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Cavalier d'Arpino

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Giuseppe Cesari, detto il Cavalier d'Arpino, in un autoritratto del 1640

Giuseppe Cesari, detto il Cavalier d'Arpino (Arpino, 14 febbraio 1568Roma, 3 luglio 1640), è stato un pittore italiano dell'epoca barocca. Fu uno dei maggiori esponenti del tardo manierismo[1], venendo definito dai Conservatori dell'Urbe "pictor unicus, rarus et excellens ac primarius et reputatus"[2].

Tipico esponente del gusto tardo manierista, il Cesari è stato molto attivo in imprese decorative a Napoli e a Roma, dove si occupò anche di formare giovani pittori poi divenuti celebri, quali Guido Reni e Caravaggio. Secondo Giulio Mancini (Considerazioni sulla pittura, 1620), fu maestro anche dell'Acquasparta[3].

Casa natale di Giuseppe Cesari ad Arpino

Giuseppe Cesari nacque nel febbraio 1568 ad Arpino, nell'odierna provincia di Frosinone, allora nel Regno di Napoli, da Muzio di Polidoro, «pintore d'Arpino, che con maniera assai grossa dipingeva de' voti» e di Giovanna van Mander, appartenente ad una famiglia nobile spagnola. Venne introdotto all'esercizio della pittura in seguito al trasferimento nel 1582 a Roma, dove lavorò alla decorazione delle Logge Vaticane sotto la direzione del Circignani e divenne noto come "Gioseppino"; intervenne anche nella sala vecchia degli Svizzeri, ove realizzò una figura iperbolica di Sansone a monocromo, e nella Sala dei Chiaroscuri.

Fu nell'ambito artistico vaticano, in ogni caso, che il giovane Cesari, non ancora cavaliere, si fece notare per la sua creatività.[4]

Nel 1583 il Cesari, oltre ad iniziare a percepire una provvigione regolare, fu accolto nell'Accademia di San Luca. In seguito a questa prestigiosa adesione, fu molto attivo dal punto di vista artistico, tanto che in questo periodo lavorò in palazzo Santori, in Sant'Anastasio dei Greci, nella chiesa di Trinità dei Monti, e in San Lorenzo in Damaso; nelle opere di questi anni emerge uno stile ispirato a trasparenze quasi da acquarello, risentendo dell'influenza di Raffaellino da Reggio e Francesco Vanni. Frattanto, nel 1586, Cesari divenne membro anche della Congregazione dei Virtuosi al Pantheon.[4]

Affermazione professionale

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Affreschi nella volta della certosa di San Martino, Napoli

Nel 1589 Cesari si trasferì momentaneamente a Napoli, dove fu incaricato della decorazione del Sancta Sanctorum della Certosa di San Martino; gli affreschi, lasciati inizialmente incompiuti, vennero poi terminati dal fratello Bernardino nel 1592-93. Con l'avvento al pontificato di Clemente VIII Aldobrandini il Cesari poté finalmente consacrare la propria affermazione professionale, divenendo uno dei pittori più conosciuti e richiesti a Roma, specialmente per le grandi imprese decorative.[4]

Tra il 1591 e il 1593 il Cesari venne assorbito nella decorazione del soffitto della Cappella Contarelli, nella chiesa di San Luigi dei Francesi; oberato dalle più prestigiose committenze papali, tuttavia, lasciò l'incarico all'apprendista Caravaggio, che lavorava nella sua bottega, ormai considerata una delle più celebri di Roma. Tra i lavori di questi anni, si citano i soffitti illusionistici della cappella Olgiati, in Santa Prassede 1593-95; la decorazione del soffitto della loggia Orsini nel Pio Sodalizio dei Piceni (1594-95); il raffinato San Francesco confortato da un angelo che suona il violino (1593 circa).

