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05 Saggio Pucci.

qxd 5-03-2008 16:59 Pagina 42

Estratto da: La forza del bello (Catalogo della mostra), Skira, Milano 2008, pp. 51-57

Giuseppe Pucci Le tecniche del bello: i canoni della scultura


nella Grecia classica

G
ià all’alba della loro storia i Greci ebbero mente armonici tra queste grandezze e trovare le tec-
un’intuizione: che il mondo fosse un kó- niche per oggettivare il bello in una figura umana.
smos, un “ordine bello”, tale da suscitare La teoria per cui la bellezza consiste nelle pro-
ammirazione ed emulazione (mímesis). Il comune sen- porzioni tra le parti fu accettata per tutta l’antichità e
tire che ravvisava nel mondo una bellezza oggettiva, mantenuta sostanzialmente fino alla seconda metà del-
scaturente dal meraviglioso accordarsi, in un progetto l’Ottocento. Essa – per dirla con Tatarkiewicz – “può
razionale riconoscibile, di tutto ciò che esperiamo con ben a ragione chiamarsi la ‘Grande Teoria’ dell’esteti-
i sensi, trovò la sua formulazione filosofica in Pitago- ca europea. Poche sono infatti le dottrine che in tutti
ra (VI secolo a.C.) che, avendo individuato nel nume- i rami della cultura europea sono state altrettanto du-
ro l’essenza del reale, diede fondamento ontologico al- rature”.
la bellezza: se il bello era insito nell’ordine, l’ordine Il primo a formularla in Europa – almeno per
derivava dalla corretta proporzione tra le parti, la pro- quanto riguarda le arti plastiche, giacché in trattati di
porzione dalla misura e la misura dal numero. Anche architettura più antichi, di cui si ha notizia, potrebbe-
nel Timeo, il dialogo di Platone che più risente di in- ro essercene già state delle anticipazioni – fu Policle-
flussi pitagorici, si fa riferimento al demiurgo che in- to, scultore nativo di Argo, vissuto nel V secolo a.C.
terviene su una materia álogos e ámetros (senza razio- Con lui l’operare dell’artista passò dall’empiria alla ri-
nalità e senza misura) e la organizza attraverso figure flessione, dall’oralità dell’insegnamento di bottega al-
geometriche e numeri. lo spazio letterario: egli fu il primo artista occidentale
L’universo appariva insomma ai Greci come un a scrivere un trattato sulla propria téchne, esponendo-
corpo “disegnato” secondo proporzioni appropriate, vi i principi secondo cui doveva essere realizzata la fi-
e l’organismo più complesso e perfetto di cui avesse- gura umana perfetta; e per illustrare la teoria realizzò
ro conoscenza – il corpo umano – ne rispecchiava, co- una statua che ne traduceva in pratica i precetti. Tan-
me un microcosmo, la mirabile sintassi. Ci siamo sen- to lo scritto che la statua ebbero il nome di Canone
titi ripetere che per i Greci “l’uomo è misura di tutte (“Regola”).
le cose” così tante volte da rischiare di perdere di vi- Il testo del trattato policleteo non ci è purtroppo
sta la verità letterale di questa affermazione. Per i Gre- pervenuto. Gli sporadici riferimenti a esso che trovia-
ci in effetti – come del resto per molte altre culture an- mo in autori posteriori ce ne danno soltanto un’idea
tiche – furono le parti del corpo umano a fornire le sommaria. Dal medico Galeno (II secolo d.C.) ap-
unità di misura: il dito, il piede, il palmo, il cubito (la prendiamo così che per Policleto il bello (tò kállos) na-
distanza dalla punta delle dita al gomito), la tesa (l’a- sceva dalla symmetría. Questa è da intendere in senso
pertura delle due braccia), e così via; ma fu compito etimologico, come la possibilità di con-misurare esten-
degli artisti stabilire quali fossero i rapporti maggior- sioni diverse. È un concetto profondamente radicato

