Doppio gioco
Due facciate agli antipodi racchiudono un’abitazione unifamiliare ad Albino, vicino a Bergamo. Escamotage con cui lo studio Buratti Architetti coniuga due esigenze: dialogare garbatamente con il centro storico e creare un’intimità domestica. Immersa nel verde
Ibridazione tipologica. È così che Gabriele Buratti – titolare insieme al fratello Oscar dell’omonimo studio milanese di architettura – definisce il tema caratterizzante della villa per una coppia di imprenditori bergamaschi e i loro due figli costruita ex novo ad Albino, dove un tempo sorgeva un edificio residenziale fatiscente in cortina edilizia. Da un lato, sulla piazza, il prospetto è semplice, quasi austero, e riprende gli stilemi storici degli edifici della cittadina bergamasca, completando la quinta dello spazio pubblico su cui si affaccia. Sul lato opposto, quello interno e privato, il portico e le grandi vetrate raccontano il glamour di un’abitazione contemporanea, spaziosa ed elegante, assieme all’esigenza di intimità e connessione con il verde del giardino.
«Per comprendere la trasformazione tipologica che si realizza nell’arco di pochi metri – spiega Buratti – occorre attraversare l’androne voltato lasciandosi alle spalle la facciata esterna intonacata, fiancheggiare la parete filtro di rappresentanza – dove c’è l’ingresso della casa – e arrivare al giardino. L’anima più propriamente domestica dell’edificio si trova qui». L’intervento, che esprime la creatività dello studio nei differenti ambiti del product design, degli interiors e dell’architettura, rientra nella pratica tipicamente italiana di lavorare contemporaneamente alle diverse scale, di cui sono stati illustri rappresentanti Franco Albini, Gio Ponti, Luigi Caccia Dominioni. «Sperimentare il salto tra architettura e interiors, tra arredo e product design è una sfida sempre stimolante che connota il nostro modo di operare».

Per movimentare i 500 metri quadrati di Casa Acerbis è stata scelta una palette materica ricca, sia per gli interni che per gli esterni. Le pietre naturali e il ceppo, la basaltina e l’‘invisible’ venato si alternano ai legni – rovere naturale e olmo tinto nero – al ferro crudo cerato, agli specchi colorati, a tessuti e pelli. I cromatismi di base, tutti giocati sui toni naturali, sono interrotti da pochi decisi accenti, come il rosso Cina del tavolo in cucina laccato lucido, e quello blu acciaio del divano. Fulcro del progetto è l’articolazione degli spazi e dei volumi attorno a una sorta di cavedio centrale a tutta altezza, un pozzo di luce naturale, elemento di connessione visiva dei tre piani della casa e degli stessi abitanti, che lo utilizzano per interagire a distanza. «È l’evoluzione contemporanea di ciò che Adolf Loos definiva ‘Raumplan’», commenta Buratti. «Uno spazio caratterizzato da incastri di piani sfalsati e volumi di varie dimensioni, che compongono un insieme complesso. E armonioso».

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