Finanza Aziendale
Finanza Aziendale
La Finanza Aziendale è una disciplina aziendalistica che studia tutto ciò che riguarda i flussi finanziari in
entrata e in uscita. Ha le sue origini negli USA negli anni 1920-1930 a seguito dello sviluppo dei mercati
finanziari e l'emissione di titoli azionari.
Programmazione —> 1 anno e 18 mesi
Pianificazione —> tempo più lungo
Essenzialmente la finanza aziendale si occupa di :
• Programmazione e pianificazione finanziaria
• Modalità di acquisizione dei capitali
• Valutazione degli investimenti
• Gestione della liquidità
• Gestione del capitale circolante
• Operazioni di finanza straordinaria
Lo scopo delle imprese si diceva che fosse la "Massimizzazione del profitto", ma con il tempo sono stati
evidenziati 3 limiti:
1. La massimizzazione del profitto è un obiettivo di breve periodo, che lo porta ad essere in contrasto con la
vantaggiosul
breve
definizione di impresa (istituto destinato a perdurare nel tempo) sullungo
svantaggio
3. Politiche dei dividendi decisioni che riguardano quanta parte degli utili destinare ai proprietari
Quantità delle risorse finanziarie di cui l'impresa ha bisogno per realizzare le proprie attività. Il fabbisogno
finanziario si genera perché solitamente in un impresa le uscite precedono le entrate:
finanziario
uscita entrata
costo Ricavo
ciclo
e conomico
Eccezioni :
• Le imprese di assicurazione (che prima percepiscono i premi di assicurazione e poi eventualmente
hanno delle uscite)
• I supermercati (vendono in contanti)
Quindi il fabbisogno finanziario deriva dallo sfasamento tra entrate ed uscite
2 Corrente
1 Consolidato
breveperiodo sanno
tempoa
Logica Finanziaria: sia attività che passività vengono riclassificate sulla base del tempo (per
esprimere l attitudine degli investimenti e delle fonti di finanziamento a procurare a richiedere mezzi di
pagamento)
• ATTIVITÀ : si applica il principio della liquidità o liquidabilità [ovvero si vede tra le attività il tempo in cui
ogni può tornare forma liquida entro l anno (attività correnti) o oltre l anno (attività immobilizzate)
• PASSIVITÀ: si applica il principio di esigibilità [ovvero si vede quando dovrò rimborsare il debito entro
l anno (passività correnti) oltre l anno (passività consolidate)]
SP FINANZIARIO i
DLI (cassa, depositi bancari e postali, PASSIVITÀ A BREVE (debiti v/fornitori, ratei
titoli facilmente liquidabili e risconti, debiti v/banche, debiti tributari,
fonti di indebitamento con doppia anima,
DLD (crediti v/clienti, ratei) quota di mutuo da rimborsare
nell esercizio, quota TFR da liquidare, utile
RIM (+ risconti) da distribuire
LIMITI: le sue voci sono riclassificate a prescindere dalla loro natura, ovvero dai fatti che li hanno generati
(crediti finanziari + crediti commerciali commerciali)
Analisi per margini finanziari (vengono fuori dallo stato patrimoniale finanziario)
CCNf (capitali circolante netto finanziario) > 0
• Se è molto > 0 vuol dire che le PB (Passività a breve) non riescono a coprire le DLI + DLD
• Se è < 0 vi è una situazione di squilibrio perché attività consolidate vengono coperte con passività a
breve
MS ( margine di struttura ) > 0 Il patrimonio netto copre immobilizzazioni nette e parte delle rimanenze
• Se è < 0 non comporta necessariamente squilibrio temporale tra fonti e impieghi perché :
FEA 3 d'rental
Gestione Ordinaria
1. Area Operativa (tutto ciò che fa parte della gestione caratteristica) :
• Natura CORRENTE riguarda il processo di acquisto, trasformazione e vendita (es. Debiti v/fornitori,
• Natura STRUTTURALE Serve per la struttura necessaria allo svolgimento dell attività produttiva (es.
3. Area Accessoria (investimenti e finanziamenti estranei all attività tipica dell impresa
immobilizzazioni civili non usati ai fini dell attività d impresa)
Impieghi S Fonti
1. INVESTIMENTI OPERATIVI CORRENTI 1. PASSIVITÀ OPERATIVE CORRENTI
• Crediti v/clienti • Debiti v/fornitori
Èe • Valuta estera
• Cassa
4. CAPITALE NETTO
4. INVESTIMENTI ACCESSORI
• Immobilizzazioni
PROBLEMI:
• Dove si inserisce il TFR?
• Dove si inseriscono i debiti tributari?
Passività Spontanee ciclo operativo corrente viene considerato un fattore lavoro, ossia un normale fattore di produzione
TFR
Fattore Strutturale investimenti di natura strutturale considerato come manodopera
COIN = (AC + AS) — (PC + PS) esprime il fabbisogno finanziario della gestione operativa indica la
Per esprimere l'onerosità netta della gestione = oneri nanziari - proventi nanziari
PFN
VOLUME DI ATTIVITÀ :
• Volumi delle vendite
• Volumi degli acquisti
• Consumi
CE FUNZIONALE: in quale modo le singole aree di gestione partecipano alla formazione del reddito
FATTURATO
— COSTO DEL VENDUTO Ammontare dei costi sostenuti per ciò che l'impresa produce
= RISULTATO LORDO INDUSTRIALE
+ Rimanenze iniziali
— COSTI COMMERCIALI E DISTRIBUTIVI + Acquisti MP / semilavorati
— COSTI AMMINISTRATIVI + Energia
+ Lavoro (industriale)
= REDDITO OPERATIVO (o MON)
+/— PROVENTI E ONERI FINANZIARI + Ammortamenti (industriali)
+/— PROVENTI E ONERI GESTIONE ACCESSORIA + Canoni di leasing
= RISULTATO DI COMPETENZA + Altri costi industriali
+/— PROVENTI E ONERI STRAORDINARI — Rimanenze nali
= RISULTATO ANTE IMPOSTE
— IMPOSTE = COSTO DEL VENDUTO
= REDDITO NETTO
CE A VALORE AGGIUNTO
FATTURATO • Grandezza nelle quote dove si trovano le remunerazioni dei diversi soggetti che
+/— Δ RIMANENZE PF E SL sono interessati alle sorti dell'impresa
+ LAVORI IN ECONOMIA
• Maggior valore che l'impresa attraverso la sua attività è stata in grado di
= PRODUZIONE DELL’ESERCIZIO attribuire alle MP acquisite (ed è riconosciuto dai clienti attraverso il fatturato)
— ACQUISTO MP E SL
— SPESE PER SERVIZI
+/— Δ SCORTE DI MP
= VALORE AGGIUNTO
— COSTO DEL LAVORO
Margine operativo al lordo degli ammortamenti e accantonamenti.
= MARGINE OPERATIVO LORDO
— AMMORTAMENTI È una grandezza reddituale importante perché è al lordo di voci che hanno maggior
— ACCANTONAMENTI margine di discrezionalità.
