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Finanza Aziendale

La Finanza Aziendale studia i flussi finanziari delle imprese, originatasi negli USA negli anni '20 e '30, e si concentra su programmazione, pianificazione, acquisizione di capitali, valutazione degli investimenti e gestione della liquidità. L'obiettivo è la massimizzazione del valore dell'impresa, considerando rendimento e rischio, e le fonti di finanziamento includono autofinanziamento, debito e capitale proprio. La struttura finanziaria deve garantire liquidità e redditività, con una corretta corrispondenza temporale tra fonti e impieghi.

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Finanza Aziendale

La Finanza Aziendale studia i flussi finanziari delle imprese, originatasi negli USA negli anni '20 e '30, e si concentra su programmazione, pianificazione, acquisizione di capitali, valutazione degli investimenti e gestione della liquidità. L'obiettivo è la massimizzazione del valore dell'impresa, considerando rendimento e rischio, e le fonti di finanziamento includono autofinanziamento, debito e capitale proprio. La struttura finanziaria deve garantire liquidità e redditività, con una corretta corrispondenza temporale tra fonti e impieghi.

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FINANZA AZIENDALE

La Finanza Aziendale è una disciplina aziendalistica che studia tutto ciò che riguarda i flussi finanziari in
entrata e in uscita. Ha le sue origini negli USA negli anni 1920-1930 a seguito dello sviluppo dei mercati
finanziari e l'emissione di titoli azionari.
Programmazione —> 1 anno e 18 mesi
Pianificazione —> tempo più lungo
Essenzialmente la finanza aziendale si occupa di :
• Programmazione e pianificazione finanziaria
• Modalità di acquisizione dei capitali
• Valutazione degli investimenti
• Gestione della liquidità
• Gestione del capitale circolante
• Operazioni di finanza straordinaria
Lo scopo delle imprese si diceva che fosse la "Massimizzazione del profitto", ma con il tempo sono stati
evidenziati 3 limiti:
1. La massimizzazione del profitto è un obiettivo di breve periodo, che lo porta ad essere in contrasto con la
vantaggiosul
breve
definizione di impresa (istituto destinato a perdurare nel tempo) sullungo
svantaggio

2. La totale assenza in questa logica del concetto di Rischio


3. Scarsa rilevanza attribuita agli stakeholder diversi dagli azionisti
Tutte le operazioni di investimento devono essere analizzate sotto 2 profili:
Rendimento
Livello di rischiosità
Intorno agli anni 80 si arriva quindi alla conclusione che l'obiettivo dell'impresa è la massimizzazione del
Valore
Nell' approccio tradizionale di questa teoria (stakeholder value approach) si parla di valore di mercato
dell'impresa, cioè ciò che nasce dalle quotazioni in borsa dell' impresa (valore di mercato). Secondo un
approccio più moderno si parla di valore del capitale economico (nel calcolo vi rientra anche il rischio) cioè
un valore unico che risulta dalla capitalizzazione dei redditi futuri; quindi è un capitale che risulta dalla
capacità dell'impresa di produrre reddito.
[ il valore di mercato ce l'hanno solo le aziende quotate, mentre quello economico tutte le imprese]
Le leve per la creazione di valore:
I. Politica di investimento —> l'impresa deve decidere in cosa deve investire e quanto investire (quale
investimento genera più valore )
2. Politiche di finanziamento — come finanziare gli investimenti

3. Politiche dei dividendi decisioni che riguardano quanta parte degli utili destinare ai proprietari

dell'impresa e quanto rinvestire.

Fabbisogno Finanziario —> coincide con il concetto di totale degli impieghi

Quantità delle risorse finanziarie di cui l'impresa ha bisogno per realizzare le proprie attività. Il fabbisogno
finanziario si genera perché solitamente in un impresa le uscite precedono le entrate:
finanziario
uscita entrata

costo Ricavo
ciclo
e conomico

Eccezioni :
• Le imprese di assicurazione (che prima percepiscono i premi di assicurazione e poi eventualmente
hanno delle uscite)
• I supermercati (vendono in contanti)
Quindi il fabbisogno finanziario deriva dallo sfasamento tra entrate ed uscite

Il TOTALE DEGLI IMPIEGHI è costituito da:


• Disponibilità liquide immediate (DLI) —> impieghi che si trovano già in forma liquida
• Disponibilità liquide differite (DLD) —> componente dell attivo che torna in forma liquida in un periodo
breve (es. crediti verso clienti)
• Rimanenze (RIM) —> scorte
• Immobilizzazioni nette (Imm.N) —> immobilizzazioni materiali, immobilizzazioni finanziarie al netto
dell ammortamento
Il fabbisogno finanziario, a secondo di cosa lo ha generato, assume connotati diversi:
• Se è generato dalle disponibilità liquide elastico
• Se è generato da crediti e rimanenze è corrente o a breve
• Si è generato dalle immobilizzazioni è consolidato

Le varie configurazioni di fabbisogno sono:


• Fabbisogno finanziario lordo —> impieghi patrimoniali
• Fabbisogno finanziario netto netto —> impieghi patrimoniali — autofinanziamento
• Fabbisogno finanziario globale —> impieghi patrimoniali + impieghi economici
77
INFN
Elastico

2 Corrente

1 Consolidato

breveperiodo sanno
tempoa

DLI + DLD + RIM = CAPITALE CIRCOLANTE NETTO

Quali sono le fonti di finanziamento che mi permettono di far fronte al fabbisogno


finanziario?
3 macro-classi:
1. AUTOFINANZIAMENTO : capacità dell impresa di autofinanziarsi automaticamente, quindi quella parte
di utile che non viene distribuita agli azionisti ma viene reinvestito nell impresa
2. DEBITO : A breve + a medio/lungo termine
3. CAPITALE PROPRIO : capitale sociale + riserve; capitale fornito dai soci

Struttura Finanziaria : complesso di impieghi e di fonti (deriva da una riclassificazione dello


stato patrimoniale)

Impieani Fonti DLITDLDTRIMTIM.netPB PMI PN


PB

RIM
Imm.net

La struttura finanziaria dipende da:


• L entità del fabbisogno finanziario (natura degli impieghi)
• Dimensione dell azienda (dal punto di vista fisico ma anche economico-finanziario (volume di vendita;
quantità di MOD)
• Durata del ciclo produttivo
• Settore economico di appartenenza
• Assetto dell azionariato , cioè della proprietà (se la società è quotata, se tra i soci ci sono delle holding
che rendono più agevole l approvvigionamento di capitoli finanziari )

Quali sono le condizioni che assicurano l equilibrio della struttura finanziaria?


• La corretta corrispondenza temporale tra fonti e impieghi
• La liquidità deve essere sempre garantita all interno dell impresa per far fronte agli impegni di
pagamento
• La struttura finanziaria deve essere disposta in modo da garantire la massimizzazione della redditività,
quindi maggior valore

Riclassificazione dello Stato Patrimoniale :


• Finanziario
• Di pertinenza gestionale

Logica Finanziaria: sia attività che passività vengono riclassificate sulla base del tempo (per
esprimere l attitudine degli investimenti e delle fonti di finanziamento a procurare a richiedere mezzi di
pagamento)
• ATTIVITÀ : si applica il principio della liquidità o liquidabilità [ovvero si vede tra le attività il tempo in cui
ogni può tornare forma liquida entro l anno (attività correnti) o oltre l anno (attività immobilizzate)
• PASSIVITÀ: si applica il principio di esigibilità [ovvero si vede quando dovrò rimborsare il debito entro
l anno (passività correnti) oltre l anno (passività consolidate)]

SP FINANZIARIO i

IMPIEGHI FONTI debitientro eserciziosuccessivo

DLI (cassa, depositi bancari e postali, PASSIVITÀ A BREVE (debiti v/fornitori, ratei
titoli facilmente liquidabili e risconti, debiti v/banche, debiti tributari,
fonti di indebitamento con doppia anima,
DLD (crediti v/clienti, ratei) quota di mutuo da rimborsare
nell esercizio, quota TFR da liquidare, utile
RIM (+ risconti) da distribuire

IMM. Nette l PASSIVITÀ A MEDIO-LUNGO (mutuo residuo,


TFR residuo, fondi rischi e oneri)

PATRIMONIO NETTO (CS + riserve + utile


reinvestito nell impresa)

VOCI CON DOPPIA ANIMA :


1. Mutuo :
Quota di rimborso del mutuo (passività a breve)
Quota residua (passività a medio/lungo)
2. Prestito Obbligazionario:
Rimborso esigibile nel breve periodo (passività a breve)
Parte residua (passività a medio/lungo)
3. TFR:
Quota da pagare nell esercizio (passività a breve)
Quota residua (passività a medio/lungo)
4. Utile D esercizio : Capitale sociale, riserva capitale, riserva utili (viene incrementato con l utile), utile
che si divide in:
Azionisti ~> Dividendi (passività a breve)
Autofinanziamento (passività a medio/lungo)

LIMITI: le sue voci sono riclassificate a prescindere dalla loro natura, ovvero dai fatti che li hanno generati
(crediti finanziari + crediti commerciali commerciali)

Analisi per margini finanziari (vengono fuori dallo stato patrimoniale finanziario)
CCNf (capitali circolante netto finanziario) > 0

CCNf = CCL - PB = (DLI + DLD + RM) — PB

• Se è molto > 0 vuol dire che le PB (Passività a breve) non riescono a coprire le DLI + DLD
• Se è < 0 vi è una situazione di squilibrio perché attività consolidate vengono coperte con passività a
breve

Tale margine può essere ricavato anche come:


CCNf = (PN + PL) — Imm.N MARGINE DI STRUTTURA ALLARGATO

MT (margine di tesoreria) ~ 0 Un margine che fornisce indicazioni circa la


liquidità ovvero se le passività breve sono in grado
di coprire la parte più liquida delle attività
MT = CCNf — RM
MT= [(DLI + DLD + RM) — PB] — RM = (DLI + DLD ) — PB
• se è < 0 le passività a breve coprono anche le immobilizzazioni

MS ( margine di struttura ) > 0 Il patrimonio netto copre immobilizzazioni nette e parte delle rimanenze

Fornisce informazioni sulla corretta


MS = PN — Imm.N e
corrispondenza temporale tra conti e impieghi
e sul livello di capitalizzazione delle imprese
(quantità di pm nella struttura rispetto al
debito —> in Italia è molto basso )

• Se è < 0 non comporta necessariamente squilibrio temporale tra fonti e impieghi perché :

PN < IMM.N coperta con


PB No Equilibrio

FEA 3 d'rental

Riclassificazione dello Stato Patrimoniale di pertinenza gestionale


Fa come riferimento l area di gestione che ha fatto sorgere ciascun valore
La gestione viene suddivisa in due macro-aree :

Gestione Ordinaria
1. Area Operativa (tutto ciò che fa parte della gestione caratteristica) :

• Natura CORRENTE riguarda il processo di acquisto, trasformazione e vendita (es. Debiti v/fornitori,

rimanenze, crediti v/clienti)

• Natura STRUTTURALE Serve per la struttura necessaria allo svolgimento dell attività produttiva (es.

Debiti v/fornitori impianti, impianti, fabbricati brevetti utilizzati nella produzione)


2. Area Finanziaria (operazioni di gestione con contenuto finanziario)
• ATTIVA (partecipazioni, titoli, crediti finanziari, valuta estera e cassa)
• PASSIVA (debiti v/banche, prestiti obbligazionari)

3. Area Accessoria (investimenti e finanziamenti estranei all attività tipica dell impresa
immobilizzazioni civili non usati ai fini dell attività d impresa)

Gestione Straordinaria (esempio fusioni e acquisizioni)

Impieghi S Fonti
1. INVESTIMENTI OPERATIVI CORRENTI 1. PASSIVITÀ OPERATIVE CORRENTI
• Crediti v/clienti • Debiti v/fornitori

ÈE • Rimanenze • Fondi oscillazione cambi


• Fondi rischi su crediti
2. INVESTIMENTI OPERATIVI STRUTTURALI
Èe • Impianti, macchinari
• Fabbricati 2. PASSIVITÀ OPERATIVE STRUTTURALI
• Brevetti • Debiti v/fornitori impianti
• Fondi rischi e oneri
3. INVESTIMENTI FINANZIARI
• Partecipazioni 3. DEBITI FINANZIARI
sei • Titoli • Passività negoziate
• Crediti nanziari

Èe • Valuta estera
• Cassa
4. CAPITALE NETTO

4. INVESTIMENTI ACCESSORI
• Immobilizzazioni

PROBLEMI:
• Dove si inserisce il TFR?
• Dove si inseriscono i debiti tributari?

