Scelte di investimento

Obbligazioni: meglio i fondi o gli Etf? Ecco come scegliere

I fondi attivi sono più efficienti per bond rischiosi, mentre gli Etf sono da preferire per le strategie semplici

di Marzia Redaelli

2' di lettura

L’investimento in obbligazioni può sembrare più facile di quello azionario e alla portata anche dei risparmiatori meno esperti. La scelta di uno strumento del risparmio gestito non è però da sottovalutare, soprattutto se si vuole diversificare l’investimento anche con una cifra ridotta e le obbligazioni da prediligere sono in realtà titoli complessi, magari in valuta o regolati da meccanismi sofisticati.

La scelta più naturale in questi casi ricade sui fondi comuni di investimento, gestiti da uno o più professionisti del mercato, o Exchange Traded Funds, cioè fondi detti passivi perché il portafoglio è uguale a quello di un indice che include i titoli di un determinato mercato o di un settore o di una determinata nicchia.

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Il gestore deve fare la differenza

In genere, in fondi comuni attivi sono più costosi, proprio perché - sulla carta - hanno una gestione personale e dinamica, mentre gli Etf hanno una gestione automatizzata, anche se adesso ci sono Etf ibridi, gestiti in modo attivo o parzialmente attivo.

«I fondi comuni - spiega Andrea Zanella - andrebbero utilizzati per il reddito fisso solo quando un gestore, visto l’elevatissimo costo di questi strumenti, può fare davvero la differenza. Per esempio, quando si investe in titoli di Stato dei Paesi di frontiera, o sulle obbligazioni subordinate bancarie e su poco altro. In tutti gli altri casi, gli Etf sono decisamente più efficienti».

In aggiunta, nel caso specifico delle obbligazioni governative, le analisi aiutano a capire quale strumento scegliere, anche all’interno dello stesso tipo di prodotto.

Sui governativi prodotti semplici

«I dati in nostro possesso - afferma Marcello Rubiu, amministratore unico di Norisk ed esperto di strumenti finanziari - evidenziano come nel caso del segmento governativo risulti preferibile indirizzarsi verso gli Etf, però prestando attenzione alla durata finanziaria dei vari prodotti, perché l’indice complessivo raggiunge ben sette anni e, quindi, è molto reattivo ai cambiamenti delle fasi di mercato». Meglio, dunque, rivolgersi a scadenze più brevi, come quella dei titoli tra i tre e i cinque anni.

Attenzione alla durata dei titoli

Per la quota di portafoglio destinata ai titoli indicizzati all’inflazione, invece, Rubiu precisa che ci sono strumenti efficienti sia nel mondo degli Etf sia in quello dei fondi attivi, che utilizzano anche qualche emissione societaria, ma che anche per questo segmento di obbligazioni bisogna cercare di limitare la durata finanziaria delle emissioni, perché aumenta la volatilità del portafoglio e la possibilità di perdite quando i tassi di interesse si muovono. «In questa fase - continua Rubiu - è preferibile non assumersi un rischio eccessivo di duration e, quindi, gli Etf sono più indicati. Secondo noi i fondi attivi vanno usati soltanto per mercati meno efficienti e molto eterogenei a loro interno. Per esempio, per i bond ad alto rendimento, subordinati, dei Paesi emergenti o per strategie alternative o di absolute return. Viceversa, per i grandi indici azionari e obbligazionari è preferibile indirizzarsi verso gli Etf».

Attività a due facce

Sottoscrivere un fondo comune di investimento attivo significa aggiungere un livello di sofisticazione all’investimento, che è dato dall’operato del gestore. È un’incognita che si somma a quella dell’andamento dei mercati e che può dare risultare migliori o peggiori di quelli degli Etf passivi. «È un fattore di rischio che deve essere remunerato - conclude Rubiu».

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