È una grandezza attendibile / oggettiva che esprime l'andamento reddituale
= REDDITO OPERATIVO (MON)
dell'impresa rispetto al reddito operativo ( MON )
Indici
INDICI DI LIQUIDITÀ E DISPONIBILITÀ (sono una trasposizione in indici dei margini finanziari)
• è 1Soloal momentodellacostituzione
p
•K PN D D
PN PN E niggine.ITggii
ara i soaeiaesitonel'astrutturasinanziaria
EQUITY
•K PN D indicailpeso
deidebitisulcapitaleinvestito
K K
b)
• INDICE DI AUTOCOPERTURA DELLE IMMOBILIZZAZIONI (come MS) PN capacitàdelPNdicop
IMM N Il
fabbisognoconsolida
vannosempreconfrontati
• DEBITI e
• RIMANENZE
ci S
INDICI DI ROTAZIONE / TURNOVER (quante volte un elemento dell attivo torna in forma liquida grazie alle
vendite)
•fattyrato fatti to
ora
•face a
• tante
INDICI DI REDDITIVITÀ
FI LE Fatt
Turnoverk
ha
aumentatel'impresa
sono
Seleimmobilizzazioni aumentatoilcapitale
fattoinvestimentiPuòaver propriofatto
debito gestitopolitiyammortan
• Iggy nonmonetarioaccantonamento
costo
dirisorsechecomportacrescitadell'impresa
utili
nondistribuiti
formastretta
ammortamentiformaallargata
ESERCITAZIONE
SPFinanziario
ATTIVO PASSIVO
60 4 milipass
37
8.000 5 2000
cassa 6000 4000 20.000 20.000
HÉLEFIEFII
268.000 424.000
altridebiti 20.000 4.000
16.000 10.000 utiled'esercizio 12.000 20.000
182.000 254.000
Hprod
finiti 182.000 254.000 218.000 234.000
118.000 154.000
CL 486.000 708.000 mutui
passivi 100.000 80.000
SPPERTINENGesti N NTI
Falfercorrenti
clienti
46400
268.000
69
421.000
Io PN 264.000 318.000
A VALORE Giunto
n'E
tturato 1.360.000 1.422.000
osti
permaterieprime 524.000 518.000
costiper
servizi 126.000 150.000
oneAggiunto 820.000
ostiperilpersonale 576.000
188.000 224.000
Ammortamenti
38.000 54.000
valutazionecrediti 12000 2000
N 148.000 168.000
finanziaria
Gestione 66.000 62.000
82.000 110.000
Foste 34.000 44.000
48.000 66.000
CEFUNZIONALE
N NTI
Iurato 1.360.000 1.422.000
ostodelvenduto 851.000 764.000 costodel
venduto
rimanenze
ultatolordoindustriale 509.000 658.000 costiMPISL
sticommerciali costidelpersonale 524.000 518.000
servizi
costiper 46.800 servizi
costiper 30000 42.000
crediti
alutazione 6000 12000
costi
amministrativi nono 150.000
costipersonale 115.200
stiperservizi as.ro
N 148.000 168000
131
a po 1000 0
bene sono
perché e ntrambi mabisognaconfrontariconierimanenze
positivi
eneperchéccnepuocanaaereconicne.LEPBnoncopronotuttoilca.nametendenzialmenteequilibriotemporaletrafontieimpicani
cane RIM 70.000 118.000
evie.in inscortebisognarivedernelapoliticadigestione
eccessivoinvestimento
dasolononriesceacoprireilfabbisogno ma
c onsolidato
finanziario visiasquilibrio
nonèdettoche
va ACPC 218.000 340.000
dalle
ssisognofinanziariogenerato chenontrovacoperturanellePcBisognarivederelepolitiche diconcessionedicreditoeotteneremaggio
azionideifornitori
IN 500.000 702.000
debiti
bisognofinanziariodeveesserecopertocon
602.000 754.000
316.000 421.000
10,881
nover 1.6
05 11,071
spfinanziario
0.7
( esprime la redditività del dividendo rispetto al prezzo pagato per avere il titolo)
Il dividendo costituisce la remunerazione periodica/ordinaria.
2. CAPITAL GAIN = remunerazione integrativa che costituisce il guadagno in conto capitale (dato da:
prezzo di vendita — prezzo di acquisto)
I 20th IN
Valutazione ex-ante (ci permette di calcolare il valore atteso del rendimento del titolo. Si ipotizzano degli
scenari e ad ognuno di essi si assegna una probabilità che si verifichi nella realtà)
EC LPiri
Esempio
Po
1000
1000 1100 10
900 10 25
1000 1150 1s
L andamento dei rendimenti dei titoli azionari viene ricondotta ad una funzione di distribuzione normale (o
gaussiana).
Quindi assumiamo di vista una perfetta simmetria dei rendimenti
ma nella realtà non è così
in quanto alle dimostrazioni empiriche che ne hanno comportato la
deduzione è stata apposta l'obiezione che teoricamente non vi è
limite finito al rendimento positivo ma vi un limite finito alla perdita -- che può coincidere al massimo con il
valore del titolo -, per cui non si può affermare che vi sia perfetta simmetria ( mentre l'utilizzo dei
rendimenti logaritmici potrebbe avvicinarsi maggiormente alla realtà ).
e7
Rischio di un titolo azionario
Il concetto di rischio viene spesso associato a qualcosa di negativo, ma dal punto di vista finanziario è
simmetrico.
RISCHIO = probabilità che il rendimento effettivo si discosti dal rendimento atteso
(quindi può essere > o < )
Es. E(r) = 6%, dove E(r) è il rendimento atteso
r = 5% (perdita rispetto a r atteso)
r = 8% guadagno rispetto a r atteso)
Quando vi è variabilità tra rendimenti effettivi e rendimenti attesi si parla di titoli rischiosi.
Il rischio è presente in tutte le attività finanziarie, tranne in alcune definite ATTIVITÀ PRIVE DI RISCHIO O
RISKFREE ( in cui vi è certezza del rendimento in quanto non vi è scostamento tra rendimento effettivo e
rendimento atteso)
TASSO RISK FREE = (rf) = rendimento delle attività prive di rischio.
[Sino a 4 anni fa circa i titoli di Stato di Stati solvibili potevano essere considerati attività risk-free, ma
adesso il problema è proprio trovare uno stato solvibile — attualmente solo la Germania—]
Esistono 2 tipologie principali di rischio:
• Rischio Puro: rischio al quale è associato un evento negativo (come le catastrofi naturali, terremoti,
incendi, etc.), la cui possibile soluzione è costituita dalla stipulazione di contratti assicurativi per
tutelarsi contro tali rischi.
• Rischio Finanziario Esistono diverse tipologie di rischio finanziario:
— Rischio di credito/ di controparte/ di insolvenza= probabilità che la controparte di
un obbligazione non adempia (es. Il mittente di un titolo azionario, la scadenza non rimborsi quanto
dovuto);
— Rischio di cambio (nelle transazioni commerciali effettuate con valuta estera);
— Rischio di tasso di interesse = rischio che si modifichi il tasso di interesse. È un rischio difficile da
gestire per le imprese. (es. Contrazione del mutuo ad un tasso di interesse fisso. Se il tasso di interesse sul
mercato diminuisce, l impresa subisce una perdita in quanto avrebbe potuto pagare in meno interessi se il
tasso di interesse fosse stato variabile. Viceversa, quando il tasso di interesse sul mercato aumenta conviene
contrarre il mutuo ad un tasso di interesse fisso)
— Rischio di liquidità = rischio di incontrare difficoltà nel dismettere un attività (investimento (es.
difficoltà di vendere un titolo dipende dalla quotazione o meno del titolo, e in caso positivo se è oggetto di
molte contrattazioni)
— Rischio legato al tasso di inflazione (presente quando π è molto elevato, esempio anni 70)
quindi operchédeteneretitolidistatoeracomedeteneremonetacorrente
Problema: lo Stato doveva competere con le banche per stimolare i cittadini nell investire i propri risparmi
in titoli di Stato, e per avere maggiori risorse ha aumentato il tasso di interesse.