Passività Spontanee ciclo operativo corrente viene considerato un fattore lavoro, ossia un normale fattore di produzione
TFR
Fattore Strutturale investimenti di natura strutturale considerato come manodopera

Nati per non pagamento di tasse nanziarie


DEBITI TRIBUTARI
Nati per effetto della gestione operativa gestione corrente

SPONTANEE nascono da un operazione di gestione corrente e sono de nite anche


PASSIVITÀ AD ONEROSITÀ IMPLICITA ( gurano solo nello Stato Patrimoniale)
PASSIVITÀ
NEGOZIATE Area Finanziaria passività ad onerosità implicita ( gurano anche nel CE )
Margini finanziari derivanti dalla riclassificazione dello
“Stato Patrimoniale di Pertinenza Gestionale”
1. CCNo (capitale circolante netto operativo o commerciale) < 0 esprime l entità della

Attività Correnti che non trovano copertura nelle Passività co

CCNo = AC (attività correnti) — PC (passività correnti) = (Crediti + Rimanenze) — Debiti Commerciali


AC PC
• Se > 0 si hanno investimenti operativi non coperti e quindi bisogna indebitarsi con passività negoziate
che hanno un onere aggiunto
• Effetti delle politiche dei crediti sul fabbisogno finanziario:

se CR CCNo (aumenta il fabbisogno finanziario ) fonti negoziate interessiΔ ]

2. COIN (capitale operativo investito netto) margine tutta la dimensione operativa

COIN = (AC + AS) — (PC + PS) esprime il fabbisogno finanziario della gestione operativa indica la

parte di attività non coperte

3. CIN (capitale investito netto)

Indica la parte di K che deve


CIN = K — PASSIVITÀ SPONTANEE trovare copertura nelle passività
Capitale investito negoziate o nel CN
(tutte le attività)

4. PFN (posizione finanziaria netta)


PFN = DEBITI FINANZIARI — ATTIVITÀ FINANZIARIE Esprimeilsaldodellagestionefinanziaria

Per esprimere l'onerosità netta della gestione = oneri nanziari - proventi nanziari
PFN

Fattori determinanti del CCNC:

VOLUME DI ATTIVITÀ :
• Volumi delle vendite
• Volumi degli acquisti
• Consumi

POLITICHE COMMERCIALI E PRODUTTIVE :


• Crediti v/clienti
• Debiti v/fornitori
• Scorte

Riclassificazione del Conto Economico

FUNZIONALE (compatibile con lo Stato Patrimoniale di pertinenza gestionale)


CONTO ECONOMICO
A VALORE AGGIUNTO

CE FUNZIONALE: in quale modo le singole aree di gestione partecipano alla formazione del reddito

FATTURATO
— COSTO DEL VENDUTO Ammontare dei costi sostenuti per ciò che l'impresa produce
= RISULTATO LORDO INDUSTRIALE
+ Rimanenze iniziali
— COSTI COMMERCIALI E DISTRIBUTIVI + Acquisti MP / semilavorati
— COSTI AMMINISTRATIVI + Energia
+ Lavoro (industriale)
= REDDITO OPERATIVO (o MON)
+/— PROVENTI E ONERI FINANZIARI + Ammortamenti (industriali)
+/— PROVENTI E ONERI GESTIONE ACCESSORIA + Canoni di leasing
= RISULTATO DI COMPETENZA + Altri costi industriali
+/— PROVENTI E ONERI STRAORDINARI — Rimanenze nali
= RISULTATO ANTE IMPOSTE
— IMPOSTE = COSTO DEL VENDUTO
= REDDITO NETTO
CE A VALORE AGGIUNTO
FATTURATO • Grandezza nelle quote dove si trovano le remunerazioni dei diversi soggetti che
+/— Δ RIMANENZE PF E SL sono interessati alle sorti dell'impresa
+ LAVORI IN ECONOMIA
• Maggior valore che l'impresa attraverso la sua attività è stata in grado di
= PRODUZIONE DELL’ESERCIZIO attribuire alle MP acquisite (ed è riconosciuto dai clienti attraverso il fatturato)
— ACQUISTO MP E SL
— SPESE PER SERVIZI
+/— Δ SCORTE DI MP

= VALORE AGGIUNTO
— COSTO DEL LAVORO
Margine operativo al lordo degli ammortamenti e accantonamenti.
= MARGINE OPERATIVO LORDO
— AMMORTAMENTI È una grandezza reddituale importante perché è al lordo di voci che hanno maggior
— ACCANTONAMENTI margine di discrezionalità.
È una grandezza attendibile / oggettiva che esprime l'andamento reddituale
= REDDITO OPERATIVO (MON)
dell'impresa rispetto al reddito operativo ( MON )

Indici
INDICI DI LIQUIDITÀ E DISPONIBILITÀ (sono una trasposizione in indici dei margini finanziari)

1. CURRENT RATIO (come CCNC) = CCL DLITALDTRIM


PB PB
2. QUICK RATIO (come MT) =DLITALD
PB
INDICI DI INDEBITAMENTO (a) E DI SOLIDITÀ PATRIMONIALE (b)
a) esprimono la situazione debitoria dell impresa

• è 1Soloal momentodellacostituzione
p
•K PN D D
PN PN E niggine.ITggii
ara i soaeiaesitonel'astrutturasinanziaria
EQUITY

•K PN D indicailpeso
deidebitisulcapitaleinvestito
K K
b)
• INDICE DI AUTOCOPERTURA DELLE IMMOBILIZZAZIONI (come MS) PN capacitàdelPNdicop
IMM N Il
fabbisognoconsolida

•PNt IderivadalmarainedistruturaallaraattMaseas dire


vuol
non
situazione di
IMMN
puòancheesserescritto
ftp.Y
come

INDICI DI DURATA (forniscono informazioni circa la giacenza media)

• CREDITI farEritosos mediodiincassodei


tempo crediti

vannosempreconfrontati
• DEBITI e

• RIMANENZE
ci S

INDICI DI ROTAZIONE / TURNOVER (quante volte un elemento dell attivo torna in forma liquida grazie alle
vendite)

•fattyrato fatti to
ora

•face a

• tante

INDICI DI REDDITIVITÀ

• ROE (return on equity) = BY q uellodii mprese


azionistaevaconfrontatocon cheoperanonellostesso
settore

• ROI (return on investiment) = esprimela


redditività
operativadell'impresaovvero rendekconsiderando ilredditooperat
quanto

FI LE Fatt
Turnoverk

• ROD (return on debit) = caonerositàimplicitaquindidovrebbe modificato


esser
INDICI DI SVILUPPO

ha
aumentatel'impresa
sono
Seleimmobilizzazioni aumentatoilcapitale
fattoinvestimentiPuòaver propriofatto
debito gestitopolitiyammortan
• Iggy nonmonetarioaccantonamento
costo
dirisorsechecomportacrescitadell'impresa

•Autof111 Mento indicacontributodell'autofinanziamentoallacrescitadell'impresa

utili
nondistribuiti
formastretta
ammortamentiformaallargata

ESERCITAZIONE
SPFinanziario
ATTIVO PASSIVO
60 4 milipass
37
8.000 5 2000
cassa 6000 4000 20.000 20.000

debivifornitori 88.000 146.000


298.000 450.000 deb.tributari 32.000 44.000

HÉLEFIEFII
268.000 424.000
altridebiti 20.000 4.000
16.000 10.000 utiled'esercizio 12.000 20.000

14.000 16.000 rateipassivi 8.000 6.000


deb.vebanchecic 198.000 332.000

182.000 254.000
Hprod
finiti 182.000 254.000 218.000 234.000
118.000 154.000
CL 486.000 708.000 mutui
passivi 100.000 80.000

4MN 362.000 376.000 PN 252.000 298.000

TaleAttivo 848.000 1.104.000 TotalePassivo 848.000 1.104.000

SPPERTINENGesti N NTI
Falfercorrenti

clienti
46400
268.000
69
421.000
Io PN 264.000 318.000

182.000 254.000 opercorrenti


passività 246.000 350.000

11.00 16.000 118.000 154.000


attIFornitori
88.000 146.000
itàoperstrutturali 322.000 358.000 debtributari 32.000 40.000

ridipubblicità 20.000 8.000 ratei


passivi 8.000 6.000
bricatiindustriali 142.000 120.000
antiemacchinari 160.000 230.000 Debiti
finanziari 338.000 436.000

debvibanche 198.000 332.000

rifinanziare 22.000 14.000 mutui passivi 120.000 100.000


6000 altridebiti 20.000 4.000
Icreati 16.000 10.000

Itàaccessorie 40.000 38.000


obilicivili 40.000 38.000
aleattivo 848.000 1.104.000 totale
p assivo 848.000 1.104.000

A VALORE Giunto
n'E
tturato 1.360.000 1.422.000

Ariman.PE 54.000 72.000

suzionedell'esercizio 1.414.000 1.494.000

osti
permaterieprime 524.000 518.000

costiper
servizi 126.000 150.000

oneAggiunto 820.000
ostiperilpersonale 576.000

188.000 224.000
Ammortamenti
38.000 54.000
valutazionecrediti 12000 2000

N 148.000 168.000
finanziaria
Gestione 66.000 62.000

ultatoDicompetenza 82.000 106.000


Gestionestraordinaria o 4000

82.000 110.000
Foste 34.000 44.000

48.000 66.000

CEFUNZIONALE
N NTI
Iurato 1.360.000 1.422.000
ostodelvenduto 851.000 764.000 costodel
venduto
rimanenze
ultatolordoindustriale 509.000 658.000 costiMPISL
sticommerciali costidelpersonale 524.000 518.000

costiperipersonale ammortamenti 288.000 298.000

servizi
costiper 46.800 servizi
costiper 30000 42.000

stiamministrativiepubblicità 8000 12.000 63000 78000

crediti
alutazione 6000 12000
costi
amministrativi nono 150.000

costipersonale 115.200
stiperservizi as.ro

N 148.000 168000

131
a po 1000 0
bene sono
perché e ntrambi mabisognaconfrontariconierimanenze
positivi

anenze 182.000 254.000

eneperchéccnepuocanaaereconicne.LEPBnoncopronotuttoilca.nametendenzialmenteequilibriotemporaletrafontieimpicani
cane RIM 70.000 118.000

evie.in inscortebisognarivedernelapoliticadigestione
eccessivoinvestimento

PNIMMN 110.000 98.000

dasolononriesceacoprireilfabbisogno ma
c onsolidato
finanziario visiasquilibrio
nonèdettoche
va ACPC 218.000 340.000

dalle
ssisognofinanziariogenerato chenontrovacoperturanellePcBisognarivederelepolitiche diconcessionedicreditoeotteneremaggio
azionideifornitori
IN 500.000 702.000

debiti
bisognofinanziariodeveesserecopertocon
602.000 754.000
316.000 421.000

E 181 oppure 191


FI
17,451

10,881

nover 1.6

05 11,071

spfinanziario

3,36 lirecirca voltenon


2.36

0.7

Costo del Capitale


RENDIMENTO E RISCHIO delle attività finanziarie TEORIA DI PORTAFOGLIO

e in particolare dei titoli azionari


L investitore deve valutare il rendimento associato ad un determinato titolo
Variazione di ricchezza che si produce per effetto
dell'impiego di un certo capitale in una data attività
finanziaria ( ovviamente può essere sia positiva che
negativa)

Il rendimento dei titoli azionari può essere scisso in 2 componenti:


1. DIVIDENDO = parte di utile prodotto che la società decide di distribuire agli azionisti. Dipende da vari
fattori:
-- utile ( presenza ed entità)
-- politica dei dividendi = insieme di decisioni prese dalla società in merito a quanti utili distribuire agli
azionisti (vi sono 2 esigenze apparentemente opposte da bilanciare:
Da una parte vi sono gli interessi degli azionisti ad essere remunerati del loro investimento, dall altra viene
all esigenza dell impresa di finanziarsi e non ricorrere al debito)
Indicatore della misura della politica dei dividendi:

PAY OUT RATIO = PHETIE


= 1 se gli utili sono interamente distribuiti;
= 0 se gli utili sono interamente reinvestiti;
< 1 sugli utili sono in parte distribuiti e in parte reinvestiti;
> 1 distribuiscono utili + riserve

Le società quotate operano la stabilizzazione dei dividendi (distribuiscono


sempre lo stesso utile) in modo da essere considerate solide:
— se utile > allora si accantona;
— se utile < allora si attinge alle riserve (altrimenti il mercato reagirebbe
negativamente)

Indicatore della remunerazione data dal dividendo:

DIVIDEND YIELD = DIVIDENDO


prezzodiacquisto
deltitoloaltempoto

( esprime la redditività del dividendo rispetto al prezzo pagato per avere il titolo)
Il dividendo costituisce la remunerazione periodica/ordinaria.

