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Sagmatias cruciger

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Lagenorinco dalla croce

Lagenorinchi nello stretto di Drake

Dimensioni rispetto all'uomo
Stato di conservazione
Rischio minimo[1]
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
PhylumChordata
ClasseMammalia
OrdineCetacea
SottordineOdontoceti
FamigliaDelphinidae
GenereSagmatias
SpecieS. cruciger
Nomenclatura binomiale
Sagmatias cruciger
(Quoy e Gaimard, 1824)
Sinonimi

Lagenorhynchus cruciger
(Quoy e Gaimard, 1824)

Areale

Il lagenorinco dalla croce (Sagmatias cruciger (Quoy e Gaimard, 1824)) è un piccolo rappresentante della famiglia dei Delfinidi (Delphinidae) che abita le acque antartiche e subantartiche.[2] Viene avvistato regolarmente dalle navi che attraversano lo stretto di Drake, ma ha una distribuzione circumpolare.

Venne identificato per la prima volta come una nuova specie da Jean René Constant Quoy e Joseph Paul Gaimard nel 1824 a partire da un disegno effettuato nel Pacifico meridionale nel 1820.[3] È stato l'unico cetaceo ad essere riconosciuto come specie valida solamente a partire dai resoconti dei testimoni.

Autopsia di un lagenorinco dalla croce. I disegni sui fianchi sono un carattere per l'identificazione della specie.

Il lagenorinco dalla croce presenta una colorazione nera sul dorso e bianca sul ventre, con macchie bianche sui fianchi e, talvolta, zone di colore grigio scuro.[4] Per questo motivo, era noto comunemente tra i balenieri come sea cow («mucca di mare», nonostante con questo nome vengano chiamati i rappresentanti dell'ordine dei Sirenii)[5] o sea skunk («moffetta di mare»).[4] Su ogni lato vi è una macchia bianca sulla fronte, sopra il rostro, l'occhio e la pinna pettorale, e un'altra macchia sulla parte posteriore del corpo. Queste due macchie sono collegate da una sottile striscia bianca che fa assumere al disegno, in parole povere, la forma di una clessidra; da qui il nome inglese di hourglass dolphin («delfino clessidra»). Il nome comune italiano, invece, così come l'appellativo specifico (cruciger, «portatore di croce»), si riferisce alle zone di colore nero, che, viste da sopra, ricordano vagamente una croce di Malta o una croce patente.[4] Fino ad ora non vi sono stati avvistamenti verificati di piccoli e la loro colorazione rimane pertanto sconosciuta.

All'interno del suo areale questo delfino è facilmente identificabile. L'unico cetaceo di dimensioni e colorazione paragonabili presente nelle stesse acque dell'estremo sud è il lissodelfino australe.[6] Tuttavia, l'assenza di pinna dorsale nel lissodelfino, in contrasto con la pinna dorsale generalmente alta e ricurva del lagenorinco dalla croce, rende molto improbabile la confusione tra le due specie. La pinna dorsale del lagenorinco dalla croce è di forma variabile e la curvatura può essere particolarmente pronunciata negli individui più anziani. La specie possiede vertebre a forma di disco e altri processi inclinati che conferiscono loro una maggiore stabilità.[7]

I maschi adulti misurano circa 1,8 metri di lunghezza e pesano più di 90 chilogrammi.[3][8] Le femmine giovani presentano una lunghezza compresa tra 1,6 e 1,8 metri e pesano tra 70 e 90 chilogrammi.[3] Si ritiene che i maschi siano leggermente più piccoli e leggeri delle femmine, ma il numero limitato di esemplari analizzati non permette di trarre conclusioni definitive.

Come tutti i delfini, anche questa specie utilizza l'ecolocazione per localizzare le prede.[9]

Distribuzione e habitat

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La specie occupa un areale circumpolare, dal limitare del pack antartico fino a circa 45° S.[2] Più a nord è stata rilevata a 36° S nell'Atlantico meridionale e a 33° S nei pressi di Valparaíso, in Cile, nel Pacifico.[10] La sua presenza viene segnalata con maggiore frequenza nel sud della Nuova Zelanda, intorno alle Shetland Australi[11] e al largo della Terra del Fuoco, in Argentina.[10]

I lagenorinchi dalla croce vengono avvistati più spesso in piccoli gruppi composti al massimo da 10-15 individui,[6] ma sono stati osservati anche gruppi formati da un centinaio di capi.

Condividono i terreni di foraggiamento con altri cetacei, come globicefali, balenottere minori e lissodelfini australi, e vengono osservati regolarmente in compagnia delle balenottere comuni.[6] Praticano frequentemente il bow-riding tra le onde provocate dalle navi e dalle grandi balene.

L'esame dei contenuti stomacali dei pochi esemplari analizzati indica che si nutrono di canocchie, policheti e varie specie (non identificate) di calamari e piccoli pesci.[12]

La specie venne battezzata inizialmente Delphinus cruciger da Quoy e Gaimard (1824) dopo un primo avvistamento nel gennaio 1820.[3] Lesson e Garnot (1827) battezzarono in seguito un altro delfino con due macchie bianche sui fianchi Delphinus bivittatus.[3] Per tutto il XIX secolo e l'inizio del XX, gli scienziati attribuirono al lagenorinco dalla croce vari sinonimi, come Phocoena crucigera (Philippi, 1893), Electra crucigera (Gray, 1871) e Lagenorhynchus clanculus (Gray, 1846, 1846; 1849; 1850; 1866).[3] Sebbene venga tradizionalmente classificata nel genere Lagenorhynchus, le analisi molecolari indicano che la specie sia in realtà più strettamente imparentata con i lissodelfini e i delfini del genere Cephalorhynchus[13][14] ed è pertanto stata trasferita nel nuovo genere Sagmatias, che è stato accettato dalla American Society of Mammalogists.[14] Le relazioni tassonomiche con il genere Cephalorhynchus (cui appartiene, tra gli altri, il cefalorinco di Hector) vengono ulteriormente supportate dalle somiglianze nei segnali di ecolocazione e nei fischi emessi.[9]

Censimenti della specie furono realizzati nel 1976-77 e nel 1987-88. Sulla base delle analisi di zonizzazione effettuate nel gennaio 1977 e 1988 nelle acque settentrionali dell'Antartico, il numero di esemplari venne stimato intorno ai 144300 individui.[15] Questa è stata l'unica stima di popolazione fatta finora.