Gli investitori di fronte alla possibilità di un investimento con alto “r” e basso rischio, non hanno più
investito in azioni/obbligazioni delle imprese, le quali, per reggere la concorrenza, hanno dovuto offrire
dei tassi di interesse più elevati, ma che ha comportato un aggravio notevole di costi. In tal modo è stato
reso praticamente impossibile le emissioni di titoli da parte delle imprese, le quali spesso, in periodo di
eccesso di liquidità, giunsero ad investire e se stesse in titoli di Stato. Inoltre, non potendo emettere titoli si
sono dovute indebitare e ciò costituisce il motivo della sotto-capitalizzazione delle imprese italiane. A
partire dagli anni 90 la situazione si è andata attenuando in quanto lo Stato dovuto ridurre i tassi di
interesse a causa del problema dell insostenibilità del debito pubblico.]
La misurazione del rischio di un singolo titolo oneroso avviene attraverso la varianza (= probabilità che
il rendimento effettivo sia diverso dal rendimento atteso). Varianza Variabilità dei rendimenti Rischio
n 1sesitrattadiuncampioneperché
risultatomenodistortoaltum
Logica di valutazione ex-post fornisceun
nsesitrattadellatotalitàdelleosserva
Σσ2> σp2
Secondo MARKOWITZ il rischio in teoria può anche essere annullato del tutto. (es. le imprese multi-business
diversificano le proprie attività anche per ridurre il rischio).
Per comporre un portafoglio è necessario verificare il peso (W) delle singole attività all interno di esso.
La somma dei pesi deve essere uguale a 1
(Ciò vuol dire che se deve investire tutto il capitale a disposizione nel portafoglio, né di più — perché
significherebbe indebitarsi — né di meno — perché significherebbe prestare le riserve non investite —)
Il peso non deve essere calcolato in termini numerici, bensì in termini di valori (di mercato/dell azioni):
pesotitoloi
Il rendimento del portafoglio costituisce la media ponderata (dal peso) dei titoli che compongono il
portafoglio :
Il rischio di portafoglio può essere diverso dalla somma dei rischi dei singoli titoli e, per poterlo calcolare,
bisogna considerare gli effetti della covarianza tra i rendimenti dei titoli, i quali possono non essere
indifferenti (es. può accadere che.72 )
Assumiamo un portafoglio con 2 titoli : 1 e 2.
71
71
Quindi si hanno effetti positivi in termine di diversificazione (perché il rischio complessivo del
portafoglio diventa inferiore alla somma dei rischi dei singoli titoli)
lanjsteresotene
Se P1,2= +1 vi è una perfetta correlazione positiva tra i rendimenti dei due titoli, i quali quindi si muovono
esattamente nella stessa direzione (Ma non fornisce alcun vantaggio in termini di riduzione del rischio)
Se P1.2= 0 non vi è alcun tipo di correlazione tra i rendimenti dei due titoli (Ma ci consente di aver una
rischiosità inferiore rispetto alla precedente)
Se P1.2= -1 i rendimenti hanno una relazione perfettamente inverso, quindi vi è il massimo vantaggio in
termini di diversificazione
Se -1 < P1.2< 0 gli effetti di diversificazione sono più intensi
Se 0 < P1.2 < -1 gli effetti di diversificazione sono meno intensi
Quindi diviene:
Il rischio può essere ridotto ma non annullato perché vi è una componente del rischio che non può essere
eliminata, ovvero il RISCHIO SISTEMATICO (=
Rischio indipendente dal numero di titoli presenti
nel portafoglio e che grava su tutto il sistema,
per cui tutti gli operatori non sono in grado di
gestirlo e devono perciò accollarselo)
DIVERSIFICABILE (per il quale man mano che aumenta la numerosità del portafoglio, il
rischio si riduce progressivamente sino ad azzerarsi.
N.B l effetto di diversificazione è massimo se nel portafoglio vi sono 10/15 titoli (con più titoli non si
hanno maggiori effetti benefici )
Frontiera efficiente
Ipotesi: due titoli rischiosi/azionari: il titolo 1 ha un rischio più elevato a cui è associato un rendimento più
elevato; il titolo 2 ha un rischio più basso a cui è associato un
rendimento più basso. La scelta dell investitore sarà orientata verso il
titolo 1 o 2 a seconda della sua propensione al rischio (le
soluzioni estreme sono:
Altrimenti può scegliere qualunque punto sulla funzione che lega il titolo 1 al titolo 2 e che dipende da P )
Considerando che il rendimento ed il rischio di un portafoglio di attività si possono esprimere nel modo
seguente:
... e studiando il segno e la misura del coefficiente di
correlazione, è possibile individuare diverse ipotesi di
comportamento della funzione che lega tra loro i due
titoli
1) SE 1.2
P =+1
Quindi σp è dato dalla media ponderata dei
rischi dei singoli titoli. La retta blu indica tutte
le combinazioni del titolo uno e due a
seconda della propensione a rischio.
2) SE P1.2= 0
Vi è un rischio inferiore rispetto al precedente
3) SE 1.2
P = -1
4) SE 0 < P1.2< +1
In questo caso si ripropone una curva quale funzione in grado di porre in relazione il titolo 1 con il titolo 2,
ma il suo andamento presenta una minore convessità rispetto all ipotesi di correlazione nulla. L effetto
diversificazione risulta piuttosto attenuato
5) SE -1 < P1a< 0
L effetto diversificazione è evidente, come mostra l andamento della curva rappresentativa delle possibili
combinazioni tra le due attività che formano il portafoglio: essa appare dotata di una maggiore convessità
rispetto all ipotesi ρ = 0.
“Tanto minore è il grado di correlazione esistente tra due titoli, tanto maggiore risulta l inclinazione della
curva e tanto più incisivo è l effetto diversificazione”
portafoglio, il portafoglio quattro, con minore rischiosità quindi il portafoglio 4 domina/e dominante
rispetto al portafoglio 3. Solo il portafoglio 4 è efficiente). Vengono scartati tutti i portafogli dominati
perché forniscono un rendimento minore.
• Il punto Vm esprime il portafoglio a varianza minima che divide in 2 parti la curva (ovvero è il
portafoglio che tra quelli possibili, ha un minor livello di rischio).
• La parte inferiore è costituita da portafogli possibili, ma non efficienti
• La parte superiore racchiude tutti i portafogli efficienti,
ovvero dominanti (frontiera efficiente)
FRONTIERA EFFICIENTE = dal titolo più rischioso
al punto di varianza minima (insieme di
combinazioni di portafoglio possibili ed efficienti).