2. CAPITAL GAIN = remunerazione integrativa che costituisce il guadagno in conto capitale (dato da:
prezzo di vendita — prezzo di acquisto)

CG= Pv — Po oppure CG= Pr Po


Se Pv > 0 guadagno in c/capitalePo
Se Pv < 0 perdita (capital loss)

Il Capital Gain ha diverse determinanti:


— grado di liquidità (facilità con cui si può vendere un attività finanziaria. Per le azioni quotate è semplice,
mentre per quelle non quotate più complicato perché non vi è un mercato secondario che permette di
liquidare il titolo)
— durata dell investimento (vi sono due tipologie di azionisti:

• Speculatori breve durata;

• Cassatisti lunga durata;)

— variabili macroeconomiche (es. In periodi di crisi vi sono perdite di valore maggiore)

Remunerazione globale del titolo (valutazione ex-post) DIV PvPo ELMEITE

I 20th IN
Valutazione ex-ante (ci permette di calcolare il valore atteso del rendimento del titolo. Si ipotizzano degli
scenari e ad ognuno di essi si assegna una probabilità che si verifichi nella realtà)

EC LPiri
Esempio

Po
1000
1000 1100 10
900 10 25
1000 1150 1s

EG 0,2 20 ors 10 0,225 15 88,25

L andamento dei rendimenti dei titoli azionari viene ricondotta ad una funzione di distribuzione normale (o
gaussiana).
Quindi assumiamo di vista una perfetta simmetria dei rendimenti
ma nella realtà non è così
in quanto alle dimostrazioni empiriche che ne hanno comportato la
deduzione è stata apposta l'obiezione che teoricamente non vi è
limite finito al rendimento positivo ma vi un limite finito alla perdita -- che può coincidere al massimo con il
valore del titolo -, per cui non si può affermare che vi sia perfetta simmetria ( mentre l'utilizzo dei
rendimenti logaritmici potrebbe avvicinarsi maggiormente alla realtà ).
e7
Rischio di un titolo azionario
Il concetto di rischio viene spesso associato a qualcosa di negativo, ma dal punto di vista finanziario è
simmetrico.
RISCHIO = probabilità che il rendimento effettivo si discosti dal rendimento atteso
(quindi può essere > o < )
Es. E(r) = 6%, dove E(r) è il rendimento atteso
r = 5% (perdita rispetto a r atteso)
r = 8% guadagno rispetto a r atteso)

Quando vi è variabilità tra rendimenti effettivi e rendimenti attesi si parla di titoli rischiosi.
Il rischio è presente in tutte le attività finanziarie, tranne in alcune definite ATTIVITÀ PRIVE DI RISCHIO O
RISKFREE ( in cui vi è certezza del rendimento in quanto non vi è scostamento tra rendimento effettivo e
rendimento atteso)
TASSO RISK FREE = (rf) = rendimento delle attività prive di rischio.
[Sino a 4 anni fa circa i titoli di Stato di Stati solvibili potevano essere considerati attività risk-free, ma
adesso il problema è proprio trovare uno stato solvibile — attualmente solo la Germania—]
Esistono 2 tipologie principali di rischio:
• Rischio Puro: rischio al quale è associato un evento negativo (come le catastrofi naturali, terremoti,
incendi, etc.), la cui possibile soluzione è costituita dalla stipulazione di contratti assicurativi per
tutelarsi contro tali rischi.
• Rischio Finanziario Esistono diverse tipologie di rischio finanziario:
— Rischio di credito/ di controparte/ di insolvenza= probabilità che la controparte di
un obbligazione non adempia (es. Il mittente di un titolo azionario, la scadenza non rimborsi quanto
dovuto);
— Rischio di cambio (nelle transazioni commerciali effettuate con valuta estera);
— Rischio di tasso di interesse = rischio che si modifichi il tasso di interesse. È un rischio difficile da
gestire per le imprese. (es. Contrazione del mutuo ad un tasso di interesse fisso. Se il tasso di interesse sul
mercato diminuisce, l impresa subisce una perdita in quanto avrebbe potuto pagare in meno interessi se il
tasso di interesse fosse stato variabile. Viceversa, quando il tasso di interesse sul mercato aumenta conviene
contrarre il mutuo ad un tasso di interesse fisso)
— Rischio di liquidità = rischio di incontrare difficoltà nel dismettere un attività (investimento (es.
difficoltà di vendere un titolo dipende dalla quotazione o meno del titolo, e in caso positivo se è oggetto di
molte contrattazioni)

— Rischio legato al tasso di inflazione (presente quando π è molto elevato, esempio anni 70)

che comporta r reale ≠ da r effettivo


— Rischio legale = ovvero il rischio che si modifichi l aspetto normativo legato ad un attività finanziaria
(es. aumento tassazione)
— Rischio sistematico = rischio che deriva dall andamento generale dell economia (che sopportano
tutti gli operatori senza possibilità di essere eliminato)

[ Ruolo dei titoli di Stato nel sistema economico dagli anni 60 ai 90


Rischio
ali sanati

Liquidità liquidità rendimento legame


inversoin possibilitàdi
m inoreèla
quanto venderloemaaaioreè e

Rischio0 perchél'Italiaeraunostatoincrescitaenon maiavutoproblemidirimborsodeldebito


aveva
e sa
IquiditàMaxperchésitrovavasicuramentequalcunodispostoadacquistarli

quindi operchédeteneretitolidistatoeracomedeteneremonetacorrente

Problema: lo Stato doveva competere con le banche per stimolare i cittadini nell investire i propri risparmi
in titoli di Stato, e per avere maggiori risorse ha aumentato il tasso di interesse.
Gli investitori di fronte alla possibilità di un investimento con alto “r” e basso rischio, non hanno più
investito in azioni/obbligazioni delle imprese, le quali, per reggere la concorrenza, hanno dovuto offrire
dei tassi di interesse più elevati, ma che ha comportato un aggravio notevole di costi. In tal modo è stato
reso praticamente impossibile le emissioni di titoli da parte delle imprese, le quali spesso, in periodo di
eccesso di liquidità, giunsero ad investire e se stesse in titoli di Stato. Inoltre, non potendo emettere titoli si
sono dovute indebitare e ciò costituisce il motivo della sotto-capitalizzazione delle imprese italiane. A
partire dagli anni 90 la situazione si è andata attenuando in quanto lo Stato dovuto ridurre i tassi di
interesse a causa del problema dell insostenibilità del debito pubblico.]

La misurazione del rischio di un singolo titolo oneroso avviene attraverso la varianza (= probabilità che
il rendimento effettivo sia diverso dal rendimento atteso). Varianza Variabilità dei rendimenti Rischio

n 1sesitrattadiuncampioneperché
risultatomenodistortoaltum
Logica di valutazione ex-post fornisceun
nsesitrattadellatotalitàdelleosserva

Logica di valutazione ex-ante

Portafoglio di attività (più attività finanziarie insieme)


Si fa sempre riferimento alla teoria di Portafoglio di MARKOWITZ
L obiettivo dell analisi di portafoglio è quello di verificare che mettendo insieme, in un unico portafoglio,
più attività finanziarie, si può ottenere un portafoglio che ha un livello di rischiosità inferiore rispetto alla
somma di rischi delle singole attività che lo compongono.
Vige il principio della DIVERSIFICAZIONE DEL PORTAFOGLIO.

Σσ2> σp2
Secondo MARKOWITZ il rischio in teoria può anche essere annullato del tutto. (es. le imprese multi-business
diversificano le proprie attività anche per ridurre il rischio).
Per comporre un portafoglio è necessario verificare il peso (W) delle singole attività all interno di esso.
La somma dei pesi deve essere uguale a 1
(Ciò vuol dire che se deve investire tutto il capitale a disposizione nel portafoglio, né di più — perché
significherebbe indebitarsi — né di meno — perché significherebbe prestare le riserve non investite —)
Il peso non deve essere calcolato in termini numerici, bensì in termini di valori (di mercato/dell azioni):

pesotitoloi

Il rendimento del portafoglio costituisce la media ponderata (dal peso) dei titoli che compongono il
portafoglio :

Il rischio di portafoglio può essere diverso dalla somma dei rischi dei singoli titoli e, per poterlo calcolare,
bisogna considerare gli effetti della covarianza tra i rendimenti dei titoli, i quali possono non essere
indifferenti (es. può accadere che.72 )
Assumiamo un portafoglio con 2 titoli : 1 e 2.
71

71

Quindi si hanno effetti positivi in termine di diversificazione (perché il rischio complessivo del
portafoglio diventa inferiore alla somma dei rischi dei singoli titoli)

Operazione standardizzazione della covarianza


Si procede alla standardizzazione della covarianza al fine di ottenere un indicatore capace di assumere
valori all interno di un intervallo ben definito.
Dividendo la covarianza per il prodotto tra le singole deviazioni standard si ottiene il:
COEFFICIENTE DI VARIAZIONE → indicatore che esprime la misura di
correlazione tra 2 titoli e può assumere valori definiti in un intervallo ben definito

lanjsteresotene

Se P1,2= +1 vi è una perfetta correlazione positiva tra i rendimenti dei due titoli, i quali quindi si muovono
esattamente nella stessa direzione (Ma non fornisce alcun vantaggio in termini di riduzione del rischio)
Se P1.2= 0 non vi è alcun tipo di correlazione tra i rendimenti dei due titoli (Ma ci consente di aver una
rischiosità inferiore rispetto alla precedente)
Se P1.2= -1 i rendimenti hanno una relazione perfettamente inverso, quindi vi è il massimo vantaggio in
termini di diversificazione
Se -1 < P1.2< 0 gli effetti di diversificazione sono più intensi
Se 0 < P1.2 < -1 gli effetti di diversificazione sono meno intensi

Ma per valutare il rischio si utilizza σp invece di σp perché è più semplice da rappresentare.


2

Quindi diviene:

[la diversificazione ha effetti maggiori quando 1.2


P è minore]

Perfetta Correlazione Positiva P = +1 Correlazione Nulla P = 0 Perfetta Correlazione Negativa P = -1

Il rischio può essere ridotto ma non annullato perché vi è una componente del rischio che non può essere
eliminata, ovvero il RISCHIO SISTEMATICO (=
Rischio indipendente dal numero di titoli presenti
nel portafoglio e che grava su tutto il sistema,
per cui tutti gli operatori non sono in grado di
gestirlo e devono perciò accollarselo)
DIVERSIFICABILE (per il quale man mano che aumenta la numerosità del portafoglio, il
rischio si riduce progressivamente sino ad azzerarsi.
N.B l effetto di diversificazione è massimo se nel portafoglio vi sono 10/15 titoli (con più titoli non si
hanno maggiori effetti benefici )

Frontiera efficiente
Ipotesi: due titoli rischiosi/azionari: il titolo 1 ha un rischio più elevato a cui è associato un rendimento più
elevato; il titolo 2 ha un rischio più basso a cui è associato un
rendimento più basso. La scelta dell investitore sarà orientata verso il
titolo 1 o 2 a seconda della sua propensione al rischio (le
soluzioni estreme sono:

— forte avversione a rischio V1O eWas

— forte propensione a rischio WeseV22

Altrimenti può scegliere qualunque punto sulla funzione che lega il titolo 1 al titolo 2 e che dipende da P )
Considerando che il rendimento ed il rischio di un portafoglio di attività si possono esprimere nel modo
seguente:
... e studiando il segno e la misura del coefficiente di
correlazione, è possibile individuare diverse ipotesi di
comportamento della funzione che lega tra loro i due
titoli
1) SE 1.2
P =+1
Quindi σp è dato dalla media ponderata dei
rischi dei singoli titoli. La retta blu indica tutte
le combinazioni del titolo uno e due a
seconda della propensione a rischio.
2) SE P1.2= 0
Vi è un rischio inferiore rispetto al precedente
3) SE 1.2
P = -1

4) SE 0 < P1.2< +1
In questo caso si ripropone una curva quale funzione in grado di porre in relazione il titolo 1 con il titolo 2,
ma il suo andamento presenta una minore convessità rispetto all ipotesi di correlazione nulla. L effetto
diversificazione risulta piuttosto attenuato

5) SE -1 < P1a< 0
L effetto diversificazione è evidente, come mostra l andamento della curva rappresentativa delle possibili
combinazioni tra le due attività che formano il portafoglio: essa appare dotata di una maggiore convessità
rispetto all ipotesi ρ = 0.