Testa di Tullo Ostilio (1597), Museum Kunstpalast, Düsseldorf

Allo stesso periodo risalgono alcuni interventi nella cappella Aldobrandini in Santa Maria in Via e nella cappella dei Bombardieri del castello di Santa Maria in Transpontina. Successivamente, affrescò la sacrestia della certosa di San Martino, a Napoli (1596-1597) e decorò col Ritrovamento della lupa la sala degli Orazi e Curiazi nel palazzo dei Conservatori al Campidoglio; seguirono le tele raffiguranti San Giovanni che beve veleno e San Giovanni condotto al sepolcro, realizzate su commissione di Clemente VIII per San Giovanni in Fonte, e alcuni suoi piccoli dipinti realizzati come omaggio per le doppie nozze austro-spagnole; sappiamo, inoltre, che in questi anni il Cesari si recò a Venezia.[4]

Divenuto nel novembre 1599 principe dell'Accademia di San Luca, il Cesari nel 1600 affrescò l'Ascensione nel transetto di San Giovanni in Laterano, conseguendo grazie alle qualità pittoriche di quest'opera il cavalierato di Cristo. Se escludiamo gli affreschi realizzati per Pietro Aldobrandini nella sua villa a Frascati, e le altre imprese decorative anzidette, il Cavalier d'Arpino nell'ultimo decennio fu impegnato anche nella realizzazione di un cospicuo numero di piccoli dipinti, assai raffinati e ricercati: in tal senso, si segnalano Perseo e Andromeda (1592-93 circa), la Resurrezione di Lazzaro (1591-93 circa), la Fuga in Egitto (1592-93 circa), il San Michele combatte gli angeli ribelli (1593 circa); la Cattura di Cristo (1596-97 circa); la Cacciata dal paradiso (1597); Diana e Atteone e il Riposo nella fuga in Egitto.[4]

Diana e Atteone (1602-03 circa), Louvre, Parigi
Appartamento dei Conservatori, Combattimento degli Orazi e dei Curiazi, 1612-1613

La posizione economica e sociale del Cesari si era ormai ampiamente consolidata, e quindi egli poté finalmente acquistare un palazzo a via del Corso, oltre a farsi costruire una propria residenza nell'Arpino natia, tuttora parzialmente esistente; tra i clienti del Cesari, oltre alla ricca aristocrazia capitolina, vi erano anche l'imperatore Rodolfo II e i re di Spagna e di Francia. Alla morte di Clemente VIII, tuttavia, il Cavalier d'Arpino subì una momentanea eclissi, finendo addirittura in prigione per il possesso illecito di armi (in realtà, possedeva una raffinata collezione di archibugi).[4] Secondo alcuni l'accusa si rivelò un pretesto (forse architettato dal cardinale Scipione Caffarelli-Borghese, nipote prediletto di Paolo V, per entrare in possesso dell'importante collezione di quadri del Cesari). Il processo, appunto finì nel 1607, con la donazione (ma più che altro fu una confisca) della sua quadreria alla Camera apostolica. Molte di quelle opere finiranno nella Villa del cardinal nepote, e tutt'oggi parte della Galleria Borghese. Probabilmente nel 1607, dopo la confisca della sua collezione d'arte, il Cavalier d'Arpino lasciò Roma per ritirarsi temporaneamente a Arpino: durante questo viaggio si fermò a Lenola, dove elaborò il progetto del santuario della Madonna del Colle, il cui cantiere si era da poco aperto (Pesiri 2022); non mancò di beneficare il santuario di Lenola nel 1628 incoraggiando la costruzione del nuovo altar maggiore, affidata al maestro scalpellino Alessandro Montonese, e inviando in dono una "Gloria d'Angeli" su tela per ornarne il tabernacolo (Pesiri 2022). Uscito dal carcere, il Cesari sovrintese alla decorazione a mosaico della cupola di San Pietro e della cappella Paolina in Santa Maria Maggiore, dove eseguì i Profeti nei pennacchi della cupola e il San Luca sopra l'altare. Nella tarda carriera si moltiplicarono per il pittore i riconoscimenti ufficiali: rieletto principe dell'Accademia di San Luca nel 1615 e nel 1629, il 13 luglio 1630 gli vennero concessi la Croce e del titolo di San Michele. Nel frattempo, il Cesari si invaghì di una popolana romana di nome Dorotea a tal punto da farla sua sposa: le nozze, celebrate nel 1618, furono coronate dalla nascita di due figli, Muzio e Bernardino, entrambi pittori.[4]

Il Cavalier d'Arpino trascorse gli ultimi anni della sua esistenza nella sua dimora a via dei Serpenti, acquistata nel 1636; morì infine il 3 luglio 1640.[4] La salma venne dapprima deposta provvisoriamente in una semplice tomba nella navata di Santa Maria in Aracoeli, la cui collocazione può essere desunta dall'esame delle fonti, e fu poi trasferita in San Giovanni in Laterano (forse grazie all'aiuto dei Barberini) in un dignitoso monumento in marmi policromi, dagli echi borrominiani e con un busto di Niccolo Menghini, realizzato post-mortem forse sulla base di precedenti ritratti, e completato dallo scudo araldico richiamante il soprannome dell'artista, e da un epitaffio encomiastico[5].