Tutti i portafogli al di sotto di Vm “sono possibili
ma non efficienti”
Se inseriamo nel portafoglio un titolo privo di rischio (che ha certezza nel rendimento rendimento RISK
Wisi Wa Ga delportafoglioèdatosolodalrischiodell'attivitàrischio
Quindiilrischio
Quindi Wa
Ea che una
possiamosostituire delp
relazione
ip 1 Ea re fa ra EpretraE op
Qui si deduce che il rendimento atteso di un portafoglio è composto da:
• remunerazione rf per la mancata disponibilità di un capitale;
• remunerazione/Premio (prezzo) per il rischio
o
Si sceglie quella tangente alla frontiera efficiente. Il punto di tangenza M è un
punto di Ottimo ed è il cosiddetto PORTAFOGLIO DI MERCATO
(= migliore combinazione di titoli rischiosi. Es. indici di borsa media dell andamento dei prezzi di alcuni
sepim oovverotime
sePim 1alloraCHE
siastiamo
nel dimercato
portafoglio
Pi
terreno
Tale equazione dal punto di vista dell impresa, rappresenta il costo del capitale azionario, mentre dal punto
di vista dell investitore, rappresenta il rendimento del titolo azionario; rendimento composto da due
componenti:
1. Remunerazione per la mancata disponibilità del capitale;
2. Premio per il rischio, che dipende da Si (dalla COVimrispetto alla varianza del portafoglio di
mercato), ovvero il coefficiente di rischiosità sistematica (uguale esprime il livello di rischio
sistematico di un attività, che dipende anche dalla correlazione tra il titolo “i” e il portafoglio di
mercato
• Se βi > 1 significa che σi m > σInOvvero che il titolo è un titolo più rischioso rispetto alla media del
portafoglio di mercato (TITOLO AGGRESSIVO); quindi β amplifica la differenza tra ImelF e per questo
si ha un rendimento atteso maggiore, giustificato dalla maggiore rischiosità;
• Se βi< 1 significa che σ < σ, ovvero che il rischio è inferiore rispetto a quello del portafoglio di
mercato (TITOLO DIFENSIVO); quindi ci si aspetta un rendimento dove il premio per il rischio risulta
compresso da βi
• Se βi = 1 allora la rischiosità del titolo è in linea con la rischiosità del portafoglio di mercato, quindi
anche i rendimenti attesi coincidono Ti 7m
NB. Se siamo sul portafoglio di mercato allora β = 1, ma se β = 1 non è detto che siano sul portafoglio di
mercato
GRAFICAMENTE
r
Security etuneconequazionedelCAPM
E
β
Le determinanti di β sono:
1. Il settore economico di appartenenza dell impresa che ha emesso il titolo (se è un settore più
tradizionale il rischio sarà minore, mentre se è più innovativo il rischio sarà maggiore);
2. il livello di leva finanziaria (= indica il livello di indebitamento dell impresa. Maggiore il
debito è maggiore è il rischio perché maggiore sono gli interessi da pagare maggiore è la probabilità
di insolvenza);
3. il grado di leva operativa (= riguardo la proporzione tra CF e CV, se CF > CV allora il rischio è
maggiore perché con i ricavi bisogna garantire la copertura di tutti i costi di CF)
β nelle società quotate è calcolato da enti appositi, mentre nelle società società non quotate è possibile
utilizzare stime econometriche sui dati storici o sulle determinanti sopra elencate, oppure
approssimazioni(per le imprese di piccole dimensioni).
Es. β = σ ROE delROE
deviazionestandard
Rischio operativo Bu
Rischio nanziario
Rischio totale BL
È possibile scindere il premio per il rischio totale nelle sue due componenti di rischio operativo e rischio
finanziario.
Ipotizziamo due tipologie di imprese:
Impresaunievered ImpresaLevered
PN D
SSETÀ A PN
Pesodeldebitosullastrutturafinanziaria
BAPPN
II β pH doveomamente
DPI PHD 1
datodallamedia deisingolipesidellastrutturafinanziaria
ponderata
Il debito è emesso al tasso rf, quindi β (perché è senza rischio). Il maggior rischio dovuto all
indebitamento grava solo sugli azionisti perché se il debito è emerso ad un tasso rf vuol dire che gli
obbligazionisti hanno la certezza di vedersi corrispondere il capitale e gli interessi (maggiore
l indebitamente, maggiore sono gli interessi, maggiore è la variabilità dell utile maggiore è il rischio per gli
azionisti.
Quindi:
Ei IF 71 F B1 72EF Bat TK F BK
Problema: non vi del
è un elencodidi fattori di rischio perché variano da titolo a titolo (esempio. π, andamento
atteso fattore rischio
rendimento primo
prezzo del petrolio, PIL atteso) e risulta molto più complicato. Per questo nella realtà non ha trovato
applicazione.
Torniamo alla teoria precedente
D
A
PN CAPMcostodelcapitaleazionario E imEF B
WACC
KD.pl KS.pPID
D
b dello
costo sharecapitale
proprio
Kerri
Limite di questo approccio: il Kd è calcolato attraverso un indice di bilancio che deriva da dati di bilancio
che possono non essere attendibili.
Alternative: utilizzare il tasso di interesse della classe di rischio a cui appartiene l impresa (assegnato dalla
banca attraverso il Rating), o, in mancanza, ma solo per le imprese di grandi dimensioni, il tasso di
interesse è pagato sulle obbligazioni emesse.
Esercitazione
wa7,8 1waex
8.889.6
p
1.08 1,8wawa 0,4
0,6ewe
G 11,47 OB
7,72 Par5,32 COVARE
PA.B.caB 0,00413
OAB
op0,0 o.az0,4 0,072320,4 a 0,00130,007614
β0,9 re81Em12
è E0,140,040,913.06
o
Em0,15 premioperilrischio 7
E E imMFβ0080,076,914.3
A B e
unari saiqualèilportafogliomuore
rp Eager op
a arteger0,120,2845op
a0,1201 op0,120,20
ra0,129 2spontaneo
ESISTE UNA STRUTTURA FINANZIARIA OTTIMALE? Ovvero una combinazione tra
debiti e capitale proprio che possa massimizzare il valore dell’impresa? Quindi, la
composizione delle fonti incide sui valori?
FONTI DI FINANZIAMENTO
• Autofinanziamento (AF): utili non distribuiti e reinvestiti nell impresa.
Si tratta dell unica fonte interna di finanziamento in quanto è generata dalla stessa impresa ed è una fonte
privilegiata perché è a costo zero, dal momento che non si pagano interessi.
[N.B. il capitale proprio non è autofinanziamento perché viene apportato dai soci.]
Le condizioni per l autofinanziamento sono:
➢ Conseguimento di utili;
➢ Politica di dividendi favorevole all autofinanziamento.
• CAPOTALE PROPRIO: CS+RISERVE (NON DI UTILI)
• DEBITO: ne esistono diverse tipologie.
con l innovazione finanziaria, la distinzione tra capitale proprio e debito è diventata sempre più debole per
via dell esistenza di strumenti ibridi:
1. es. obbligazioni convertibili (nascono come debito, ma sono poi convertite in capitale proprio);
2. es. azioni prive del diritto di voto (nella forma rientrano nel capitale proprio ma nella realtà è come
se fossero un finanziamento)
STRUMENTI IBRIDI:
• Di quasi deb ( se assomigliano di più al debito)
• Di quasi equity
DIFFERENZE TRA CAPITALE PROPRIO E DEBITO:
Le differenze tra capitale proprio e debito incidono su alcuni aspetti in modo diverso, a seconda che si tratti
di capitale proprio o di debito
• Effetti sulla gestione:
1. Per quanto riguarda il capitale proprio, l azionista ha la possibilità di partecipare alla formazione
della volontà sociale in proporzione alle azioni/quote possedute (interferisce nella gestione
dell impresa);
2. Mentre per quanto riguarda il debito, non c è partecipazione alla formazione della volontà sociale.
• Durata :
1. nel caso del capitale proprio non è prevista alcuna durata,
2. nel caso del debito, la durata è di medio lungo periodo;
• Tipilogia di flussi di cassa e caratteri dei flussi di cassa:
1. Nel caso del capitale proprio, la tipologia è quella dei dividendi, mentre per quanto riguarda le
caratteristiche, in questo caso i dividendi sono legati all andamento economico della gestione e alla
politica dei dividendi (che quindi non sono ne certi e ne determinati).