“Tanto minore è il grado di correlazione esistente tra due titoli, tanto maggiore risulta l inclinazione della
curva e tanto più incisivo è l effetto diversificazione”

Più si abbassa 1.2


P e più aumenta l effetto di diversificazione, e se P1.2= -1 si ha un punto in cui il rischio
viene addirittura annullato.
La linea nera esprime tutti i portafogli POSSIBILI tra titolo 1 e 2
I PORTAFOGLI possono essere :
ho • POSSIBILI
• EFFICIENTI
Ma dove POSSIBILI ≠ EFFICIENTI (difatti non tutti i portafogli possibili sono efficienti)
PRINCIPIO DELLA DOMINANZA : ci sono dei portafogli che dominano e altri che sono dominati (es.
Il portafoglio 3 è un portafoglio possibile ma non efficiente perché a parità di rischio, si può ottenere un

portafoglio, il portafoglio quattro, con minore rischiosità quindi il portafoglio 4 domina/e dominante

rispetto al portafoglio 3. Solo il portafoglio 4 è efficiente). Vengono scartati tutti i portafogli dominati
perché forniscono un rendimento minore.
• Il punto Vm esprime il portafoglio a varianza minima che divide in 2 parti la curva (ovvero è il
portafoglio che tra quelli possibili, ha un minor livello di rischio).
• La parte inferiore è costituita da portafogli possibili, ma non efficienti
• La parte superiore racchiude tutti i portafogli efficienti,
ovvero dominanti (frontiera efficiente)
FRONTIERA EFFICIENTE = dal titolo più rischioso
al punto di varianza minima (insieme di
combinazioni di portafoglio possibili ed efficienti).
Tutti i portafogli al di sotto di Vm “sono possibili
ma non efficienti”
Se inseriamo nel portafoglio un titolo privo di rischio (che ha certezza nel rendimento rendimento RISK

FREE “rf”, e certezza nel rimborso) cosa succede?


Rimuovendo l ipotesi ÈWt 1 si ha che è possibile :
• Σ W < 1 (significa che una parte del capitale viene data a prestito; attività di LENDING)
• Σ W > 1 (significa che viene investito di più rispetto a quanto si ha disposizione, quindi ci si indebita:
attività di BORROWING)
rf (RISK FREE) è lo stesso a cui si indebita e con cui viene concesso un prestito (ipotesi semplificatrice della
realtà)

Combinazioni tra un titolo privo di rischio e un titolo rischioso


La retta indica tutte le possibili combinazioni di
BORROWING investimento tra risk-free e titoli rischiosi.
Lending L investitore, se sceglie:
a
1. F, acquista solo titoli privi di rischio (che equivale
a prestare allo Stato ad un tasso rf)
2. Y, acquista solo il titolo rischioso;
3. I punti tra Y e F indicano il fatto che l investitore
sta investendo di più di quello che ha, si sta indebitando al tasso RF oppure sta vendendo allo
scoperto, operazione con cui un soggetto si impegna a vendere ad un altro un titolo che al momento
non ha (chiaramente si tratta di un operazione di tipo speculativo, in cui il venditore in prossimità
della scadenza del contratto, deve acquistare il titolo e si aspetta che questi abbiano un prezzo
inferiore rispetto a quello pattuito nel contratto [RIBASSISTA: ha aspettative al ribasso])
Dal punto di vista algebrico:
y Wa e F 1 Wa
Ep 1 Wa ftp.Upa
iamEpi
51,1929atteso direndimentoatteso
WarÈ 211waWaParata E
p

Wisi Wa Ga delportafoglioèdatosolodalrischiodell'attivitàrischio
Quindiilrischio

Quindi Wa
Ea che una
possiamosostituire delp
relazione

ip 1 Ea re fa ra EpretraE op
Qui si deduce che il rendimento atteso di un portafoglio è composto da:
• remunerazione rf per la mancata disponibilità di un capitale;
• remunerazione/Premio (prezzo) per il rischio

A seconda dei diversi portafogli è possibile scegliere fra diverse rette

o
Si sceglie quella tangente alla frontiera efficiente. Il punto di tangenza M è un
punto di Ottimo ed è il cosiddetto PORTAFOGLIO DI MERCATO
(= migliore combinazione di titoli rischiosi. Es. indici di borsa media dell andamento dei prezzi di alcuni

titoli scelti --come quelli a maggiore capitalizzazione)


• Se ci troviamo tra rf e M abbiamo un portafoglio composto sia da titoli rischiosi (che si trovano nel
portafoglio di mercato) che privi di rischio (attività di LENDING)
• Se ci troviamo su M abbiamo solo titoli del portafoglio di mercato
• Se ci troviamo a destra di M, ci stiamo indebitando (attività di BORROWING)
La Capital Market Line (CML) è la frontiera efficiente lineare determinata in ipotesi di presenza
di attività rischiose e di un titolo privo di rischio.
L equazione della CML può essere derivata sostituendo semplicemente il generico titolo A con il portafoglio
Effmatercato di mercato M.
In ipotesi di aspettative omogenee da parte degli
operatori (che sono tutti razionali) nel mercato, si
doveinèsempre E
trova una sola frontiera efficiente una sola CML, e
quindi l investitore, a seconda della sua propensione al rischio, può decidere se spostarsi a destra o a
sinistra sinistra del portafoglio di mercato. [ tutti possiedono, in proporzioni diverse, almeno una quota del
portafoglio].

Principio della separazione di Tobin:


La scelta di portafoglio deve essere effettuata in due fasi:
1. Si trova il portafoglio di mercato;
2. Si sposta a destra o a sinistra del portafoglio di mercato.
Qual è il costo del capitale di rischio e del finanziamento complessivo (CN debito) per un impresa?
Sulla base della teoria di portafoglio di MARKEWITZ, Due autori, Sharpe e Treynor, negli anni 50, hanno
elaborato il modello del CAPITAL ASSET PRICING MODEL (CAPM) che permette di definire il
costo del capitale azionario (ovvero il costo di emettere azioni) per un impresa.partendo dalla CML hanno
ipotizzato di vedere il costo di un attività azionaria/rischiosa anche al di fuori del portafoglio di mercato
per individuarne il rendimento (ovvero il costo per l impresa).
Ipotesi di base del modello:
• Si opera al di fuori del portafoglio di mercato ma il rendimento dell attività i — esima è funzione del
rischio, il quale dipende dalla correlazione tra il rendimento dell attività i — esima e il rendimento del
portafoglio di mercato;
• Esistenza di mercati perfetti;
• Operatori razionali;
• LENDING e BARROWING rf (si presta denaro e ci si indebita al tasso rf)
• Assenza di imposte e costi di transazione (ovvero i costi per eseguire la compravendita di titoli, es.
commissioni)
• Viene rispettato il principio di Tobin.
Ripartendo dall equazione della CML la adattiamo alle nuove ipotesi sostituendo la “i” dove c era il
portafoglio (non stiamo più cercando il portafoglio ma l attività i — esima)
Il rischio sistematico del titolo i si può quantificare come prodotto tra il coefficiente di correlazione tra lo
stesso titolo ed il portafoglio di mercato (ρim) ed il rischio totale (diversificabile e non) associato al titolo i
(σi) rischio sistematico del titolo i = σi ρim

sepim oovverotime
sePim 1alloraCHE
siastiamo
nel dimercato
portafoglio

Pi

terreno
Tale equazione dal punto di vista dell impresa, rappresenta il costo del capitale azionario, mentre dal punto
di vista dell investitore, rappresenta il rendimento del titolo azionario; rendimento composto da due
componenti:
1. Remunerazione per la mancata disponibilità del capitale;
2. Premio per il rischio, che dipende da Si (dalla COVimrispetto alla varianza del portafoglio di
mercato), ovvero il coefficiente di rischiosità sistematica (uguale esprime il livello di rischio
sistematico di un attività, che dipende anche dalla correlazione tra il titolo “i” e il portafoglio di
mercato

• Se βi > 1 significa che σi m > σInOvvero che il titolo è un titolo più rischioso rispetto alla media del
portafoglio di mercato (TITOLO AGGRESSIVO); quindi β amplifica la differenza tra ImelF e per questo
si ha un rendimento atteso maggiore, giustificato dalla maggiore rischiosità;
• Se βi< 1 significa che σ < σ, ovvero che il rischio è inferiore rispetto a quello del portafoglio di
mercato (TITOLO DIFENSIVO); quindi ci si aspetta un rendimento dove il premio per il rischio risulta
compresso da βi
• Se βi = 1 allora la rischiosità del titolo è in linea con la rischiosità del portafoglio di mercato, quindi
anche i rendimenti attesi coincidono Ti 7m
NB. Se siamo sul portafoglio di mercato allora β = 1, ma se β = 1 non è detto che siano sul portafoglio di
mercato
GRAFICAMENTE
r
Security etuneconequazionedelCAPM
E

β
Le determinanti di β sono:
1. Il settore economico di appartenenza dell impresa che ha emesso il titolo (se è un settore più
tradizionale il rischio sarà minore, mentre se è più innovativo il rischio sarà maggiore);
2. il livello di leva finanziaria (= indica il livello di indebitamento dell impresa. Maggiore il
debito è maggiore è il rischio perché maggiore sono gli interessi da pagare maggiore è la probabilità
di insolvenza);
3. il grado di leva operativa (= riguardo la proporzione tra CF e CV, se CF > CV allora il rischio è
maggiore perché con i ricavi bisogna garantire la copertura di tutti i costi di CF)
β nelle società quotate è calcolato da enti appositi, mentre nelle società società non quotate è possibile
utilizzare stime econometriche sui dati storici o sulle determinanti sopra elencate, oppure
approssimazioni(per le imprese di piccole dimensioni).
Es. β = σ ROE delROE
deviazionestandard

La relazione Fi MF im EF esprime il costo del capitale azionario per un impresa indebitata


fi
(IMPRESA LEVERED, ovvero che fa leva sul debito), per cui può essere scritta Ti 7ft im EF BL
≠ dalle imprese non indebitate (IMPRESE UNLEVERED)

Il rischio può essere distinto in:


• Rischio operativo (rischio legato alla gestione dell impresa. È il rischio che grava sulle imprese
per lo svolgimento della loro attività economica. Es. Rischio di non vendere tutto il prodotto, rischio
dovuto ai FP o rischio dovuto all andamento di mercato. Esso viene misurato attraverso la variabilità del
cash flow — infatti maggiore è la variabilità e maggiore è il rischio —).
• Rischio finanziario (rischio generato dal fattore indebitamento. Es. Rischio di non riuscire a pagare gli
interessi o di non riuscire a rimborsare i debiti. È un rischio legato alla gestione finanziaria. Esso
accresce/accentua la variabilità del Cash Flow).
Ovviamente solo le imprese indebitate sopportano entrambi i rischi:

Rischio operativo Bu
Rischio nanziario
Rischio totale BL

È possibile scindere il premio per il rischio totale nelle sue due componenti di rischio operativo e rischio
finanziario.
Ipotizziamo due tipologie di imprese:
Impresaunievered ImpresaLevered

PN D
SSETÀ A PN
Pesodeldebitosullastrutturafinanziaria
BAPPN
II β pH doveomamente
DPI PHD 1
datodallamedia deisingolipesidellastrutturafinanziaria
ponderata

Il debito è emesso al tasso rf, quindi β (perché è senza rischio). Il maggior rischio dovuto all
indebitamento grava solo sugli azionisti perché se il debito è emerso ad un tasso rf vuol dire che gli
obbligazionisti hanno la certezza di vedersi corrispondere il capitale e gli interessi (maggiore
l indebitamente, maggiore sono gli interessi, maggiore è la variabilità dell utile maggiore è il rischio per gli
azionisti.
Quindi:

BAIPPN.MY ovvero BPN BA DIN

Se si tratta di un impresa unlevered chiaramente D=0, quindi

BABPN ovvero BuBPN


Se si tratta di un impresa levered, D > 0, e quindi
1
BALBPN e se pe PPN PD marito allora BL BPNPPN.BA

Sapendo che tpptPN 3P 3L


Nell impresa indebitata il
3Ne3a 3u si ha
è maggiore rispetto a quella non indebitata.

