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ERACLITO

I GRECI D’ORIENTE

Quali categorie di pensiero sono state tematizzate dai “Greci d’Oriente” (come Hegel chiama i filosofi della Ionia)?

1. Talete ha tematizzato la categoria dell’unità;


2. Anassimandro e Anassimene hanno tematizzato il percorso dall’unità alla molteplicità;
3. Eraclito tematizza la molteplicità, sempre, però, in stretta relazione con l’unità, focalizzandosi sull’arché
come legge.

VITA E OPERA PP. 26-27 MANUALE

Eraclito è contemporaneo di Parmenide, il filosofo dell’essere, ma lo precede almeno nella storia delle idee, se è vero
che un frammento di Parmenide, pur non facendo esplicitamente il nome dell’efesio, contiene una polemica contro
di lui in quanto filosofo del divenire, divenire che, tuttavia, come vedremo, non è il nucleo più profondo della sua
riflessione.

IL LOGOS

Punto di partenza della filosofia di Eraclito è l’uomo: in che senso? Come i filosofi precedenti, anch’egli si interroga
sulle leggi della natura, ma l’uomo, per la prima volta, è tematizzato come l’elemento determinante di questa
ricerca→ ambito gnoseologico.

In stretta relazione con la tematizzazione dell’uomo come indagatore della realtà, Eraclito introduce concetti e
distinzioni fondamentali per lo sviluppo del pensiero filosofico occidentale successivo.

1. Il concetto di logos, termine che assume vari significati. È:


a) legge generale unitaria del cosmo, la quale esprime l’unità, l’armonia, l’ordine, i legami che
sottostanno all’apparente molteplicità;
b) la ragione umana (“il pensiero che a tutti è comune”) (*) che rispecchia il logos nel senso 1, lo
comprende e lo spiega;
c) il linguaggio, il discorso, la parola del filosofo che esprime il 2, manifestando l’1.

(*) Il logos, dice Eraclito, è disponibile all’ascolto di tutti. Tutti possono, purché lo vogliano, uscire dal
sonno della ragione e dialogare tra loro alla ricerca del vero.

La stretta connessione tra realtà (a), ragione dell’uomo (b) e parola (c) è, a parere di molti studiosi, il tratto
caratteristico della cultura greco-arcaica. Se per i primi filosofi che abbiamo trattato, tuttavia, questo
nesso era implicito, Eraclito lo tematizza per primo (in particolare il rapporto tra “a” – l’oggetto della
conoscenza - e “b” – il soggetto della conoscenza), ponendo esplicitamente il problema della gnoseologia.

2. La distinzione tra conoscenza sensibile, che resta dispersa nella molteplicità, e la superiore conoscenza
razionale, che coglie il logos.

Vediamo come “1” e “2” operano nella polemica che Eraclito conduce contro la grande massa degli uomini, che egli
divide in desti e dormienti.

DESTI E DORMIENTI

DORMIENTI: CHI SONO DESTI: CHI SONO


1. La maggior parte degli uomini, che si ferma a Coloro che, pur partendo dalla conoscenza sensibile, se
livello della conoscenza sensibile, (dei ne staccano per ricercare, nell’interiorità della
fenomeni, delle apparenze), la quale ci mostra riflessione razionale (significato “b” di logos), la legge
una molteplicità di cose semplicemente universale che governa eternamente la totalità del
diverse, irrelate tra loro. Questi uomini vivono mondo (significato “a” di logos), per poi manifestarla
come in un sogno, ognuno con le proprie attraverso il linguaggio (significato “c” di logos).
opinioni personali, private, “trastulli di bimbi”
(doxai), perché non vogliono ascoltare il logos,
che pure si offre all’ascolto di tutti, e I desti (i filosofi) si sollevano, così, dal particolare alla
preferiscono vegetare nel torpore della propria totalità, dal transeunte all’eterno.
ignoranza (Eraclito manifesta una profonda Eraclito per la prima volta distingue chiaramente la
avversione per il demos). filosofia, che vede l’intero, dal sapere particolare delle
2. I sapienti, che sanno molto, la cui polymathia varie scienze.
(“sapienza molteplice”: pare si riferisse a
Pitagora) è fatta di conoscenze svariate, ma
parziali, che impediscono loro di cogliere la
verità che sta nell’unitaria connessione di ogni
cosa. Sono tracotanti che pretendono di
possedere la verità senza tener conto del tutto.

IL LOGOS: LA LEGGE DELL’UNITÀ DEI CONTRARI

Qual è, dunque, il logos di cui il filosofo si fa banditore?

Eraclito filosofo del divenire?