2. Nel caso del debito la tipologia di flussi è quella degli interessi passivi, che sono indipendenti
dall andamento economico della gestione.
• Rimborso del capitale:
1. nel caso del capitale proprio non è previsto rimborso se non in caso di liquidazione della società, ma
comunque trascurato rispetto al rimborso dei debiti (per questo si parla di capitale di pieno rischio)
2. nel caso del debito, il rimborso avviene a scadenza e in caso di liquidazione della società hanno
priorità di rimborso rispetto al capitale proprio (inoltre vengono privilegiati quelli con garanzia)
L impresa ha un suo valore (di mercato) dell attivo, uguale al valore del PN e al valore del debito:
valori
dell'impresa
V=PN+D valoredeldebito
del
valore PN
PN=V-D
IPOTESI DI VALIDITA DEL MODELLO:
• Mercati finanziari efficienti;
• Assenza di imposte (sia personali nel caso delle personal tax per chi riceve i dipendenti, sia corporate
tax);
• Assenza di costi di fallimento 8legati alla possibilità di fallire a causa dell indebitamento);
• L impresa si finanzia esclusivamente emettendo azioni o obbligazioni (emessa ad un tasso risk free);
• La politica di investimento è invariata nel tempo;
• Il rendimento del capitale proprio è soggetto a rischio operativo e finanaziario:
• Il costo dell intero capitale raccolto è dato dal WACC;
• Il management agisce nell interesse degli azionisti;
• L impresa è in grado di genrare cash flow all infinito;
• Non ci sono gestioni straordinarie/extra-caratteristiche;
• L utile viene interamente distribuito sotto forma di dividendo.
Dimostrazione:
Si considerino 2 imprese, una indebitata e una non indebitata:
Vu=PNu VL= PNL+DL
Dove PNu= patrimonio netto unlevered.
Si consideri un investitore che ha, a seconda della sua propensione al rischio, le seguenti alternative:
• BASSA PROPENSIONE AL RISCHIO (δ2):
✓ Allternativa A) acquisto del 10% del capitale unlevered => 10% Vu
✓ Alternativa B) acquisto del 10% PN levered e 10% debito => 10% PNL + 10% DL.
• ALTA PROPENSIONE AL RISCHIO (δ2):
✓ Alternativa C) acquista 10% VL
✓ Alternativa D) SITUAZIONE DI ARBITRAGGIO: 10% Vu ma investe indebitandosi
Confronto tra la strategia a) e la strategia b) (bassa propensione al rischio)
Strategia a) = acquisto del 10% del capitale dell impresa unlevered
Strategia b) = acquisto del 10% del capitale
proprio e del capitale di debito dell impresa
levered
Se il rendimento è uguale, allora anche il valore delle due imprese deve essere uguale ( Vu=VL), perché se
VL>Vu tutti acquisteranno le quote che costano di meno (Vu) e quindi il prezzo delle stesse aumenterebbe
sino ad essere uguale a VL.
Anche qui, se il rendimento è uguale, allora anche il valore delle due imprese deve essere uguale Vu=VL.
Esempio
DIMOSTRAZIONE ALTERNATIVA:
Se l impresa ha la capacità di produrre cash flow all infinito, è possibile calcolare il valore dell impresa con
la formula della rendita perpetua (quindi si calcola il valore attuale del FCF):
V =FCF/8 dove
• V è il valore attuale dell impresa,
• γ è il tasso di attualizzazione
• FCF fa riferimento alle disponibilità liquide per l impresa MA il FCF è al lordo della gestione finanziaria,
quindi è indipendente dalle politiche di finanziamento dell impresa. Infatti il FCF è calcolato su
RO/MON, ma deve essere depurato dalle componenti non monetarie:
RO
+ammortamenti
-imposte (costi che dovrà sostenere)
+/- variazione Capitale Circolante Netto Commerciale (CCNC) ( più cr , meno liquidità, meno deltaCCNC)
+/- disinvestimenti/investimenti (sottraggono liquidità)
FREE CASH FLOW (Flusso di cassa disponibile) Quindi, non ci sono oneri nanziari
(of) che vanno inseriti dopo e,
conseguentemente, le modalità di
nanziamento sono indifferenti
N.B il costo medio ponderato del capitale γ coincide con il WACC soltanto in ipotesi di assenza di imposte
[viene chiamato γ perché non vi è l effetto fiscale dato dalla deducibilità degli oneri finanziari, perché:
WACC
KD.pl Ks DPI dove KDRODIIt
mentre
fKD.pk Ks DPI dove KDROD
Quindiwacce possono
non se
coincidere nonvisonoleimposte
Quindi, in assenza di imposte, il valore dell impresa è indipendente rispetto al rapporto di indebitamento.
Ciò che crea valore, sia per le imprese levered che per le imprese unlevered, è l investimento.
ViVu
DIPN
In un impresa unlevered D=0 e quindi il rendimento dell intero portafoglio è esattamente coincidente con il
rendimento del capitale azionario (γ= WACC= Ks).
Tale modello fu oggetto di numerose critiche a causa dell ipotesi di assenza delle imposte, per cui
Modigliani e Miller ne elaborarono un altro più adatto allo scopo
D PN
Stato
In tal modo l obiettivo degli azionisti diviene quello di ridurre al minimo la porzione di ricchezza che spetta
allo stato sotto forma di imposte: a tal fine aumentarono il livello di indebitamento e conseguentemente
aumentano gli oneri finanziari (che sono fiscalmente deducibili) e si riduce il reddito ante imposte e le
imposte stesse. Per cui maggiore debito e quindi maggiori oneri finanziari, a cui corrisponde una riduzione
del reddito ante-imposte e dunque riduzione del carico fiscale
guanti
ma
L
s enza
imposte
sento
DIPN
Quindi, il valore di un impresa indebitata è maggiore del valore di un impresa non indebitata (Vu<VL), per
il vantaggio fiscale ottenuto dalla deducibilità degli oneri finanziari. Quindi il valore di un impresa
aumenta all aumentare del rapporto di indebitamente.
Per quantificare il maggior valore VL bisogna calcolare il valore attuale del beneficio fiscale BF:
Aparitàdiinvestimenti
Quindi, Modigliani e Miller, nella loro seconda teoria cambiano completamente il risultato perché
sostengono che attraverso il debito, l impresa crea valore e, conseguentemente, la struttura finanziaria ha
notevole importanza. Tra le ipotesi di tale modello, vi è quella della costanza degli investimenti (quindi non
ci sono nuovi investimenti o disinvestimenti), quindi in un ipotetico SP a valori di mercato, se l attivo/gli
asset restano costanti e l impresa vuole modificare il livello del debito, deve modificare conseguentemente
anche il PN affinché la loro somma resti invariata:
B) II proposizione con imposte (con cui si analizza l effetto dell indebitamento su Ks)
Nel 1° modello la remunerazione richiesta dagli azionisti aumenta all aumentare dell indebitamento:
Ks 8 OKD 1 t
nel primo modello potevamo scrivere γ=WACC solo perché si trattava di un modello senza imposte:
sapevamo che 6KD
Pp KSD'IPN
ma adesso con le imposte, WACC ≠ γ perché
WACC KD 1 t Pp Ks PIN
Riassumendo
minsenzaimposte
MMconimposte III
3 TEORIA DEL TRADE-OFF (È una teoria che parte da quella di Modigliani-Miller e vi aggiunge i
costi di fallimento.)