Conservazione

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Il lagenorinco dalla croce è una delle specie coinvolte nel Protocollo d'intesa per la conservazione dei cetacei e dei loro habitat nella regione delle isole del Pacifico (Pacific Cetaceans MOU).[16] Nel 2003 è stata inserita anche nell'Appendice II della Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (CITES). Sebbene non sia stato ancora studiato approfonditamente, il lagenorinco dalla croce non è minacciato e figura pertanto tra le «specie a rischio minimo» (Least Concern) sulla Lista rossa della IUCN.[1]

  1. ^ a b (EN) Braulik, G. 2018, Lagenorhynchus cruciger, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  2. ^ a b K. Van Waerebeek, R. Leaper, A. N. Baker, V. Papastavrou, D. Thiele, K. Findlay, G. Donovan e P. Ensor, Odontocetes of the Southern Ocean Sanctuary, in Journal of Cetacean Research and Management, vol. 11, 2010, pp. 315-346.
  3. ^ a b c d e f R. N. P. Goodall, A. N. Baker, P. B. Best, M. Meyer e N. Miyazaki, On the Biology of the Hourglass Dolphin, Lagenorhynchus cruciger (Quoy and Gaimard, 1824), in Reports of the International Whaling Commission, vol. 47, 1997, pp. 985-1000.
  4. ^ a b c Randall R. Reeves, Brent S. Stewart, Phillip J. Clapham e James A. Powell, Guide to marine mammals of the world, New York, Alfred A. Knopf, 2002, pp. 414-417.
  5. ^ OBIS-SEAMAP, su seamap.env.duke.edu.
  6. ^ a b c R. N. P. Goodall, Review of sightings of the Hourglass Dolphin, Lagenorhynchus cruciger, in the South American Sector of the Antarctic and Sub-Antarctic, in Reports of the International Whaling Commission, vol. 47, 1997, pp. 1001-1014.
  7. ^ M. Constanza Marchesi, M. Sebastían Mora, L. Elena Pimper, E. Alberto Crespo e R. Goodall, Can habitat characteristics shape vertebral morphology in dolphins? An example of two phylogenetically related species from southern South America, in Marine Mammal Science, vol. 33, 2017, pp. 1126-1148.
  8. ^ R. L. Brownell Jr. e M. A. Donahue, Hourglass dolphin Lagenorhynchus cruciger (Quoy and Gaimard, 1824), in S. H. Ridgway e R. Harrison (a cura di), Handbook of marine mammals, 6: The second book of dolphins and the porpoises, Academic Press, 1999, pp. 121-135.
  9. ^ a b J. Tougaard e L. A. Kyhn, Echolocation sounds of hourglass dolphins (Lagenorhynchus cruciger) are similar to the narrow band high‐frequency echolocation sounds of the dolphin genus Cephalorhynchus, in Marine Mammal Science, vol. 26, n. 1, 2009, pp. 239-245, DOI:10.1111/j.1748-7692.2009.00307.x.
  10. ^ a b N. Dellabianca, G. Scioscia, A. Schiavini e A. Raya Rey, Occurrence of hourglass dolphin (Lagenorhynchus cruciger) and habitat characteristics along the Patagonian Shelf and the Atlantic Ocean sector of the Southern Ocean, in Polar Biology, vol. 35, n. 2, 2012, pp. 1921-1927, DOI:10.1007/s00300-012-1217-0.
  11. ^ J. A. Santora, Habitat use of hourglass dolphins near the South Shetland Islands, Antarctica, in Polar Biology, vol. 35, n. 5, 2011, pp. 801-806, DOI:10.1007/s00300-011-1133-8.
  12. ^ M. Fernandez, B. Beron-Vera, N. A. Garcia, J. A. Raga e E. A. Crespo, Food and Parasites from two Hourglass Dolphins, Lagenorhynchus cruciger (Quoy and Gaimard, 1824), from Patagonian waters, in Marine Mammal Science, vol. 19, n. 4, 2003, pp. 832-836, DOI:10.1111/j.1748-7692.2003.tb01133.x.
  13. ^ L. May-Collado e I. Agnarsson, Cytochrome b and Bayesian inference of whale phylogeny, in Molecular Phylogenetics and Evolution, vol. 38, n. 2, 2006, pp. 344-354, DOI:10.1016/j.ympev.2005.09.019, PMID 16325433.
  14. ^ a b R. G. LeDuc, W. F. Perrin e A. E. Dizon, Phylogenetic relationships among the delphinid cetaceans based on full cytochrome b sequences, in Marine Mammal Science, vol. 15, n. 3, 1999, pp. 619-648, DOI:10.1111/j.1748-7692.1999.tb00833.x.
  15. ^ F. Kasamatsu e G. G. Joyce, Current status of Odontocetes in the Antarctic, in Antarctic Science, vol. 7, n. 4, 1995, pp. 365-379, DOI:10.1017/S0954102095000514.
  16. ^ Pacific Cetaceans - Convention on Migratory Species, su Pacific Cetaceans.

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