenze.

La craniectomia decompressiva è una tecnica neurochirurgica impiegata nel trattamento dell'ipertensione endocranica.[1]

Si tratta di un intervento di emergenza effettuato nei casi più critici allo scopo di migliorare la circolazione cerebrale[2][3][4] e prevenire complicanze come l'erniazione cerebrale ed ischemie.[2]

La craniotomia decompressiva viene generalmente impiegata nei casi di ipertensione endocranica resistenti alla terapia farmacologica.[5] Questo tipo di intervento risulta particolarmente indicato indicato nei pazienti giovani;[1] in particolare, i bambini presentano prognosi e capacità di recupero più favorevoli.[6]

L'intervento prevede la creazione di un flap osseo che viene provvisoriamente rimosso per permettere una riduzione della pressione intracranica.[4]

La decompressione primaria viene effettuata al termine di un intervento che prevede la sezione della dura madre allo scopo di prevenire un aumento della pressione endocranica, in presenza di fattori di rischio. La decompressione secondaria invece ha un vero e proprio ruolo terapeutico nei casi di ipertensione endocranica non ulteriormente trattabile con la sola terapia medica.[2]

L'intervento può essere effettuato seguendo due metodiche:[2]

  • una craniotomia bifrontale, attuata generalmente in caso di aumento generale della pressione endocranica tramite mobilitazione di un flap osseo corrispondente ai due lobi frontali;
  • una craniotomia fronto-temporo-parietale, che prevede la rimozione di un ampio flap osseo per liberare i tre lobi e viene eseguita soprattutto in caso di erniazione cerebrale.

I pazienti sottoposti a craniotomia decompressiva presentano un rischio aumentato di trauma cranico, pertanto risulta consigliabile indossare dispositivi di protezione come elmetti.[7]

Tra le complicanze post-operatorie vanno ricordate l'idrocefalo,[2] la meningite e la comparsa di ascessi cerebrali[8] e fistole liquorali.[2]

Esiste inoltre un rischio di sviluppare deficit cognitivi e stati vegetativi a seguito dell'operazione,[1][2] specie nei pazienti sopra i cinquanta anni.[9]

  1. ^ a b c Luciana Mascia e Luigi Tritapepe, Manuale di anestesia, rianimazione e terapia intensiva, Edra, 2018, ISBN 978-88-214-4782-2, OCLC 1059522747. URL consultato il 15 settembre 2021.
  2. ^ a b c d e f g Renzo Dionigi, Chirurgia: Sesta Edizione, Edra, 15 dicembre 2016, ISBN 978-88-214-4026-7. URL consultato il 15 settembre 2021.
  3. ^ E. Kunze, J. Meixensberger e M. Janka, Decompressive craniectomy in patients with uncontrollable intracranial hypertension, in Acta Neurochirurgica. Supplement, vol. 71, 1998, pp. 16–18, DOI:10.1007/978-3-7091-6475-4_5. URL consultato il 15 settembre 2021.
  4. ^ a b Thomas S. Skoglund, Catherine Eriksson-Ritzén e Christer Jensen, Aspects on decompressive craniectomy in patients with traumatic head injuries, in Journal of Neurotrauma, vol. 23, n. 10, 2006-10, pp. 1502–1509, DOI:10.1089/neu.2006.23.1502. URL consultato il 15 settembre 2021.
  5. ^ Ross Bullock, Cees Avezaat e Alexander Baethmann, Intracranial Pressure and Neuromonitoring in Brain Injury : Proceedings of the Tenth International ICP Symposium, Williamsburg, Virginia, May 25-29, 1997, Springer Vienna, 1998, ISBN 978-3-7091-6475-4, OCLC 851377824. URL consultato il 15 settembre 2021.
  6. ^ Nedal Hejazi, Alfred Witzmann e Peter Fae, Unilateral decompressive craniectomy for children with severe brain injury. Report of seven cases and review of the relevant literature, in European Journal of Pediatrics, vol. 161, n. 2, 2002-02, pp. 99–104, DOI:10.1007/s00431-001-0864-x. URL consultato il 15 settembre 2021.
  7. ^ S. Boström, L. Bobinski e P. Zsigmond, Improved brain protection at decompressive craniectomy--a new method using Palacos R-40 (methylmethacrylate), in Acta Neurochirurgica, vol. 147, n. 3, 2005-03, pp. 279–281; discussion 281, DOI:10.1007/s00701-004-0480-4. URL consultato il 15 settembre 2021.
  8. ^ Jacques Albanèse, Marc Leone e Jean-Roch Alliez, Decompressive craniectomy for severe traumatic brain injury: Evaluation of the effects at one year, in Critical Care Medicine, vol. 31, n. 10, 2003-10, pp. 2535–2538, DOI:10.1097/01.CCM.0000089927.67396.F3. URL consultato il 15 settembre 2021.
  9. ^ G. H. Schneider, T. Bardt e W. R. Lanksch, Decompressive craniectomy following traumatic brain injury: ICP, CPP and neurological outcome, in Acta Neurochirurgica. Supplement, vol. 81, 2002, pp. 77–79, DOI:10.1007/978-3-7091-6738-0_20. URL consultato il 15 settembre 2021.