La teoria di Modigliani-Miller è stata criticata perché non considera i costi fi fallimento (infatti, se il debito è
alto, gli oneri finanziari aumentano e quindi vi è maggior rischio di non riuscire a far fronte al servizio del
debito). Secondo Modigliani e Miller il debito teoricamente può crescere senza limiti e arrivano persino ad
affermare che un impresa. per sfruttare al massimo il meccanismo della deducibilità degli oneri finanziari,
potrebbe essere comprata/finanziata solo da debito. Tutto ciò ha validità solo perché non venivano
considerati i costi di fallimento, i quali implicano che all aumentare del debito aumenti la probabilità di
fallimento. I sostenitori della teoria del trade-off ritengono che si, per effetto della deducibilità degli oneri
finanziari, il valore dell impresa aumenti, ma che un eccessivo indebitamento vada ad erodere il valore
stesso.
Note del grafico:
• VAcd= valore attuale dei costi di dissesto (distanza tra retta e curva del trade-off).
• La retta orizzontale esprime la teoria di MM in assenza di imposte.
• D/PN* è il valore dell indebitamento che massimizza il valore dell impresa e oltre il quale si riduce tale
valore.
Con tale teoria viene individuato un limite all indebitamento, oltre il quale il vantaggio fiscale verrebbe
eroso dai costi di fallimento. Si ha sempre:
VL>Vu dove VL= Vu+VABF-VACD dove VACD rappresenta il valore attuale dei costi del dissesto che vengono
stimati in quanto funzione del costo del dissesto e l probabilità che si verifichi tale costo.
Se VACD > VABF allora si ha una perdita di valore dell impresa.
È una delle teorie che attualmente viene maggiormente utilizzata, ma allora perché vi
sono aziende sottoindebitate e sovraindebitate?
Le aziende sottoindebitate (che si trovano a sinistra di D/PN*) possono esserlo per vari motivi:
• contenimento degli Oneri finananziari;
• mantenimento di margini di indebitamento (ovvero per una strategia che prevede un investimento da
effettuare);
• miglioramento del rating (che riducendo i tassi di interesse, riduce anche gli OF).
Per quanto riguarda le imprese sovraindebitate (che hanno un maggior pericolo di fallimento
reale, maggiori costi di fallimento, deterioramento dei rapporti con i finanziatori e peggioramento del
merito creditizio):
• nelle piccole imprese vi è la scelta obbligata del debito perché non possono emettere azioni;
• sempre nelle piccole imprese, gli imprenditori non vogliono aprire il loro patrimonio ad altri.
Pecking order per le imprese che operano in MERCATI FINANZIARI EVOLUTI (esclusa UK):
1. Autofinanziamento
2. Equity
3. Debito
l equity è al secondo posto perché i mercati sono più efficienti e conseguentemente si riducono le
asimmetrie informative e le difficoltà nel collocamento delle azioni. Ma in realtà non è sempre così.
Pecking order per le imprese che operano in paesi con sistemi economici in fasi di transizione:
1. Autofinanziamento
2. Equity
3. Debito
L equity è al secondo posto perché ci sono moltissime imprese partecipate dallo Stato, il quale le sostiene
acquistando i loro titoli il cui collocamento diviene così semplice.
RN = RO – OF – OT
OT = (RO – OF)t
RN = RO – OF – (RO – OF)t
RN = (RO – OF)(1 – t)
Sapendo che:
RO = K •ROI
OF = D • ROD = (K — PN)•ROD
Sostituiamo e otteniamo:
RN = [(K • ROI) — (K — PN) • ROD] (1- t)
e dividendo entrambi i membri per il PN:
KHOI KIN ROD 11
FORMULA DELLA MANOVRA FINANZIARIA che esprime in che modo il livello di indebitamento incide sulla
redditività
atti
Si tratta un po' di una trasposizione della formula, ma in quella di Modigliani-Miller ritroviamo il rischio
che invece qui non c è. Qui analizziamo l impresa a dati contabili/di bilancio (Modigliano-Miller analizzano
l impresa a valore di mercato).
N.B. il ROE così determinato corrisponde al ROE indice calcolato con RN/PN solo se non vi è la gestione
straordinaria e extra-caratteristica.
1. ROI — ROD=EFFETTO LEVA SEMPLICE
2. (ROI-ROD)* D/PN = EFETTO LEVA PONDERATO
L effetto leva semplice, ROI — ROD, può assumere diversi valori:
• > 0 ROI > ROD (il capitale investito rende di più rispetto al costo del capitale stesso. Aumentando il
debito, la differenza positiva ROI-ROD viene amplificato, per cui il ROE aumenta in modo più che
proporzionale rispetto all aumento del debito. Quindi
conviene indebitarsi perché aumenta il ROE.
•<0 ROI < ROD la redditività degli investimenti è inferiore rispetto al costo del debito). Se dovesse
aumentare il debito, verrebbe amplificato l effetto negativo, rischiando così l erosione del capitale.
Dove il pallino rosso è detto “punto ipercritico”.
Quindi, se l effetto leva semplice è negativo, il ROE
diminuisce all aumentare del debito, ma non è detto che
sia negativo, perché per essere negativo deve trovarsi a
destra del punto ipercritico, ovvero il punto in cui il ROE=0
a
e quindi il ROI minimo oltre il quale un ulteriore aumento
del debito comporterebbe un ROE<0 è dato da:
L’EFFETTO PARATASSE:
Problema: ROD= OF/D Ma mentre gli OF sono solo quelli espliciti (perché quelli impliciti non figurano nel
conto economico, ad esempio sconto per pagamento immediato), i debiti comprendono sia quelli finanziari
per cui si pagano oneri espliciti, sia le passività spontanee in generale come ad esempio i debiti verso
fornitori. Quindi si può riscrivere la formula del ROD.
Quindi c'è un problema di compatibilità tra numeratore e denominatore e quindi per una maggiore
correttezza nel calcolo si deve modificare la formula:
ROI cheinassenzadiimposteealtre
sappiamo q uestioni
Roerntcresp e KDrinDormPN
Quindi r isolverela
possiamo del
formula roi
Per manovra della leva operativa si intende l'azione volta all'incremento degli utili di gestione mediante
l'ampliamento della produzione e degli investimenti (aumento degli oneri finanziari). Essa deriva dalla
BEA (ricordando che il BEP è il punto in cui CostiTot=RicavTot). Insomma il grado di leva operativa si
riferisce agli effetti prodotti sul reddito operativo dalla composizione della struttura dei costi (CF e CV).
Il grado di leva operativa misura la variazione percentuale del reddito operativo rispetto ad una variazione
percentuale delle quantità prodotte e vendute.
