Materie prime

Rame, alluminio e gli altri: perché investire in metalli. Incognita Cina e dazi

La spinta della transizione energetica rallenta, ma l’offerta insufficiente sostiene i prezzi. Fattori critici i dazi di Trump e la crescita cinese

di Marzia Redaelli

3' di lettura

Cambiano le cause, ma l’effetto è lo stesso: rame, alluminio, zinco e - in misura minore - il piombo, hanno ancora potenzialità di crescita, nonostante negli ultimi anni questi metalli siano già saliti parecchio.

All’inizio del 2024, infatti, la spinta forte è arrivata dalle aspettative dell’utilizzo per la transizione energetica. Ora, invece, le motivazioni dei rialzi stanno più che altro nella scarsità dell’offerta rispetto alla domanda. Non è tanto l’ondata verde a sostenere i prezzi, anche perché si sta ridimensionando, ma lo squilibrio del mercato delle materie prime.

Loading...

Raffinatori sotto pressione

«Il rame, per esempio - afferma Michael Palatiello, ad di Wings Parners - si è assestato sui 9mila dollari dopo aver toccato il picco a 10mila in primavera e anche all’inizio di ottobre, ma noi pensiamo che possa arrivare a 10.500/11.000 dollari, perché c’è una carenza di materiale grezzo. Le miniere sono vecchie e non ci sono stati investimenti nell’industria, con il risultato che i premi per la raffinazione sono molto bassi».

I premi sono bassi perché l’attività di estrazione è obsoleta e gli impianti sono molto sfruttati; quindi, si ricava meno prodotto utile per la stessa quantità di minerale estratta e lo sconto sul prezzo del rame praticata dall’estrattore a chi lo raffina e produce catodi di rame, scende. «Questa situazione, però - continua Palatiello -, non è sostenibile; nel 2025 scadranno numerosi contratti, i premi potrebbero scendere ancora e i raffinatori più deboli saranno costretti a uscire dal mercato, perché potrebbero non riuscire più a operare con i margini ribassati. Dunque, prevediamo un calo dell’offerta e un possibile aumento dei prezzi».

Situazione diffusa

La pressione sui produttori c’è anche per altri metalli non ferrosi, come lo zinco, il piombo e l’alluminio. Tutti e tre, infatti, hanno prospettive di prezzo interessanti. «Soprattutto l’alluminio ha forti potenzialità rialziste e potrebbe arrivare a 3mila o a 3.200 dollari la tonnellata» aggiunge Palatiello. L’esperto precisa che l’allumina, cioè l’ossido di alluminio, è sui massimi storici e l’aumento della quotazione è dovuto alla strategia economica della Nuova Guinea, da dove proviene gran parte della bauxite, dalla quale si estrae l’alluminio. Lo Stato africano sta bloccando le esportazioni perché vuole creare un indotto domestico che raffini anche il minerale, in modo da vendere prodotti finiti e avere più guadagno.

Il nickel, viceversa, soffre della disponibilità abbondante rispetto a una domanda in calo e, quindi, ha poco appeal per gli investitori.

Il ruolo della Cina

A favore del prezzo dell’alluminio c’è senz’altro la politica fiscale cinese. Pechino ha tolto le agevolazioni agli esportatori di semilavorati e, al momento, non c’è un’offerta che possa rimpiazzare quella cinese.

La Cina, tra l’altro, ha un ruolo cruciale anche per la domanda di metalli, perché è un grande consumatore di materie prime in generale. Solo che l’economia cinese è imballata, a causa della bolla immobiliare e del covid, che hanno intralciato la crescita. La Cina dipende ancora tantissimo dalle esportazioni e il rallentamento globale non la aiuta a generare ricchezza. Il passaggio da un sistema votato all’export a uno che si regge sulla forza economica nazionale è appena agli albori e non è sufficiente a spezzare il circolo vizioso tra debolezza globale e debolezza interna.

Dazi e dollaro

Sul mercato dei metalli pende un’altra condizione fondamentale per la tenuta dei prezzi dei metalli, che è la politica commerciale del nuovo Presidente Usa Donald Trump. Da qualche giorno, quando Trump ha nominato, il moderato Scott Bessent al Tesoro, gli investitori si sono rilassati, perché sperano che i dazi saranno meno aggressivi.

Gli economisti di Macquarie ribadiscono che in questo momento i fattori critici per i metalli sono la forza del dollaro (la loro valuta di negoziazione), rispetto allo yuan cinese (con il quale il rame è correlato) e, infine, le notizie sulla guerra commerciale e sull’impatto che può avere sulla domanda.

Riproduzione riservata ©
Loading...

Brand connect

Loading...

Newsletter

Notizie e approfondimenti sugli avvenimenti politici, economici e finanziari.

Iscriviti