Per secoli, a partire da Platone e da Aristotele, Eraclito è stato considerato il filosofo dell’eterno divenire delle cose,
del panta rei, “tutto scorre” (espressione che non si trova nei suoi frammenti). E certamente la realtà appare
all’efesio in continuo divenire, in continua trasformazione, come in alcuni famosi frammenti (Manuale pag. 35):

“Non ci si bagna mai due volte nello stesso fiume”, “Acque sempre diverse scorrono per coloro che si immergono negli
stessi fiumi”, “Noi stessi siamo e non siamo”.

Il senso di questi frammenti è chiaro: il fiume, pur essendo sempre lo stesso, è costituito da acque sempre nuove e
diverse che sopraggiungono e si dileguano; noi siamo e non siamo perché, per essere ciò che siamo in un determinato
momento, dobbiamo non essere più ciò che eravamo nel precedente momento.

Tuttavia, sebbene Eraclito tenga lo sguardo fisso sul divenire, egli (in linea con la filosofia della physis) intende
rinvenire una legge del reale che tenga insieme, interconnetta le cose. L’originaria esperienza dell’essere dei Greci
non conosce il mondo come fatto di cose separate, isolate, ma di cose in relazione tra loro: l’essere è originariamente
di natura relazionale.

La legge dell’unità dei contrari

Per comprendere, dunque, qual è il principio unico che lega insieme le cose, bisogna ripartire dalla sua visione del
mondo.

Per il filosofo la vita è costitutivamente contrasto, tensione.

“Il conflitto – polemos - è padre di tutte le cose”

Chiamare il conflitto “padre” significa ritenere che esso generi le cose. Come va concepito questo conflitto perché non
sia distruttivo, ma stringa in unità il reale? A questo fine Eraclito sviluppa fino alle estreme conseguenze la
concezione tipica del pensiero polare delle origini (di cui abbiamo parlato a proposito di Anassimandro), ritenendo
che il mondo in generale sia strutturato in coppie di contrari, che sono dei diversi “speciali”: ogni contrario è sé stesso
solo in relazione logica con il suo contrario.

I contrari, infatti, solo apparentemente si combattono per annullarsi a vicenda: in realtà l’annullamento dell’uno
condurrebbe anche all’annullamento dell’altro. Lottano tra loro, ma nello stesso tempo non possono stare l’uno senza
l’altro: ciascuno dei due, pur essendo limitato e avversato dal polo contrario, trova in quest'ultimo anche la sua
ragion d'essere e il suo fondamento costitutivo. Se il giorno, ad esempio, riuscisse a eliminare definitivamente la
notte, non potremmo dire che d’ora in avanti c’è solo il giorno, perché avremmo invece qualcosa che non è né giorno
né notte; capiamo cos’è il giorno proprio e soltanto cogliendo la sua differenza con la notte.

Per Eraclito, dunque, ciascun contrario di una coppia di contrari non può esistere (piano della realtà) né essere
compreso (piano della conoscenza) isolatamente, ma solo in relazione al suo opposto. I contrari sono l’uno
complementare all’altro, aspetti opposti sì, ma di una medesima realtà, poiché solo dal reciproco rapporto ognuno di
essi può acquistare esistenza e significato.
I contrari, perciò, non compromettono l’unità, ma realizzano l’unità: l’unità è unità di contrari, i contrari sono tali
nell’unità che li lega insieme.
Il logos come razionalità profonda, intima del cosmo, come principio (arché) che unifica, armonizza e ordina il reale,
è, perciò, la legge dell’unità dei contrari (ripetiamo, che “genera” la realtà: “padre”). L’identità di ogni cosa, ciò per
cui essa è quella che è, è il suo guerreggiare con il proprio opposto: vita/ morte, sonno/ veglia, giovane/ vecchio,
giorno/ notte, salute/ malattia, caldo/freddo, umido/ secco, guerra/ pace, inverno/ estate, bene/ male, abbondanza/
carestia, fame/sazietà…

Tant’è che Eraclito si scaglia contro Omero, che aveva detto: “Possa la discordia sparire tra gli dei e gli uomini”. A
Omero Eraclito obietta: “Omero non si accorge che egli prega per la distruzione dell’universo, perché, se la sua preghiera
fosse esaudita, tutte le cose perirebbero;”

Ecco il logos che i dormienti non comprendono, pensando di scindere la vita dalla morte, la giovinezza dalla
vecchiaia, la salute dalla malattia, il bene dal male, la felicità dal dolore.