Un aumento degli oneri finanziari comporta un aumento del grado di leva operativa GLO. Se il GLO
aumenta, aumenta l'angolo formato dall'incrocio tra i costi totali e i ricavi totali, per cui in caso di utili,
questi si accentuano, e lo stesso vale per le perdite. Dunque tutto ciò incide sul reddito operativo!
Quindiilgradodileva
operativa610
S
eingradodileva F
i E I impose
f inanziaria
Quindi totaleè
leva
l'effetto dato da
E E EI CEI
v8200.000 10.000
e
impresa D omin reti
o wacc
impresa io
iii morese
v E 2 9 0 20.000.000perentrambi
perchéil nonarrendedalla
valore struttura
f inanziaria
Ksu Ks
s cosad1 16
waccu wa.ci
waccuso
waccea04 0.16 soi
che
supponendo vosominoni evi 21 talivalorisianoinequinozio
minorisipuòsostenereche
OperchéseainvestimentiproduconooneFarugualidevonoavereancheunostessovalore perchétutticomprerebberotitoliunieveredchecontiene dimenoerendonodipiùQuindi
aumentoladomandae conseguentemente ilp rezzosino adeguagliarequellodeititolidell'impresaleverea
AUTOFINANZIAMENTO
Capacità dell'impresa di provvedere in maniera autonoma alla copertura di una parte del fabbisogno
generato dalla gestione. Si tratta dell'unica fonte interna di finanziamento e, secondo la teoria del peCking
order, dovrebbe essere quella preferita da tutte le imprese, perché non si sostengono costi derivanti dal
finanziamento di altri soggetti (dividendi e interessi passivi).
L'autofinanziamento presenta due profili:
1. Profilo patrimoniale (infatti rappresenta l'accrescimento netto di risorse a disposizione dell'impresa, in
quanto aumentando le risorse, aumenta il patrimonio netto e conseguentemente il valore dell'impresa);
2. profilo finanziario (maggiore è l'autofinanziamento e minore è la dipendenza da altre fonti di
finanziamento, Comportando un risvolto dal punto di vista economico in quanto si riducono gli oneri
finanziari e si riduce anche il rischio),
Però, è da ricordare che non si può ricorrere solo all'autofinanziamento perché altrimenti in questo modo
non si potrebbe favorire la crescita.
L'autofinanziamento può essere inteso in due sensi:
1. Autofinanziamento in senso stretto/capitale auto generato: è costituito dagli
utili netti non distribuiti o risparmiati (fondamentale qui è la politica dei dividendi). Si tratta del capitale
che l'impresa è in grado di generare in modo autonomo;
2. Autofinanziamento in senso allargato/autofinanziamento netto residuale
allargato: è costituito dagli utili netti non distribuiti o risparmiati e dal capitale rigenerato, ovvero le
quote di ammortamenti e di accantonamenti dell'esercizio, poiché si tratta di costi non monetari a cui
quindi non corrisponde un'uscita finanziaria e vengono considerati come risorse risparmiate.
Alcuni studiosi non vogliono includere nell autofinanziamento gli accantonamenti per i quali potrebbe
verificarsi o in uscita ma non si sa né se né quando. Mentre ad esempio per il TFR è certo che si verificherà
un'uscita ma non si sa quando, Diversamente dagli ammortamenti che invece non avranno mai espressione
finanziaria.
La determinazione dell'autofinanziamento può avvenire con due modalità:
• Metodo analitico: è il più semplice perché considero in modo analitico tutte le voci
dell'autofinanziamento
(AF in senso stretto: Unr (utili netti risparmiati);
(AF in senso allargato: Unr +AMM+ACC);
Vb ma tale metodo può essere utilizzato quando si conoscono dettagliatamente le singole voci
• metodo globale: calcola l'autofinanziamento in via differenziale
AF = ΔINV – ΔIND – CC + RC
CC = conferimenti di capitale
RC = rimborsi di capitale
Esempio: se il K è passato da 1000 nell'anno n, a 1300 nell'anno n +1. Per finanziare tale variazione si
può scegliere tra tre fonti: autofinanziamento, debito e capitale sociale. Quindi, per ottenere
l'autofinanziamento si sottrae a delta investimento le altre due fonti utilizzate: 150 debiti e 100 di
aumento di capitale:
AF=300-150-100=50
In quale modo l'autofinanziamento influisce sul livello di sviluppo dell'impresa? Si può
verificare con il tasso di sviluppo globalmente sostenibile “g” oppure con il tasso di sviluppo internamente
sostenibile Internamente sostenibile”gi”.
Il tasso di sviluppo globalmente sostenibile vuole individuare il contributo delle diverse fonti alla crescita
dell'impresa. La variazione percentuale del capitale investito deltaK/K può essere scissa in funzione delle
diverse componenti ponderate per il rapporto di indebitamento
Il tasso di sviluppo internamente sostenibile è invece generato solo finanziamento in senso stretto, ed è
quindi dato da:
Quindi vi è funzione diretta della quota di
utili reinvestita e della redditività del PN
RROE
segnalato dal ROE
Due economisti, Lohman-Ruchti, hanno elaborato un modello in cui gli ammortamenti, essendo costi non
monetari, possono influire sullo sviluppo dell'impresa. Infatti essi dimostrano che solo attraverso la politica
di ammortamento l'impresa riesce ad autofinanziarsi e quindi a svilupparsi evitando o limitando il ricorso a
fonti esterne. Le ipotesi di base di tale modello sono:
• Impianti acquisiti in blocco in un unica data;
• stabilità dei prezzi nell'intero periodo considerato;
• politica di ammortamento a quote costanti;
• conseguimento di utili e ricavi sufficienti a garantire la copertura delle quote di ammortamento;
• possibilità di espansione della capacità produttiva.
Le critiche a tale teoria si basano sul concetto secondo il quale le capacità dell'ammortamento di contribuire
allo sviluppo dipendono dall'applicazione di quote di ammortamento elevate. Infatti, se ad esempio
l'ammortamento è di 10 ma l'effettivo logorio fisico ed economico è di 8, solo la parte in eccesso cioè 2 può
finanziare lo sviluppo.
L'autofinanziamento è strettamente correlato alla politica dei dividendi. La politica dei dividendi è una
strategia finalizzata ad individuare i tempi, le modalità e soprattutto l'entità degli utili da offrire agli
azionisti e conseguentemente la porzione di utili da risparmiare e reinvestire nell'impresa (bisogna
considerare sia le esigenze dell'impresa di autofinanziamento ma anche quelle degli azionisti ad ottenere
una remunerazione). Esistono due tipologie di azionisti:
1. Di breve periodo: vogliono una remunerazione immediata e quindi un dividendo più consistente;
2. di lungo periodo: preferisco non rinunciare al dividendo per aumentare l'autofinanziamento, favorire la
crescita e lo sviluppo dell'impresa che comporta un maggior valore della partecipazione.
Se tutti gli azionisti fossero di lungo periodo allora il problema della politica dei dividendi sarebbe
inesistente. Nelle imprese individuali generalmente si fa ampiamente ricorso all'autofinanziamento mentre
nelle grandi imprese i piccoli azionisti mirano ad una remunerazione immediata.