32 30 1 f PTPN quindi3031 LYDTPN


ateHÉLIO PER.ES5nEes's'eEeEeEa
fEhnjtadegliOF
Quindi è possibile scrivere:

E t.hn sEn Ba tri i j Iiii


Critica al modello: si considera solo il fattore di rischiosità sistematica e quindi un solo β. Secondo Ross, il
costo di un titolo azionario dipende da più fattori di rischio e quindi bisognerebbe utilizzare un modello più
complesso: ARBITRAGE PRICING TEORY (APT), elaborato negli anni 70, costituisce un evoluzione del CAPT.
Logica:

Ei IF 71 F B1 72EF Bat TK F BK
Problema: non vi del
è un elencodidi fattori di rischio perché variano da titolo a titolo (esempio. π, andamento
atteso fattore rischio
rendimento primo

prezzo del petrolio, PIL atteso) e risulta molto più complicato. Per questo nella realtà non ha trovato
applicazione.
Torniamo alla teoria precedente

D
A
PN CAPMcostodelcapitaleazionario E imEF B

Il costo del debito è identificabile pari a ROD • (1 — t)


Quindi, il costo complessivo dei finanziamenti può essere ottenuto tramite la costruzione del tasso WACC
(Weighted Average Cost of Capital), che esprime il costo medio ponderato del capitale

WACC
KD.pl KS.pPID
D
b dello
costo sharecapitale
proprio
Kerri
Limite di questo approccio: il Kd è calcolato attraverso un indice di bilancio che deriva da dati di bilancio
che possono non essere attendibili.
Alternative: utilizzare il tasso di interesse della classe di rischio a cui appartiene l impresa (assegnato dalla
banca attraverso il Rating), o, in mancanza, ma solo per le imprese di grandi dimensioni, il tasso di
interesse è pagato sulle obbligazioni emesse.
Esercitazione

Yp8,88 ra9,6 re7,81 Wa wa

wa7,8 1waex
8.889.6
p
1.08 1,8wawa 0,4
0,6ewe

G 11,47 OB
7,72 Par5,32 COVARE
PA.B.caB 0,00413
OAB
op0,0 o.az0,4 0,072320,4 a 0,00130,007614

a 10 OB30 wawa0,5 op16 Par con

0,16510,510,15 0,510,35210,50,5 Air


02560,00250,02250,5AB
00060,015car
rab
0,0012
TAB
EI 904

β0,9 re81Em12

è E0,140,040,913.06
o

Em0,15 premioperilrischio 7
E E imMFβ0080,076,914.3

βma ci 0,08 0,04711.112,0


da
abbiamo portafogli confrontare

A B e

unari saiqualèilportafogliomuore
rp Eager op

a arteger0,120,2845op
a0,1201 op0,120,20

re0,1207 pronto alto


più
rischio
sopperchenarperi

ra0,129 2spontaneo
ESISTE UNA STRUTTURA FINANZIARIA OTTIMALE? Ovvero una combinazione tra
debiti e capitale proprio che possa massimizzare il valore dell’impresa? Quindi, la
composizione delle fonti incide sui valori?
FONTI DI FINANZIAMENTO
• Autofinanziamento (AF): utili non distribuiti e reinvestiti nell impresa.
Si tratta dell unica fonte interna di finanziamento in quanto è generata dalla stessa impresa ed è una fonte
privilegiata perché è a costo zero, dal momento che non si pagano interessi.
[N.B. il capitale proprio non è autofinanziamento perché viene apportato dai soci.]
Le condizioni per l autofinanziamento sono:
➢ Conseguimento di utili;
➢ Politica di dividendi favorevole all autofinanziamento.
• CAPOTALE PROPRIO: CS+RISERVE (NON DI UTILI)
• DEBITO: ne esistono diverse tipologie.
con l innovazione finanziaria, la distinzione tra capitale proprio e debito è diventata sempre più debole per
via dell esistenza di strumenti ibridi:
1. es. obbligazioni convertibili (nascono come debito, ma sono poi convertite in capitale proprio);
2. es. azioni prive del diritto di voto (nella forma rientrano nel capitale proprio ma nella realtà è come
se fossero un finanziamento)
STRUMENTI IBRIDI:
• Di quasi deb ( se assomigliano di più al debito)
• Di quasi equity
DIFFERENZE TRA CAPITALE PROPRIO E DEBITO:
Le differenze tra capitale proprio e debito incidono su alcuni aspetti in modo diverso, a seconda che si tratti
di capitale proprio o di debito
• Effetti sulla gestione:
1. Per quanto riguarda il capitale proprio, l azionista ha la possibilità di partecipare alla formazione
della volontà sociale in proporzione alle azioni/quote possedute (interferisce nella gestione
dell impresa);
2. Mentre per quanto riguarda il debito, non c è partecipazione alla formazione della volontà sociale.
• Durata :
1. nel caso del capitale proprio non è prevista alcuna durata,
2. nel caso del debito, la durata è di medio lungo periodo;
• Tipilogia di flussi di cassa e caratteri dei flussi di cassa:
1. Nel caso del capitale proprio, la tipologia è quella dei dividendi, mentre per quanto riguarda le
caratteristiche, in questo caso i dividendi sono legati all andamento economico della gestione e alla
politica dei dividendi (che quindi non sono ne certi e ne determinati).
2. Nel caso del debito la tipologia di flussi è quella degli interessi passivi, che sono indipendenti
dall andamento economico della gestione.
• Rimborso del capitale:
1. nel caso del capitale proprio non è previsto rimborso se non in caso di liquidazione della società, ma
comunque trascurato rispetto al rimborso dei debiti (per questo si parla di capitale di pieno rischio)
2. nel caso del debito, il rimborso avviene a scadenza e in caso di liquidazione della società hanno
priorità di rimborso rispetto al capitale proprio (inoltre vengono privilegiati quelli con garanzia)

I costi connessi all indebitamento si distinguono in:


1. Costi vivi/tangibili, che comprendono:
• interessi passivi,
• costi di emissione (del prestito obbligazionario),
• remunerazione degli intermediari (commissioni),
• disaggio di emissione (costo pluriennale),
• costi di carattere amministrativo.
2. Costi non tangibili, che comprendono:
• costi di fallimento/dissesto (nel caso in cui un impresa si indebiti eccessivamente e non riesca a far
fronte al SERVIZIO DEL DEBITO, cioè pagare gli interessi e/o rimborsare il capitale. Si crea una crisi di
liquidità in cui, in una prima fase vi sono i costi di fallimento indiretti, per cui vengono pregiudicate le
relaizoni con tutti gli stakeholder ad esempio i fornitori, clienti ecc. quindi vi sono degli effetti negativi
che ledono l immagine dell impresa. Nella seconda fase, quando l insolvenza è persistente ha inizio la
procedura fallimentare, per cui vengono sostenuti dei costi amministrativi diretti per il fallimento.
• Costi di agenzia tra azionisti e obbligazionisti ( in quanto, quando vi è una crisi di liquidità, gli azionisti,
trovandosi in una posizione di vantaggio rispetto agli obbligazionisti/creditori perché influenzano la
gestione dell impresa, decidono di effettuare azioni per “accaparrarsi” quote di valore dell impresa a
danno dei creditori, ad esempio intraprendono un progetto pericoloso il cui successo sarebbe un vantaggio
solo per gli azionisti in quanto i creditori supportano solo il rischio di fllimento e non ottengono benefici. In
effetti, generalmente i conflitti si verificano tra azio isti e management nelle public company, in cui può
accadere che questi perseguano degli obiettivi differenti rispetto all azionariato.)

RIGIDITA’ DELLA STRUTTURA FINANZIARIA


Più aumenta il debito, più sono numerosi gli obblighi di servizio del debitore e più è rigida la struttura
finanziaria.
I benefici connessi all indebitamento sono:
• I benefici fiscali (dal punto di vista fiscale è preferibile indebitarsi in quanto gli interessi/oneri finanziari
sono fiscalmente deducibili, quindi si riducono le imposte poiché si riduce la base imponibile su cui queste
sono calcolate. Invece, i dividendi vengono calcolati sul reddito al netto delle imposte perché non sono
fiscalmente deducibili).
• Controllo del management (nelle public company c è il rischio che il management non persegua le
stesse finalità degli azionisti, ovvero massimizzare il valore dell impresa e delle loro partecipazioni. Ad
esempio, nel caso in cui lo stipendio del manager sia legato all utile di breve periodo, questi tende a
rinunciare agli investimenti di lungo periodo per progetti di breve con un maggior utili di breve. Per far
coincidere gli interessi, gli azionisti possono porre in essere dei SISTEMI DI CONTROLLO, tra cui
l indebitamento. Infatti, il manager tende a soddisfare i propri interessi se il free cash flow risulta elevato,
in quanto ha elevata discrezionalità. Se l impresa si indebita, bisogna far fronte al servizio del debito e
quindi il free cash flow, e conseguentemente la discrezionalità, si riducono. Maggiore debito, minore free
cash flow (FCF) e minore discrezionalità.
A questo punto, esistono diverse teorie circa la STRUTTURA FINANZIARIA OTTIMALE:
1. Teoria di Modigliani-Miller senza imposte (1958) ( I e II proposizione)
2. Teoria di Modigliani-Miller con imposte (1963)
3. Teoria del trade-off (19709
4. Teoria del pecking order

LA TEORIA DI MODIGLIANI E MILLER SENZA IMPOSTE


È possibile immaginare la struttura finanziaria come una torta suddivisa in sezioni dove ogni sezione
rappresenta una fonte di finanziamento:

L impresa ha un suo valore (di mercato) dell attivo, uguale al valore del PN e al valore del debito:
valori
dell'impresa
V=PN+D valoredeldebito
del
valore PN
PN=V-D
IPOTESI DI VALIDITA DEL MODELLO:
• Mercati finanziari efficienti;
• Assenza di imposte (sia personali nel caso delle personal tax per chi riceve i dipendenti, sia corporate
tax);
• Assenza di costi di fallimento 8legati alla possibilità di fallire a causa dell indebitamento);
• L impresa si finanzia esclusivamente emettendo azioni o obbligazioni (emessa ad un tasso risk free);
• La politica di investimento è invariata nel tempo;
• Il rendimento del capitale proprio è soggetto a rischio operativo e finanaziario:
• Il costo dell intero capitale raccolto è dato dal WACC;
• Il management agisce nell interesse degli azionisti;
• L impresa è in grado di genrare cash flow all infinito;
• Non ci sono gestioni straordinarie/extra-caratteristiche;
• L utile viene interamente distribuito sotto forma di dividendo.

A) I° proposizione in assenza di imposte


In un mondo come quello descritto dalla ipotesi di base, definito “mondo alla modigliani-miller”, il valore
di un azienda è definito univocamente dagli impiegi realizzati al suo interno, ovvero dalle sclete compiute
in termini di investimenti e non è affatto influenzato dalle politiche di finanziamento adottate. Quindi,
confrontando, a parità di asset, il valore di un impresa indebitata con quello di un impresa meno
indebitata, si ha:
Vu=VL
Dove Vu= valore impresa unlevered (non indebitata), mentre Vl= valore impresa levered (indebitata).

Dimostrazione:
Si considerino 2 imprese, una indebitata e una non indebitata:
Vu=PNu VL= PNL+DL
Dove PNu= patrimonio netto unlevered.
Si consideri un investitore che ha, a seconda della sua propensione al rischio, le seguenti alternative:
• BASSA PROPENSIONE AL RISCHIO (δ2):
✓ Allternativa A) acquisto del 10% del capitale unlevered => 10% Vu
✓ Alternativa B) acquisto del 10% PN levered e 10% debito => 10% PNL + 10% DL.
• ALTA PROPENSIONE AL RISCHIO (δ2):
✓ Alternativa C) acquista 10% VL
✓ Alternativa D) SITUAZIONE DI ARBITRAGGIO: 10% Vu ma investe indebitandosi
Confronto tra la strategia a) e la strategia b) (bassa propensione al rischio)
Strategia a) = acquisto del 10% del capitale dell impresa unlevered
Strategia b) = acquisto del 10% del capitale
proprio e del capitale di debito dell impresa
levered

Se il rendimento è uguale, allora anche il valore delle due imprese deve essere uguale ( Vu=VL), perché se
VL>Vu tutti acquisteranno le quote che costano di meno (Vu) e quindi il prezzo delle stesse aumenterebbe
sino ad essere uguale a VL.

Confronto tra la strategia c) e la strategia d)


(elevata propensione al rischio)

Anche qui, se il rendimento è uguale, allora anche il valore delle due imprese deve essere uguale Vu=VL.

Esempio

DIMOSTRAZIONE ALTERNATIVA:
Se l impresa ha la capacità di produrre cash flow all infinito, è possibile calcolare il valore dell impresa con
la formula della rendita perpetua (quindi si calcola il valore attuale del FCF):
V =FCF/8 dove
• V è il valore attuale dell impresa,
• γ è il tasso di attualizzazione
• FCF fa riferimento alle disponibilità liquide per l impresa MA il FCF è al lordo della gestione finanziaria,
quindi è indipendente dalle politiche di finanziamento dell impresa. Infatti il FCF è calcolato su
RO/MON, ma deve essere depurato dalle componenti non monetarie:
RO
+ammortamenti
-imposte (costi che dovrà sostenere)
+/- variazione Capitale Circolante Netto Commerciale (CCNC) ( più cr , meno liquidità, meno deltaCCNC)
+/- disinvestimenti/investimenti (sottraggono liquidità)
FREE CASH FLOW (Flusso di cassa disponibile) Quindi, non ci sono oneri nanziari
(of) che vanno inseriti dopo e,
conseguentemente, le modalità di
nanziamento sono indifferenti

N.B il costo medio ponderato del capitale γ coincide con il WACC soltanto in ipotesi di assenza di imposte
[viene chiamato γ perché non vi è l effetto fiscale dato dalla deducibilità degli oneri finanziari, perché:
WACC
KD.pl Ks DPI dove KDRODIIt

mentre
fKD.pk Ks DPI dove KDROD
Quindiwacce possono
non se
coincidere nonvisonoleimposte

Quindi, in assenza di imposte, il valore dell impresa è indipendente rispetto al rapporto di indebitamento.
Ciò che crea valore, sia per le imprese levered che per le imprese unlevered, è l investimento.