Non lo comprendono perché si tratta di un’armonia che non appare immediatamente ai sensi: la natura ama
nascondersi, dice Eraclito, così tale armonia, che è il senso della lotta, non compare a prima vista. Suprema
saggezza, quella dei desti, è sollevarsi a una visione complessiva della realtà, così da avvertire questa profonda
concordia dell’essere, che si attua mediante la tensione dialettica degli opposti.

Anassimandro riteneva che il molteplice compisse un’ingiustizia staccandosi dall’unità, ingiustizia che veniva sanata
dal suo ritorno in seno all’unità.
Per Eraclito è la giustizia si realizza nell’unità conflittuale.

L’INTERA REALTÀ INTERPRETATA ALLA LUCE DEI CONTRARI

Sebbene gli esempi sopra riportati siano riferiti a coppie di contrari che trapassano l’uno nell’altro (attraverso i
gradi intermedi e a volte in maniera irreversibile – giovinezza/vecchiaia, a volte in maniera reversibile, ciclica –
caldo/freddo), quando Eraclito parla del conflitto come “padre di tutte le cose” vuole dire che tutta la realtà molteplice
è lotta e opposizione e che la sua armonia risiede proprio in questo equilibrio dinamico complessivo, senza il quale
nulla esisterebbe.

Perché il filosofo pone l’accento sui fenomeni del divenire? Probabilmente perché gli consentono di mostrare nel
modo più chiaro la sua dottrina, secondo cui “tutto è uno”.

Il divenire, infatti, è spiegato con il passaggio di un contrario nell’altro, in successione, di un’unica cosa: per esempio,
il giovane diventa vecchio secondo un ciclo cui presiede il tempo.

Ma anche nel fenomeno che a prima vista appare statico, in quiete, in realtà l’equilibrio è il risultato di forze e
tensioni opposte→ in questo caso i contrari sono presenti contemporaneamente nello stesso oggetto. Eraclito propone
l’esempio dell’arco: la corda incurva il legno e tende a spezzarlo, il legno tiene tesa la corda esercitando una forza
che spinge verso la sua rottura. In questo caso l’unità è realizzata secondo un’accezione diversa dal caso precedente
(divenire), perché i contrari restano due.

C’è un terzo senso in cui Eraclito parla di unità degli opposti. La medesima cosa, considerata da punti di vista
differenti, presenta significati opposti: “Il mare è l’acqua più pura e più impura: per i pesci è potabile e conserva per loro
la vita, per gli uomini essa è imbevibile ed esiziale.” “Una e la stessa è la via all’in su e la via all’in giù.”

Infine, ogni cosa è stessa anche in quanto “non è l’altro da sé”: l’identità si definisce anche in relazione alla
diversità.

Ribadiamo: la necessaria relazione tra i contrari per Eraclito non è una semplice legge logica, ma la struttura intima
della realtà, la sua natura, la sua physis. Egli non dice “non posso avere il concetto di un opposto senza avere anche il
concetto dell’altro opposto”, ma dice “una certa realtà non sussiste senza la realtà a essa opposta.”

L’ARCHÉ COME MATERIA

Manuale pag. 27 “Fuoco e Logos”.


L’ETICA

Le conseguenze etiche della dottrina eraclitea si traducono nell’imperativo di tenere la coscienza desta, al fine di
cogliere il logos: la ricerca della verità richiede uno sforzo personale e incessante.

Inoltre, Eraclito ci ricorda che anche la vita della polis soggiace alla legge della tensione delle forze (anche la polis ha
natura relazionale) e le tensioni sono raccordate tra loro in un’armonia superiore (data dalla misura dell’uno
rispetto all’altro), che può essere distrutta dalla tracotanza (hybris): per questo bisogna spegnere la tracotanza più
di un incendio. La libertà di realizza solo all’interno della legge, la quale, secondo la concezione aristocratica del
filosofo, potrebbe essere colta dai pochi desti e imposta alla maggioranza dei dormienti che perseguono interessi e
piaceri particolari.

CONCLUSIONE

L’importanza della filosofia di Eraclito sta:

1. nell’aver tematizzato l’unità della legge che governa il pensiero e la natura: passando dai filosofi della
natura a Eraclito poi a Pitagora e Parmenide, assistiamo a un’assimilazione dell’archè ad aspetti, regole,
modalità di funzionamento della razionalità umana;
2. nell’aver aperto la via a una logica della relazione e non (solo) dell’identità. Egli, perciò, è considerato come
l’iniziatore della dialettica sviluppata nel secolo XIX da Hegel e dai suoi seguaci, contrapposta quale logica
del concreto o del divenire alla logica dell’astratto o dell’essere immutabile di tipo parmenideo-zenoniano.

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