La distribuzione dei dividendi si articola in diverse fasi:
1. Data di annuncio del dividendo : la società comunica al mercato il dividendo che verrà distribuito ed è in
questa data che sorge il debito della società per il pagamento dei dividendi;
2. data di registrazione: si verifica chi è il titolare dell'azione per poterlo pagare;
3. data ex dividend: data a partire dalla quale formalmente si ha lo stacco della cedola dal titolo. A livello
di quotazione, sino a quel momento i titoli hanno avuto una quotazione comprensiva del dividendo (titolo
com dividend), ma con lo stacco della cedola la quotazione del titolo diviene non comprensiva del
dividendo (titolo ex dividend). Quindi ovviamente il valore CUM> EX e se il mercato fosse perfettamente
efficiente la differenza fra le due quotazioni sarebbe esattamente pari al dividendo;
4. data di pagamento: in cui si ha l'uscita finanziaria per l'impresa.
• Sei il livello della tassazione dovesse essere uguale, gli azionisti preferirebbero ugualmente il capital
gain perché il valore attuale di tale imposta sarebbe inferiore rispetto al valore delle imposte sui dividendi.
IMPOSTAZIONE TRADIZIONALE
Si tratta di una teoria precedente alle altre due, in quanto elaborata da Grahan e Dodd negli anni 60. Essi
hanno analizzato il problema della scelta tra autofinanziamento e distribuzione di utili, giungendo alla
conclusione che un aumento dei dividendi determina una crescita del valore dell'impresa, e quindi una
crescita delle quotazioni. Sono giunti a tale conclusione analizzando le evidenze empiriche, in quanto ad
una crescita dei dividendi corrisponde un aumento del valore dell'impresa, in quanto il mercato la associa
ad una maggiore stabilità e conseguentemente aumenta la domanda di titoli e il prezzo.
MODELLO DI WALTER
Con tale modello, l'attenzione viene nuovamente posta all'interno dell'impresa, la quale, nella scelta della
politica dei dividendi, La discriminante è la redditività degli utili reinvestiti nell'impresa. L'impresa crea
valore con l'autofinanziamento solo alla condizione che tali utili vengono reinvestiti ad una tassa superiore
rispetto alla redditività di investimenti alternativi.
r= tasso di rendimento degli utili investiti
i= tasso di capitalizzazione del mercato(o di rendimento di investimenti alternativi con lo stesso livello di
rischio)
Se r > i = Allora conviene l'autofinanziamento; Se r < i = allora conviene distribuire i dividendi.
Inoltre con tale teoria, viene espresso il valore/prezzo di un titolo azionario, il quale dipende dal valore
attuale dei flussi generati dall'attività finanziaria: se r=i
Dove EPS= earning share (utile unitario che spetta ad una sola azione) (UN/n°azioni)
Dove EPS-D= autofinanziamento unitario
• Se r>i allora (r/i)>1, quindi la differenza EPS-Div viene amplificata. Per avere un effetto positivo
sul prezzo, conviene quindi cercare di aumentare al massimo tale differenza, e quindi conviene
l'autofinanziamento;
• Se r<i allora la differenza EPS-DIV Viene compressa e conseguentemente, per aumentare P, conviene
A D 1300
es
mutazione
In tal modo aumenta il numero di azioni, aumentano i dividendi, si ha una riduzione del valore contabile
delle azioni (il cosiddetto book value= PN/n°azioni) perché il PN resta invariato mentre il capitale sociale
aumenta. Il problema è che una riduzione del book value genera un indebolimento della struttura
patrimoniale, in quanto: ad uno stesso patrimonio netto corrispondono più azioni, ad un aumento del
capitale sociale non corrisponde un aumento delle risorse e quindi non possono essere effettuati nuovi
investimenti, il numero di azioni aumenta ma le risorse non sono cambiate e l'utile è rimasto invariato
quindi l EPS=utile/n°azioni si riduce (quindi se l'impresa opera in una logica di stabilizzazione dei
dividendi dovrà effettuare maggiori sforzi per remunerare gli azionisti). In sostanza si tratta di
un'operazione possibile solo per imprese molto solide dal punto di vista finanziario. Collegato a tutto ciò è
il meccanismo di frazionamento delle azioni, generalmente realizzato per motivi di natura contabile e per
la volontà di ridurre il prezzo delle azioni, attraverso un aumento del numero di azioni e una riduzione del
loro valore nominale.
CAPITALE INVESTITO
La finanza aziendale individua dei criteri per la costituzione dell attivo:
• CRITERI DI SELEZIONE DEL CAPITALE IMMOBILIZZATO;
• CRITERI DI SELEZIONE DEL CAPITALE CIRCOLANTE articolato in scorte, crediti, liquidità.
Aiutano nella scelta delle immobilizzazioni all'interno dell'impresa e rientrano nella logica del capital
BUDGETING (ovvero la selezione degli investimenti in immobilizzazionI che sono i più complicati in quanto
partecipano alla vita dell'impresa per più esercizi, dando luogo a flussi di cassa per un periodo di tempo
lungo). Alla base del capital budgeting vi è il concetto per cui il valore aggiunto di un'attività/investimento
(di qualunque tipo) è dato dai flussi di cassa generati dallo stesso.
Infatti, un'immobilizzazione, produce una serie di flussi di cassa generalmente negativi all'inizio (poiché vi
sono degli esborsi) che poi diventano positivi.
Il valore attuale di un investimento, ovvero il valore che hanno oggi tutti i flussi di cassa generati in futuro,
è dato da:
seilflussoèunosolo
seiFlussi piùdiuno
sono
1. Il primo criterio di valutazione degli investimenti è il VAN (valore attuale netto) o NPV (net present
value) e determina il valore di un progetto di investimento in funzione dei flussi di cassa generati dal
progetto stesso, opportunamente attualizzati:
I flussi in entrata partono da t=1 mentre quelli in uscita da t=0 perché generalmente i flussi in uscita
precedono quelli in entrata. Inoltre, mentre i flussi di recupero sono sempre dilazionati nel tempo, è
possibile che quella in uscita si verifichino tutti in un'unica soluzione al tempo 0, per cui non è necessario
attualizzarli
I flussi di Cassa di recupero sono la ricchezza generata dall'investimento e sono dati da:
• Se aumento il capitale proprio i capm (Individuato con il capm che indica la misura del costo del
• Se accendere il debito ---- > Kd (ovvero il costo del debito, ad esempio il ROD al netto dell effetto fiscale
dato dalla deducibilità degli OF): KD ROD 1 t 0,5 1 t
[Ma volendo può anche essere usato il tasso applicato dalla banca a seguito di una valutazione e
assegnazione del rating, che esprime il costo del capitale che tiene anche conto del rischio.]
•Se il progetto è finanziato sia con capitale proprio sia con debito------ > iwacc (ovvero il costo medio
ponderato del capitale): iWACC KD 1 t
E
I p ED
Un'altro tipo di attualizzazione utilizzabile è il ROI= RO/K. Perché il roi misura la
redditività degli investimenti attuali all'interno dell'impresa. Infatti nella valutazione di un nuovo
investimento per sceglierlo è necessario che abbia una redditività superiore rispetto alla redditività degli
investimenti attuali. Quindi viene posto il roi come fattore discriminante: l'investimento viene realizzato
solo se ha una redditività superiore al roi. Limite: diversamente da i wacc, il Roy non tiene conto del rischio.
Il Van è il criterio di valutazione superiore in assoluto perché rispetta a tutti i requisiti. Esiste una variante
del wan chiamata profitability Index che permette di esprimerlo in termini percentuali:
VAN O
È ELIE È It percui l'incognita èiltassoi
[Si parla di tasso interno perché esprime in termini percentuali la redditività del progetto di investimento.]