ViVu

DIPN

B) II° proposizione in assenza di imposte


Il rendimento atteso del capitale azionario (ovvero, dal punto di vista dell impresa, il costo del capitale
azionario) Ks , è funzione diretta del livello di indebitamento assunto dall impresa nonostante il maggior
rischio finanziario che ne consegue:
6 KD.jp Ks DPI KSSAP 8KD

Il Ks dipende in modo diretto dall indebitamento: maggiore è l indebitamento e maggiore è il Ks perché


esiste un rischio finanziario che ricade sugli azionisti. Considerando che in assenza di imposte γ= WACC
allora:
KsWACC WACCKD

In un impresa unlevered D=0 e quindi il rendimento dell intero portafoglio è esattamente coincidente con il
rendimento del capitale azionario (γ= WACC= Ks).
Tale modello fu oggetto di numerose critiche a causa dell ipotesi di assenza delle imposte, per cui
Modigliani e Miller ne elaborarono un altro più adatto allo scopo

2 LA TEORIA DI MODIGLIANI È MILLER CON IMPOSTE


In tale teoria mantennero le ipotesi precedenti, ad eccezione dell assenza di imposte: supposero quindi
l esistenza delle sole imposte societarie (corporate tax, ovvero quelle che gravano sulle società). Gli effetti
che tale ipotesi ha portato, includono un altro soggetto, che insieme agli azionisti e agli obbligazionisti si
contende la ricchezza dell impresa, ovvero lo Stato:

D PN
Stato

In tal modo l obiettivo degli azionisti diviene quello di ridurre al minimo la porzione di ricchezza che spetta
allo stato sotto forma di imposte: a tal fine aumentarono il livello di indebitamento e conseguentemente
aumentano gli oneri finanziari (che sono fiscalmente deducibili) e si riduce il reddito ante imposte e le
imposte stesse. Per cui maggiore debito e quindi maggiori oneri finanziari, a cui corrisponde una riduzione
del reddito ante-imposte e dunque riduzione del carico fiscale

guanti
ma
L
s enza
imposte
sento

DIPN

Quindi, il valore di un impresa indebitata è maggiore del valore di un impresa non indebitata (Vu<VL), per
il vantaggio fiscale ottenuto dalla deducibilità degli oneri finanziari. Quindi il valore di un impresa
aumenta all aumentare del rapporto di indebitamente.
Per quantificare il maggior valore VL bisogna calcolare il valore attuale del beneficio fiscale BF:

Aparitàdiinvestimenti

Quindi, Modigliani e Miller, nella loro seconda teoria cambiano completamente il risultato perché
sostengono che attraverso il debito, l impresa crea valore e, conseguentemente, la struttura finanziaria ha
notevole importanza. Tra le ipotesi di tale modello, vi è quella della costanza degli investimenti (quindi non
ci sono nuovi investimenti o disinvestimenti), quindi in un ipotetico SP a valori di mercato, se l attivo/gli
asset restano costanti e l impresa vuole modificare il livello del debito, deve modificare conseguentemente
anche il PN affinché la loro somma resti invariata:

Se il management decide di aumentare il capitale proprio, il valore di PN subisce variazioni di segno


contrastante:
• cresce in seguito all emissione di nuove azioni (per un importo corrispondente al debito rimborsato),
• si riduce per il venir meno di una parte del vantaggio fiscale del debito.
Se il management decide di aumentare il debito il valore del capitale azionario (PN ):
• diminuisce per un importo corrispondente alla crescita del debito, impiegato per il riacquisto delle
azioni proprie;
• aumenta per effetto della presenza del vantaggio fiscale del debito

B) II proposizione con imposte (con cui si analizza l effetto dell indebitamento su Ks)
Nel 1° modello la remunerazione richiesta dagli azionisti aumenta all aumentare dell indebitamento:

Ks 8 OKD 1 t
nel primo modello potevamo scrivere γ=WACC solo perché si trattava di un modello senza imposte:
sapevamo che 6KD
Pp KSD'IPN
ma adesso con le imposte, WACC ≠ γ perché
WACC KD 1 t Pp Ks PIN
Riassumendo

minsenzaimposte
MMconimposte III
3 TEORIA DEL TRADE-OFF (È una teoria che parte da quella di Modigliani-Miller e vi aggiunge i
costi di fallimento.)
La teoria di Modigliani-Miller è stata criticata perché non considera i costi fi fallimento (infatti, se il debito è
alto, gli oneri finanziari aumentano e quindi vi è maggior rischio di non riuscire a far fronte al servizio del
debito). Secondo Modigliani e Miller il debito teoricamente può crescere senza limiti e arrivano persino ad
affermare che un impresa. per sfruttare al massimo il meccanismo della deducibilità degli oneri finanziari,
potrebbe essere comprata/finanziata solo da debito. Tutto ciò ha validità solo perché non venivano
considerati i costi di fallimento, i quali implicano che all aumentare del debito aumenti la probabilità di
fallimento. I sostenitori della teoria del trade-off ritengono che si, per effetto della deducibilità degli oneri
finanziari, il valore dell impresa aumenti, ma che un eccessivo indebitamento vada ad erodere il valore
stesso.
Note del grafico:
• VAcd= valore attuale dei costi di dissesto (distanza tra retta e curva del trade-off).
• La retta orizzontale esprime la teoria di MM in assenza di imposte.
• D/PN* è il valore dell indebitamento che massimizza il valore dell impresa e oltre il quale si riduce tale
valore.

Con tale teoria viene individuato un limite all indebitamento, oltre il quale il vantaggio fiscale verrebbe
eroso dai costi di fallimento. Si ha sempre:
VL>Vu dove VL= Vu+VABF-VACD dove VACD rappresenta il valore attuale dei costi del dissesto che vengono
stimati in quanto funzione del costo del dissesto e l probabilità che si verifichi tale costo.
Se VACD > VABF allora si ha una perdita di valore dell impresa.
È una delle teorie che attualmente viene maggiormente utilizzata, ma allora perché vi
sono aziende sottoindebitate e sovraindebitate?
Le aziende sottoindebitate (che si trovano a sinistra di D/PN*) possono esserlo per vari motivi:
• contenimento degli Oneri finananziari;
• mantenimento di margini di indebitamento (ovvero per una strategia che prevede un investimento da
effettuare);
• miglioramento del rating (che riducendo i tassi di interesse, riduce anche gli OF).
Per quanto riguarda le imprese sovraindebitate (che hanno un maggior pericolo di fallimento
reale, maggiori costi di fallimento, deterioramento dei rapporti con i finanziatori e peggioramento del
merito creditizio):
• nelle piccole imprese vi è la scelta obbligata del debito perché non possono emettere azioni;
• sempre nelle piccole imprese, gli imprenditori non vogliono aprire il loro patrimonio ad altri.

4 LA TEORIA DEL PECKING ORDER (o dell ORDINE DI SCELTA)


Tale teoria si prefigge l obiettivo di dare un ordine/fare una classifica delle fonti di finanziamento. Una
delle ipotesi fondamentali: esistenza di asimmetrie informative tra l impresa (ovvero i suoi azionisti) e il
mercato (ovvero i potenziali investitori): ciò significa che i primi hanno a disposizione più informazioni
rispetto ai secondi, i quali quindi non conoscono pienamente il valore dell impresa e il prezzo delle sue
azioni. Se l impresa emette nuove azioni, dovrà fissarne il prezzo, il quale, come presunto dal mercato, va
a vantaggio degli azionisti (quindi presumono che sia un prezzo più alto rispetto al valore reale). Per tale
ragione, decidono di non sottoscrivere le nuove azioni e conseguentemente l impresa avrà difficoltà nel
collocarle e sosterrà costi per l emissione in vallo. Sostanzialmente per l impresa è molto difficile emettere
azioni, per questo viene considerato come ultima modalità di finanziamento per l impresa stessa.
Ordine di scelta (secondo la versione tradizionale):
1. Autofinanziamento (politica dei dividendi)
2. Debito
3. Strumenti ibridi
4. Equity
Ma dopo i primi studi ci si è accorti che non tutte le imprese presentano quest ordine di scelta e per questo
si è allargato il pecking order e lo si è adattato alle specifiche circostanze.

Pecking order per le imprese che sfruttano nuove tecnologie:


1. Autofinanziamento
2. Equity
3. Debito
Esiste sempre un problema di asimmetria informativa, ma stavolta tra imprese e banche, le quali tenfono a
non finanziare le imprese innovative. Diversamente, l emissione di azioni diviene più semplice in quanto
possono intervenire ad esempio società di venture capital che sottoscrivono il capitale di aziende innovative,
le aiutano a crescere ed una volta ottenuti profitti, dismettono le loro partecipazioni.
Pecking order per le PMI:
1. Autofinanziamento+capitale conferito dall imprenditore
2. Debito
3. Equity
L equity è all ultimo posto per le difficoltà che hanno nell emettere azioni e per l indisponibilità
dell imprenditore ad aprire il capitale ad altri soggetti. Inoltre qui, ovviamente, gli strumenti ibridi non
hanno senso di esistere o si essere utilizzati.

Pecking order per le imprese che operano in MERCATI FINANZIARI EVOLUTI (esclusa UK):
1. Autofinanziamento
2. Equity
3. Debito
l equity è al secondo posto perché i mercati sono più efficienti e conseguentemente si riducono le
asimmetrie informative e le difficoltà nel collocamento delle azioni. Ma in realtà non è sempre così.

Pecking order per le imprese che operano in paesi con sistemi economici in fasi di transizione:
1. Autofinanziamento
2. Equity
3. Debito
L equity è al secondo posto perché ci sono moltissime imprese partecipate dallo Stato, il quale le sostiene
acquistando i loro titoli il cui collocamento diviene così semplice.

CICLO DI VITA DI UN IMPRESA INNOVATIVA:


1. Costituzione: capitale familiare+debiti
2. Rapida crescita: venture capital
3. Sviluppo: prima debiti e poi azioni
MODIFICAZIONI DELLA STRUTTURA FINANZIARIA
1. Manovra della leva finanziaria;
2. Grado di leva finanziaria
3. Grado di leva operativa

1) manovra della leva finanziaria:


si intende il complesso degli interventi diretti al controllo delle variazioni del grado di indebitamento al fine
di mantenerlo a livello ottimale in un quadro di massimizzazione della redditività (in pratica verificare in
che modo le scelte di indebitamento incidono sul livello di redditività dell impresa).
Occorre considerare: alternative di indebitamento, condizioni di equilibrio della SF, liquidità aziendale,
capacità di acquisire capitale, capacità di gestire il capitale, capacità di controllo.
RN = reddito della gestione caratteristica al netto degli oneri
finanziari e tributari
RO = utile operativo
K = capitale medio investito nella gestione caratteristica
ROI = saggio di remunerazione del capitale investito K RE
ROE = saggio di remunerazione del capitale proprio investito
OT = oneri tributari
PN = capitale proprio
ROD = saggio di interesse medio ponderato passivo D
OF = oneri finanziari OF = D• ROD = (K — PN) • ROD
t = aliquota d imposta

RN = RO – OF – OT
OT = (RO – OF)t
RN = RO – OF – (RO – OF)t
RN = (RO – OF)(1 – t)
Sapendo che:
RO = K •ROI
OF = D • ROD = (K — PN)•ROD
Sostituiamo e otteniamo:
RN = [(K • ROI) — (K — PN) • ROD] (1- t)
e dividendo entrambi i membri per il PN:
KHOI KIN ROD 11

ricordiamo che ROE= RN/PN e che K= PN - D si ha:


ROE DTPY.RO ROD at
ovvero
ROE PN.ROROI
YROD s t
cioè

FORMULA DELLA MANOVRA FINANZIARIA che esprime in che modo il livello di indebitamento incide sulla
redditività

Tale forma ricorda quella del costo del capitale azionario

atti
Si tratta un po' di una trasposizione della formula, ma in quella di Modigliani-Miller ritroviamo il rischio
che invece qui non c è. Qui analizziamo l impresa a dati contabili/di bilancio (Modigliano-Miller analizzano
l impresa a valore di mercato).
N.B. il ROE così determinato corrisponde al ROE indice calcolato con RN/PN solo se non vi è la gestione
straordinaria e extra-caratteristica.
1. ROI — ROD=EFFETTO LEVA SEMPLICE
2. (ROI-ROD)* D/PN = EFETTO LEVA PONDERATO
L effetto leva semplice, ROI — ROD, può assumere diversi valori:
• > 0 ROI > ROD (il capitale investito rende di più rispetto al costo del capitale stesso. Aumentando il
debito, la differenza positiva ROI-ROD viene amplificato, per cui il ROE aumenta in modo più che
proporzionale rispetto all aumento del debito. Quindi
conviene indebitarsi perché aumenta il ROE.

