
Nonostante qualche grattacapo personale, anche quest’anno sono riuscito a partecipare al Free Open Source Developers European Meeting (in sigla: FOSDEM) di Bruxelles, la maggiore conferenza europea (e mondiale?) dedicata al software libero e aperto. E come ogni anno ne trascrivo qui le mie impressioni, in quanto – come uso spesso dire – la parte più interessante del FOSDEM non sono i talk (ce ne sono più di 1000 in programma, sarebbe comunque impossibile seguirli tutti) quanto vedere ed osservare quali sono i temi affrontati, quali sono quelli maggiormente partecipati, e come si distribuisce l’interesse della vasta ed eterogenea platea.
Dal mio punto di vista, l’outsider di quest’anno è stato il progetto Zephyr, sistema operativo realtime destinato all’uso in ambito IoT, che nel programma 2025 è stato soggetto di svariati talk in numerose diverse devroom tematiche e che mi è capitato di sentir menzionare da più di una persona in più di un contesto (tra le altre cose: sono stato edotto sul fatto che pure Arduino sta aderendo al progetto). Stando a quanto mi è stato spiegato, la peculiarità di Zephyr è di essere riuscito ad emergere e ad aggregare interesse (e dunque: risorse e competenze) in un settore – appunto quello dell’IoT – che per lungo tempo è stato frammentato tra soluzioni open source non ottimali e soluzioni closed source. Si potrebbe dire che Zephyr stia diventando, nell’ambito del software embedded e dell’elettronica, quello che Linux è per i server: la scelta di default.
Ed il rinnovato interesse nei confronti dell’hardware – inteso come piattaforma su cui eseguire il software – si nota anche nella proliferazione dei banchetti a tema, un tempo relegati al building AW ed ora distribuiti un po’ in ogni area (compresa la nuova zona per gli stand allestita in un corridoio di passaggio tra le diverse strutture): i led delle schede – alcune delle quali a loro volta open hardware – occhieggiano su numerosi tavoli, segnalando l’attività di una qualche applicazione a codice aperto intenta a leggere sensori, trasmettere dati o innescare attuatori. Certo, l’impatto del modello di sviluppo open difficilmente potrà mai essere determinante sull’hardware quanto lo è stato sul software, ma è comunque interessante vedere come anche questo settore industriale sta venendo “democraticizzato” in funzione della condivisione dei saperi.
L’amico Michele, certamente più addentro di me in quel che concerne il mondo AI, LLM e similari, mi ha fatto notare che al FOSDEM 2025 ci sono stati molti più talk di approfondimento tecnico su come funzionano e come si realizzano i modelli che stanno alla base di questo genere di applicazioni. Se fino allo scorso anno ci si è limitati ad usare i modelli – più o meno “open source” – pubblicati da soggetti terzi, e a fornire soluzioni che ne facilitassero l’utilizzo a più alto livello ma senza intaccarne il nocciolo, evidentemente nell’ultimo anno è diventata più accessibile e popolare la possibilità di creare i propri modelli AI, eventualmente ottimizzati e verticalizzati sui propri casi d’uso e sui propri contenuti. Di fatto si sta avverando la profezia secondo cui la rivoluzione AI non si manifesta con un simpatico chatbot che, alimentato da ciclopiche basi di dati ed ospitato in costosi data center, risponde a tutte le domande possibili e compie tutte le operazioni pensabili, ma con piccoli modelli ad-hoc costruiti per fare solo quello che serve, più economici da eseguire anche su risorse locali.
Per quanto invece concerne il folklore collaterale del FOSDEM, va segnalato che anche quest’anno non è stato convocato il tradizionale “beer event” al venerdì precedente alla manifestazione presso il Delirium Village, sospeso negli anni immediatamente successivi al COVID e mai più reintrodotto. Pure nell’anno in cui si sono celebrati i 25 anni dell’evento. Forse anche per questo motivo le serate alcoliche in Impasse de la Fidélité sono state molto meno partecipate e caotiche. Viceversa, pare che una parte del pubblico si sia spostata presso la ByteNight, after-party non ufficiale della conferenza ma comunque abbondantemente promosso presso la stessa; il prossimo anno credo che toccherà anche a me adeguarmi ai tempi che cambiano, o quantomeno andare a dare una occhiata.
Un’ultima nota relativa al “Caso Dorsey” che ha animato le settimane precedenti. Risulta che Jack Dorsey (co-fondatore di Twitter e fondatore di Bluesky, tra le altre cose) avrebbe dovuto tenere un talk, ma che qualcuno abbia minacciato rumorose ed ingombranti proteste nei confronti del miliardario statunitense – in questa sede, personificazione degli odiati BigTech – al punto da far sparire l’intervento dal programma. Nel corso del talk dedicato ai 25 anni del FOSDEM non ci si è potuti esimere dal sollecitare ad un approccio costruttivo anziché distruttivo nei confronti di un evento organizzato essenzialmente da volontari: il summenzionato fatto non è stato citato, ma a tutti è risultato evidente il riferimento. Non ho gli strumenti per entrare nel merito della questione, o determinare chi abbia più ragione dell’altro, ma questo episodio non può passare del tutto inosservato e lo appunto qui per futura referenza.
Come spesso capita, sono rientrato a casa con numerosi progetti e idee da sviscerare ed analizzare. Non avrò mai il tempo per fare tutto, ma forse il bello dell’esperienza FOSDEM sta proprio nel sognare quello che non sarà mai implementato.