Galleria d'immagini

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Galleria d'immagini

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Nella cultura di massa

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  1. ^ Caravaggio la vita e le opere, su analisidellopera.it. URL consultato il 23 gennaio 2022.
  2. ^ Traduzione, Pittore unico, raro ed eccellente, oltre che autorevole e rispettato.
  3. ^ ACQUASPARTA, L', in Dizionario biografico degli italiani, vol. 1, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1960. URL consultato l'8 dicembre 2023.
  4. ^ a b c d e f g h Herwarth Roettgen, CESARI, Giuseppe, detto il Cavalier d'Arpino, collana Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 24, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1980, SBN RAV0018945. URL consultato il 26 agosto 2016.
  5. ^ Gianpasquale Greco, Le spoglie del Cavalier d’Arpino tra S. Maria in Aracoeli e il monumento in S. Giovanni in Laterano, in «Rivista dell’Istituto Nazionale d’Archeologia e Storia dell’Arte» (RIASA),, LXXI, ser. III, 2016, LXXI, pp. 283-289.
  6. ^ https://www.aboutartonline.com/riemerge-un-dipinto-inedito-del-cavalier-darpino-il-salvatore-del-duomo-di-reggio-e-la-probabile-committenza/
  7. ^ Cours d'architecture : qui comprend Les ordres de Vignole, avec des commentaires, les figures & les descriptions de ses plus beaux bâtimens, & de ceux de Michel-Ange, des instructions et des preceptes, & plusieurs nouveaux desseins concernans la distribution & la décoration, la matière & la construction des édifices, la maçonnerie, la charpenterie, la couverture, la serrurerie, la menuiserie, le jardinage, & géneralement tout ce qui regarde l'art de bastir, su archive.org. URL consultato il 22 maggio 2017.
  • Mario Rotili, CELEBRANO, Francesco, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 23, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1979. URL consultato il 17 ottobre 2014.
  • Herwarth Röttgen, Il Cavalier Giuseppe Cesari D'Arpino. Un grande pittore nello splendore della fama e nell'incostanza della fortuna, Ugo Bozzi editore, Roma, 2002, ISBN 88-7003-035-0
  • Herwarth Röttgen, Cavalier Giuseppe Cesari D'Arpino - Die Zeichnungen - I Disegni (3 voll.), Opus magnum Verlag, Stoccarda, 2013, ISBN 978-3-939322-70-2, ISBN 978-3-939322-72-6, ISBN 978-3-939322-74-0
  • Arturo Quadrini, Il Cavalier d'Arpino, Macioce & Pisani, Isola del Liri, 1940
  • Marco Simone Bolzoni, Il Cavalier d'Arpino - Maestro del disegno. Catalogo ragionato dell'opera grafica, Ugo Bozzi editore, Roma, 2011, ISBN 88-7003-052-0
  • Gianpasquale Greco, Le spoglie del Cavalier d’Arpino tra S. Maria in Aracoeli e il monumento in S. Giovanni in Laterano, in «Rivista dell’Istituto Nazionale d’Archeologia e Storia dell’Arte» (RIASA), LXXI, ser. III, 2016, pp. 283–289.
  • Giovanni Pesiri, Da Roma a Lenola. Note sul ruolo del Cavalier d’Arpino e del maestro scalpellino Alessandro Montonese nel cantiere del santuario del Colle, in La chiusura dell’inchiesta diocesana sulla vita, virtù, fama di santità e segni del servo di Dio Gabriele Mattei: un percorso spirituale e comunitario (Quaderni de La Madonna del Colle. Bollettino del santuario, 12), Lenola 2022, pp. 29–58 _.

Collegamenti esterni

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Controllo di autoritàVIAF (EN42110310 · ISNI (EN0000 0000 8343 180X · SBN BVEV077533 · BAV 495/23049 · CERL cnp00574363 · Europeana agent/base/67308 · ULAN (EN500115051 · LCCN (ENnr90013352 · GND (DE118638319 · BNE (ESXX1758866 (data) · BNF (FRcb14957916v (data) · J9U (ENHE987007432280605171