Nel breve periodo si suppone che ROI e ROD sono


indifferenti rispetto al rapporto di indebitamento, ma in
realtà ciò è valido fino ad un certo punto, in quanto
all aumentare del debito, aumenta il rischio e quindi il
costo del denaro (ROD).

•=0 ROI = ROD (ma si tratta di un caso molto poco pratico)

Quindi, non considerando l aliquota fiscale, si ha ROE=ROI e ,


conseguentemente, la triplici uguaglianza ROI=ROE=ROD

•<0 ROI < ROD la redditività degli investimenti è inferiore rispetto al costo del debito). Se dovesse
aumentare il debito, verrebbe amplificato l effetto negativo, rischiando così l erosione del capitale.
Dove il pallino rosso è detto “punto ipercritico”.
Quindi, se l effetto leva semplice è negativo, il ROE
diminuisce all aumentare del debito, ma non è detto che
sia negativo, perché per essere negativo deve trovarsi a
destra del punto ipercritico, ovvero il punto in cui il ROE=0
a
e quindi il ROI minimo oltre il quale un ulteriore aumento
del debito comporterebbe un ROE<0 è dato da:
L’EFFETTO PARATASSE:

Problema: ROD= OF/D Ma mentre gli OF sono solo quelli espliciti (perché quelli impliciti non figurano nel
conto economico, ad esempio sconto per pagamento immediato), i debiti comprendono sia quelli finanziari
per cui si pagano oneri espliciti, sia le passività spontanee in generale come ad esempio i debiti verso
fornitori. Quindi si può riscrivere la formula del ROD.

Quindi c'è un problema di compatibilità tra numeratore e denominatore e quindi per una maggiore
correttezza nel calcolo si deve modificare la formula:

ROI cheinassenzadiimposteealtre
sappiamo q uestioni

Roerntcresp e KDrinDormPN
Quindi r isolverela
possiamo del
formula roi

Anche qui c è un problema di corrispondenza tra numeratore e denominatore, in quanto le passività


spontanee non trovano la loro remunerazione al numeratore, e quindi modifichiamo la formula in:

Per manovra della leva operativa si intende l'azione volta all'incremento degli utili di gestione mediante
l'ampliamento della produzione e degli investimenti (aumento degli oneri finanziari). Essa deriva dalla
BEA (ricordando che il BEP è il punto in cui CostiTot=RicavTot). Insomma il grado di leva operativa si
riferisce agli effetti prodotti sul reddito operativo dalla composizione della struttura dei costi (CF e CV).

Il grado di leva operativa misura la variazione percentuale del reddito operativo rispetto ad una variazione
percentuale delle quantità prodotte e vendute.

Un aumento degli oneri finanziari comporta un aumento del grado di leva operativa GLO. Se il GLO
aumenta, aumenta l'angolo formato dall'incrocio tra i costi totali e i ricavi totali, per cui in caso di utili,
questi si accentuano, e lo stesso vale per le perdite. Dunque tutto ciò incide sul reddito operativo!

GRADO DI LEVA FINANZIARIA


Il grado di leva finanziaria misura l'effetto prodotto da variazioni del reddito operativo su variazioni del
reddito netto:

Quindiilgradodileva
operativa610
S
eingradodileva F
i E I impose
f inanziaria

Quindi totaleè
leva
l'effetto dato da
E E EI CEI

Esercitazione (MM senza imposte)

v8200.000 10.000

e
impresa D omin reti
o wacc
impresa io

iii morese
v E 2 9 0 20.000.000perentrambi
perchéil nonarrendedalla
valore struttura
f inanziaria

novu 2.000.000 perchénon


c'èdebito
n vi Di 10.000.000

Ksu Ks

s cosad1 16

waccu wa.ci
waccuso
waccea04 0.16 soi

che
supponendo vosominoni evi 21 talivalorisianoinequinozio
minorisipuòsostenereche
OperchéseainvestimentiproduconooneFarugualidevonoavereancheunostessovalore perchétutticomprerebberotitoliunieveredchecontiene dimenoerendonodipiùQuindi
aumentoladomandae conseguentemente ilp rezzosino adeguagliarequellodeititolidell'impresaleverea
AUTOFINANZIAMENTO
Capacità dell'impresa di provvedere in maniera autonoma alla copertura di una parte del fabbisogno
generato dalla gestione. Si tratta dell'unica fonte interna di finanziamento e, secondo la teoria del peCking
order, dovrebbe essere quella preferita da tutte le imprese, perché non si sostengono costi derivanti dal
finanziamento di altri soggetti (dividendi e interessi passivi).
L'autofinanziamento presenta due profili:
1. Profilo patrimoniale (infatti rappresenta l'accrescimento netto di risorse a disposizione dell'impresa, in
quanto aumentando le risorse, aumenta il patrimonio netto e conseguentemente il valore dell'impresa);
2. profilo finanziario (maggiore è l'autofinanziamento e minore è la dipendenza da altre fonti di
finanziamento, Comportando un risvolto dal punto di vista economico in quanto si riducono gli oneri
finanziari e si riduce anche il rischio),
Però, è da ricordare che non si può ricorrere solo all'autofinanziamento perché altrimenti in questo modo
non si potrebbe favorire la crescita.
L'autofinanziamento può essere inteso in due sensi:
1. Autofinanziamento in senso stretto/capitale auto generato: è costituito dagli
utili netti non distribuiti o risparmiati (fondamentale qui è la politica dei dividendi). Si tratta del capitale
che l'impresa è in grado di generare in modo autonomo;
2. Autofinanziamento in senso allargato/autofinanziamento netto residuale
allargato: è costituito dagli utili netti non distribuiti o risparmiati e dal capitale rigenerato, ovvero le
quote di ammortamenti e di accantonamenti dell'esercizio, poiché si tratta di costi non monetari a cui
quindi non corrisponde un'uscita finanziaria e vengono considerati come risorse risparmiate.
Alcuni studiosi non vogliono includere nell autofinanziamento gli accantonamenti per i quali potrebbe
verificarsi o in uscita ma non si sa né se né quando. Mentre ad esempio per il TFR è certo che si verificherà
un'uscita ma non si sa quando, Diversamente dagli ammortamenti che invece non avranno mai espressione
finanziaria.
La determinazione dell'autofinanziamento può avvenire con due modalità:
• Metodo analitico: è il più semplice perché considero in modo analitico tutte le voci
dell'autofinanziamento
(AF in senso stretto: Unr (utili netti risparmiati);
(AF in senso allargato: Unr +AMM+ACC);
Vb ma tale metodo può essere utilizzato quando si conoscono dettagliatamente le singole voci
• metodo globale: calcola l'autofinanziamento in via differenziale
AF = ΔINV – ΔIND – CC + RC
CC = conferimenti di capitale
RC = rimborsi di capitale
Esempio: se il K è passato da 1000 nell'anno n, a 1300 nell'anno n +1. Per finanziare tale variazione si
può scegliere tra tre fonti: autofinanziamento, debito e capitale sociale. Quindi, per ottenere
l'autofinanziamento si sottrae a delta investimento le altre due fonti utilizzate: 150 debiti e 100 di
aumento di capitale:
AF=300-150-100=50
In quale modo l'autofinanziamento influisce sul livello di sviluppo dell'impresa? Si può
verificare con il tasso di sviluppo globalmente sostenibile “g” oppure con il tasso di sviluppo internamente
sostenibile Internamente sostenibile”gi”.
Il tasso di sviluppo globalmente sostenibile vuole individuare il contributo delle diverse fonti alla crescita
dell'impresa. La variazione percentuale del capitale investito deltaK/K può essere scissa in funzione delle
diverse componenti ponderate per il rapporto di indebitamento

Il tasso di sviluppo internamente sostenibile è invece generato solo finanziamento in senso stretto, ed è
quindi dato da:
Quindi vi è funzione diretta della quota di
utili reinvestita e della redditività del PN
RROE
segnalato dal ROE

Due economisti, Lohman-Ruchti, hanno elaborato un modello in cui gli ammortamenti, essendo costi non
monetari, possono influire sullo sviluppo dell'impresa. Infatti essi dimostrano che solo attraverso la politica
di ammortamento l'impresa riesce ad autofinanziarsi e quindi a svilupparsi evitando o limitando il ricorso a
fonti esterne. Le ipotesi di base di tale modello sono:
• Impianti acquisiti in blocco in un unica data;
• stabilità dei prezzi nell'intero periodo considerato;
• politica di ammortamento a quote costanti;
• conseguimento di utili e ricavi sufficienti a garantire la copertura delle quote di ammortamento;
• possibilità di espansione della capacità produttiva.
Le critiche a tale teoria si basano sul concetto secondo il quale le capacità dell'ammortamento di contribuire
allo sviluppo dipendono dall'applicazione di quote di ammortamento elevate. Infatti, se ad esempio
l'ammortamento è di 10 ma l'effettivo logorio fisico ed economico è di 8, solo la parte in eccesso cioè 2 può
finanziare lo sviluppo.
L'autofinanziamento è strettamente correlato alla politica dei dividendi. La politica dei dividendi è una
strategia finalizzata ad individuare i tempi, le modalità e soprattutto l'entità degli utili da offrire agli
azionisti e conseguentemente la porzione di utili da risparmiare e reinvestire nell'impresa (bisogna
considerare sia le esigenze dell'impresa di autofinanziamento ma anche quelle degli azionisti ad ottenere
una remunerazione). Esistono due tipologie di azionisti:
1. Di breve periodo: vogliono una remunerazione immediata e quindi un dividendo più consistente;
2. di lungo periodo: preferisco non rinunciare al dividendo per aumentare l'autofinanziamento, favorire la
crescita e lo sviluppo dell'impresa che comporta un maggior valore della partecipazione.
Se tutti gli azionisti fossero di lungo periodo allora il problema della politica dei dividendi sarebbe
inesistente. Nelle imprese individuali generalmente si fa ampiamente ricorso all'autofinanziamento mentre
nelle grandi imprese i piccoli azionisti mirano ad una remunerazione immediata.
La distribuzione dei dividendi si articola in diverse fasi:
1. Data di annuncio del dividendo : la società comunica al mercato il dividendo che verrà distribuito ed è in
questa data che sorge il debito della società per il pagamento dei dividendi;
2. data di registrazione: si verifica chi è il titolare dell'azione per poterlo pagare;
3. data ex dividend: data a partire dalla quale formalmente si ha lo stacco della cedola dal titolo. A livello
di quotazione, sino a quel momento i titoli hanno avuto una quotazione comprensiva del dividendo (titolo
com dividend), ma con lo stacco della cedola la quotazione del titolo diviene non comprensiva del
dividendo (titolo ex dividend). Quindi ovviamente il valore CUM> EX e se il mercato fosse perfettamente
efficiente la differenza fra le due quotazioni sarebbe esattamente pari al dividendo;
4. data di pagamento: in cui si ha l'uscita finanziaria per l'impresa.

Generalmente il dividendo è collegato alla fase del ciclo di vita dell'impresa:


• Nella fase di avvio gli utili sono pochi o vi sono addirittura perdite, quindi il dividendo è molto basso;
• Nella fase di sviluppo gli utili iniziano a crescere ma l'impresa li reinveste perché ha bisogno di
autofinanziarsi;
•Nella fase di maturità l'impresa non ha più esigenze di crescita, quindi si hanno dei dividendi più elevati.
Indicatori della politica dei dividendi sono:
• Il rapporto di pay-out d=DIV/U
• il tasso di crescita dei dividendi g= b*ROE
• il dividend yield dy= DIV/P (per l'azionista costituisce alla remunerazione in termini di dividendo per
il prezzo pagato)
Esistono diverse teorie sulla politica dei dividendi:
1. Teoria di Modigliani e Miller sull irrilevanza dei dividendi;
2. la politica dei dividendi in presenza di imposte;
3. l'impostazione tradizionale;
4. la teoria dei segnali;
5. il modello di Walter.

TEORIA DELL’IRRILEVANZA DEI DIVIDENDI DI MODIGLIANI-MILLER


Modigliani e Miller, quando hanno elaborato il primo modello senza imposte, hanno cercato di capire se la
politica dei dividendi può creare valore, in sostanza si sono posti la domanda: conviene più autofinanziarsi
o distribuire utili?
Le ipotesi di base sono le stesse del loro primo modello, e le loro conclusioni sono le seguenti: il valore
dell'impresa è determinato solo dalla politica di investimento ed è neutrale rispetto alla politica dei
dividendi. Infatti, in un mercato efficiente, due imprese con la stessa identica combinazione di attività
hanno lo stesso valore di mercato (corrispondente a quello effettivo) indipendentemente dalla politica dei
dividendi perseguita.
Dimostrazione: se l'impresa annuncia di voler aumentare il livello dei dividendi, gli azionisti ottengono un
vantaggio immediato pari all'entità del dividendo ricevuto, ma al tempo stesso il prezzo delle azioni è
minore del precedente per l'avvenuto stock del dividendo. In un mercato efficiente la riduzione del valore è
pari al maggior dividendo, quindi il vantaggio immediato rappresentato dal maggior dividendo viene
compensato dalla perdita di valore della partecipazione.

TEORIA DELLA POLITICA DEI DIVIDENDI IN PRESENZA DI IMPOSTE


Miller, in un secondo momento, ha introdotto nel modello la presenza di imposte ma solo quelle personali
(personal tax) che gravano sui soggetti che percepiscono i dividendi, ovvero sugli azionisti. Dal punto di
vista dell'azionista, la scelta tra autofinanziamento e distribuzione degli utili si sostituiva in una scelta tra
dividendi(Remunerazione immediata) e capital gain(remunerazione futura dovuta all'aumento di valore
grazie all'autofinanziamento)(capital gain=P rendita-P acquisto)
• Se l'aliquota d'imposta sul dividendo è maggiore di quella sul capital gain, allora l'azionista preferisce il
capital gain e quindi l'autofinanziamento.

t dividendo > t capital gain AF (capital gain)

• Se invece dovesse essere il contrario, sarebbe preferito il dividendo:

t dividendo < t capital gain dividendo

• Sei il livello della tassazione dovesse essere uguale, gli azionisti preferirebbero ugualmente il capital
gain perché il valore attuale di tale imposta sarebbe inferiore rispetto al valore delle imposte sui dividendi.

t dividendo= t capital gail AF (capital gain)

IMPOSTAZIONE TRADIZIONALE
Si tratta di una teoria precedente alle altre due, in quanto elaborata da Grahan e Dodd negli anni 60. Essi
hanno analizzato il problema della scelta tra autofinanziamento e distribuzione di utili, giungendo alla
conclusione che un aumento dei dividendi determina una crescita del valore dell'impresa, e quindi una
crescita delle quotazioni. Sono giunti a tale conclusione analizzando le evidenze empiriche, in quanto ad
una crescita dei dividendi corrisponde un aumento del valore dell'impresa, in quanto il mercato la associa
ad una maggiore stabilità e conseguentemente aumenta la domanda di titoli e il prezzo.

TEORIA DEI SEGNALI


la teoria dei segnali è basata sull impostazione tradizionale, ritiene che il dividendo sia uno strumento di
comunicazione tra impresa e mercato. In quest'ottica, un aumento dei dividendi comunica/segnala al
mercato un aumento della stabilità finanziaria che si traduce in un aumento del valore dell'impresa e
quindi del prezzo delle azioni. Quindi secondo tale teoria conviene distribuire dividendi sempre crescenti. Il
problema è capire se l'impresa sarà in grado di sostenere la nuova Politica dei dividendi: ad esempio se
l'impresa nel corso degli anni ha distribuito utili per 10, 13, 15, 18, 20 il mercato si abitua al trend
crescente degli utili distribuiti, per cui nel momento in cui non dovesse riuscire a mantenere lo stesso
andamento, il mercato reagisce negativamente, l'offerta dei titoli aumenterebbe e il prezzo scenderebbe.

MODELLO DI WALTER
Con tale modello, l'attenzione viene nuovamente posta all'interno dell'impresa, la quale, nella scelta della
politica dei dividendi, La discriminante è la redditività degli utili reinvestiti nell'impresa. L'impresa crea
valore con l'autofinanziamento solo alla condizione che tali utili vengono reinvestiti ad una tassa superiore
rispetto alla redditività di investimenti alternativi.
r= tasso di rendimento degli utili investiti
i= tasso di capitalizzazione del mercato(o di rendimento di investimenti alternativi con lo stesso livello di
rischio)
Se r > i = Allora conviene l'autofinanziamento; Se r < i = allora conviene distribuire i dividendi.
Inoltre con tale teoria, viene espresso il valore/prezzo di un titolo azionario, il quale dipende dal valore
attuale dei flussi generati dall'attività finanziaria: se r=i

Dove EPS= earning share (utile unitario che spetta ad una sola azione) (UN/n°azioni)
Dove EPS-D= autofinanziamento unitario

• Se r>i allora (r/i)>1, quindi la differenza EPS-Div viene amplificata. Per avere un effetto positivo

sul prezzo, conviene quindi cercare di aumentare al massimo tale differenza, e quindi conviene
l'autofinanziamento;

• Se r<i allora la differenza EPS-DIV Viene compressa e conseguentemente, per aumentare P, conviene

ridurre l'autofinanziamento e distribuire più dividendi.

• Se r=i allora r/i=1 e quindi P= (Div-EPS-Div)/i = EPS/i


Il dividendo non è l'unica modalità di distribuzione degli utili, ma esiste anche il Stock Dividend, ovvero la
distribuzione di utili sotto forma di azioni, mediante un aumento di CS gratuito e l'utilizzo di riserve
disponibili:

A D 1300
es

mutazione

In tal modo aumenta il numero di azioni, aumentano i dividendi, si ha una riduzione del valore contabile
delle azioni (il cosiddetto book value= PN/n°azioni) perché il PN resta invariato mentre il capitale sociale
aumenta. Il problema è che una riduzione del book value genera un indebolimento della struttura
patrimoniale, in quanto: ad uno stesso patrimonio netto corrispondono più azioni, ad un aumento del
capitale sociale non corrisponde un aumento delle risorse e quindi non possono essere effettuati nuovi
investimenti, il numero di azioni aumenta ma le risorse non sono cambiate e l'utile è rimasto invariato
quindi l EPS=utile/n°azioni si riduce (quindi se l'impresa opera in una logica di stabilizzazione dei
dividendi dovrà effettuare maggiori sforzi per remunerare gli azionisti). In sostanza si tratta di
un'operazione possibile solo per imprese molto solide dal punto di vista finanziario. Collegato a tutto ciò è
il meccanismo di frazionamento delle azioni, generalmente realizzato per motivi di natura contabile e per
la volontà di ridurre il prezzo delle azioni, attraverso un aumento del numero di azioni e una riduzione del
loro valore nominale.

CAPITALE INVESTITO
La finanza aziendale individua dei criteri per la costituzione dell attivo:
• CRITERI DI SELEZIONE DEL CAPITALE IMMOBILIZZATO;
• CRITERI DI SELEZIONE DEL CAPITALE CIRCOLANTE articolato in scorte, crediti, liquidità.

CRITERIO DI SELEZIONE DEL CAPITALE IMMOBILIZZATO

Aiutano nella scelta delle immobilizzazioni all'interno dell'impresa e rientrano nella logica del capital
BUDGETING (ovvero la selezione degli investimenti in immobilizzazionI che sono i più complicati in quanto
partecipano alla vita dell'impresa per più esercizi, dando luogo a flussi di cassa per un periodo di tempo
lungo). Alla base del capital budgeting vi è il concetto per cui il valore aggiunto di un'attività/investimento
(di qualunque tipo) è dato dai flussi di cassa generati dallo stesso.
Infatti, un'immobilizzazione, produce una serie di flussi di cassa generalmente negativi all'inizio (poiché vi
sono degli esborsi) che poi diventano positivi.

Esistono tre tipologie di investimenti in capitale immobilizzato:


1. Investimenti alternativi: in cui vi è un confronto tra due o più opzioni l'una alternativa
all'altra;
2. investimenti concorrenti: quando si tratta di investimenti con diverse finalità ma l'impresa non
ha a disposizione le risorse per effettuarli entrambi. Ad esempio ampliare la produzione di una linea di
abbigliamento o finanziare una nuova linea di accessori
3. investimenti vincolati: ovvero investimenti che una volta realizzati impongono successivamente
ulteriori investimenti. Ad esempio l'impresa acquista nuovi impianti per raddoppiare la produzione e quindi
entro un certo periodo di tempo dovrà anche rafforzare la rete distributiva.
La valutazione dell'adeguatezza dei criteri di selezione avviene sulla base del rispetto di una serie di
requisiti:
• Deve considerare tutti i flussi di cassa generati dall'investimento;
• i flussi di gas devono essere sottoposti ad una procedura di attualizzazione per renderli
finanziariamente omogenei;
• l'applicazione del criterio deve permettere di scegliere il progetto di investimento che massimizza il
valore dell'impresa;
• deve rispettare il principio di additività, secondo il quale ogni investimento deve poter essere valutato in
modo autonomo rispetto agli altri, per cui il valore complessivo di tutti gli investimenti deve essere uguale
alla sommatoria dei singoli valori.

Il valore attuale di un investimento, ovvero il valore che hanno oggi tutti i flussi di cassa generati in futuro,
è dato da:

seilflussoèunosolo

seiFlussi piùdiuno
sono

1. Il primo criterio di valutazione degli investimenti è il VAN (valore attuale netto) o NPV (net present
value) e determina il valore di un progetto di investimento in funzione dei flussi di cassa generati dal
progetto stesso, opportunamente attualizzati:

I flussi in entrata partono da t=1 mentre quelli in uscita da t=0 perché generalmente i flussi in uscita
precedono quelli in entrata. Inoltre, mentre i flussi di recupero sono sempre dilazionati nel tempo, è
possibile che quella in uscita si verifichino tutti in un'unica soluzione al tempo 0, per cui non è necessario
attualizzarli

I flussi di Cassa di recupero sono la ricchezza generata dall'investimento e sono dati da:

FCR= utile netto(generato dall'investimento)+ ammortamento (costi non monetari)+OF


Graficamente, la relazione tra Van e tasso di attualizzazione è:
Ovviamente bisogna scegliere il progetto di investimento
che presenta il Van più alto perché è quello
maggiormente redditivo.
Inoltre, per scelta del tasso di attualizzazione, bisogna
sapere la modalità con cui si decide di finanziare
l'investimento:

• Se aumento il capitale proprio i capm (Individuato con il capm che indica la misura del costo del

capitale azionario). ICAPM IF im EF Bi

• Se accendere il debito ---- > Kd (ovvero il costo del debito, ad esempio il ROD al netto dell effetto fiscale
dato dalla deducibilità degli OF): KD ROD 1 t 0,5 1 t
[Ma volendo può anche essere usato il tasso applicato dalla banca a seguito di una valutazione e
assegnazione del rating, che esprime il costo del capitale che tiene anche conto del rischio.]

•Se il progetto è finanziato sia con capitale proprio sia con debito------ > iwacc (ovvero il costo medio
ponderato del capitale): iWACC KD 1 t
E
I p ED
Un'altro tipo di attualizzazione utilizzabile è il ROI= RO/K. Perché il roi misura la
redditività degli investimenti attuali all'interno dell'impresa. Infatti nella valutazione di un nuovo
investimento per sceglierlo è necessario che abbia una redditività superiore rispetto alla redditività degli
investimenti attuali. Quindi viene posto il roi come fattore discriminante: l'investimento viene realizzato
solo se ha una redditività superiore al roi. Limite: diversamente da i wacc, il Roy non tiene conto del rischio.
Il Van è il criterio di valutazione superiore in assoluto perché rispetta a tutti i requisiti. Esiste una variante
del wan chiamata profitability Index che permette di esprimerlo in termini percentuali:

2. TIR (TASSO INTERNO DI RENDIMENTO) o IRR (INTERNAL RATE OF RETURN)


È il tasso che garantisce l'uguaglianza tra i flussi in entrata attualizzati e i flussi d'uscita anch'essi
eventualmente attualizzati, ovvero è il tasso di attualizzazione che rende netto il Van:

VAN O
È ELIE È It percui l'incognita èiltassoi

• Se TIR >i allora VAN>0 quindi l'investimento


consente di realizzare un rendimento superiore al
3m costo del finanziamento

MAMMA • Se TIR <i allora VAN<0 allora l'investimento rende


meno rispetto al costo del denaro.

[Si parla di tasso interno perché esprime in termini percentuali la redditività del progetto di investimento.]

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