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nel pensiero greco, che nasce dalla necessità di sco- culo – era basato su un reticolo che comportava la sud- calcoli minuziosi” ovvero “prestando attenzione alle Accostandone l’idea a quella di kairós, i Greci
prire un ordine dietro al flusso dell’esperienza. Se la divisione del corpo umano in 21 parti e 1/4. più piccole rifiniture”. Dal punto di vista linguistico espressero la consapevolezza che la bellezza scaturisce
misura implica la possibilità di de-finizione (nel senso In seguito, mentre gli scultori egiziani continua- tutte queste interpretazioni sono parimenti ammissi- da un incontro difficile – e instabile – di molte condi-
di determinazione dei confini delle cose), la commen- rono a partire dal reticolo per adattare a esso la figu- bili, ma tenendo conto che le fonti insistono sulla akrí- zioni, e che essa va colta nel suo transeunte manife-
surabilità consente la con-prensione (nel senso di pren- ra, gli scultori greci partirono dalle membra, e da que- beia di Policleto, cioè sulla sua cura scrupolosa dei par- starsi, nel suo equilibrio precario (come quello della
dere in esame più forme discrete). Platone nel Filebo ste ricostruirono lo schema dei loro rapporti recipro- ticolari, è plausibile che quella più autentica sia l’ulti- celebre personificazione che del kairós fece Lisippo).
fa una scala dei valori in rapporto al bene e mette ai ci. Non sappiamo esattamente quando ciò sia avvenu- ma. Come per Aby Warburg, anche per Policleto pro- Il kairós è insomma la scelta vincente tra le varie sym-
primi due posti métron e sýmmetron (“misura” e “pro- to, ma all’epoca di Policleto certamente non era più babilmente il buon dio stava nei dettagli. metríai possibili, l’opzione stocastica per uno tra i
porzione”) che – dice – “sono dappertutto identifica- questione di una quadrettatura fissa, e la ricerca della In ogni caso alla minuziosità si riferisce certamente “molti numeri”. Una stessa formula può infatti appli-
bili con bellezza ed eccellenza”. symmetría organica era già divenuta il problema cen- Filone, il quale continua dicendo che così come in scul- carsi a diversi valori, e lo stesso Policleto usò certa-
Ma la commensurabilità nel campo dell’arte non trale per gli artisti. Si sa per esempio che su di esso ave- tura anche nella costruzione di macchine da guerra mente symmetríai diverse per i diversi tipi umani che
è data, come in matematica, dall’uso di una stessa unità va lavorato Pitagora, che precede Policleto di almeno “piccoli errori, se sommati, danno origine a un gran- plasmò, scegliendo di volta in volta quelle più confa-
di misura. Non si parte, cioè, da un numero per arri- una generazione. Questo scultore – che alcune fonti de errore”. La meticolosità di Policleto si esercitava centi al sesso e alla classe d’età: ora a un giovanetto ag-
vare a stabilire quante volte esso è contenuto in ciò che indicano come nativo di Reggio, altre di Samo – po- nello stabilire quei rapporti tra le parti della figura che graziato (molliter iuvenis), ora a un ragazzo dal porta-
si misura. È piuttosto un sistema che mette due o più trebbe avere avuto rapporti di parentela con il filosofo portavano a un risultato ottimale perché maggiormente mento già virile (viriliter puer).
grandezze in relazione proporzionale fra loro. La sym- suo omonimo (entrambi potrebbero esser partiti da armonici. Il termine harmonía è in effetti complemen- Kairós non è comunque all’origine un’idea astrat-
metría indagata e perseguita da Policleto riguardava – Samo per trasferirsi in Magna Grecia) ed essere stato tare a symmetría, come si ricava da un passo di Plu- ta. In Omero l’aggettivo kaírios designa il punto in cui
ci dice sempre Galeno citando dal testo del Canone – influenzato dalla dottrina di questi. Anche Mirone, di tarco, che si ritiene ispirato proprio al Canone di Po- meglio un’arma può penetrare per raggiungere un or-
quella “di un dito rispetto a un altro dito, di tutte le poco più anziano di Policleto, si impegnò sulla sym- licleto, dove è detto che “in ogni opera il bello si rea- gano vitale: quindi qualcosa a cui mirare, un bersa-
dita rispetto al carpo e al metacarpo, di questi rispet- metría, con esiti addirittura migliori, stando a un giu- lizza per mezzo della symmetría e dell’harmonía attra- glio, come l’occhio delle dodici asce allineate dentro
to all’avambraccio, dell’avambraccio rispetto al brac- dizio riportato da Plinio il Vecchio. Costoro, però, non verso molti numeri che convergono eis héna kairòn cui Odisseo indirizza la sua freccia nella gara con i
cio, e insomma di tutte le parti fra di loro”. lasciarono niente di scritto. L’originalità di Policleto (‘verso quello appropriato’), mentre la bruttezza si pro- Proci. Kairós è un passaggio stretto e obbligato, che
Che sia un medico a darci delle informazioni su sta invece proprio nell’aver dato fondamento teorico duce istantaneamente se per caso c’è qualcosa in me- consente solo un moto rettilineo, senza deviazioni. Esi-
un trattato d’arte non deve stupire. In entrambi i cam- e carattere normativo al suo modus operandi. no o qualcosa in più”. Questo testo, mentre ci confer- ste d’altra parte in greco la parola, kaîros – diversa so-
pi il corpo era visto come un insieme organico in cui Circa quest’ultimo, possiamo dire che l’approccio ma la centralità del numero nel perseguimento della lo per l’accento –, che stando ai lessicografi definisce
le parti sono integrate in relazioni funzionali. La salu- organicistico e non meramente metrologico non esclu- bellezza, allarga la prospettiva, giacché in buona so- l’apertura che per mezzo del liccio si produce sul te-
te consisteva nella symmetría degli elementi (caldo, deva affatto il calcolo matematico. Anzi per Policleto stanza Plutarco sostiene che le proporzioni, per quan- laio nell’ordito per farvi passare la navetta della tra-
freddo, asciutto, umido), la bellezza nella symmetría la perfezione (tò eû) si otteneva, come ci dice Filone to accuratamente determinate, non bastano in quanto ma (è evidente l’analogia con la freccia). Entrambe le
delle parti. (uno scrittore di meccanica del III secolo a.C.), “at- tali a rendere la bellezza. È l’harmonía a rendere este- parole – che hanno un’ovvia parentela etimologica –
La symmetría policletea aveva quindi un fonda- traverso molti numeri parà mikrón”. Prima di tradur- ticamente valida la symmetría: come dire che non ba- indicano dunque un’apertura che bisogna centrare
mento organico che, come ha ben visto Erwin Panof- re l’ultima espressione, vale la pena rimarcare che se sta un bravo matematico a fare un buon artista. È es- con abilità e, nel caso del telaio, anche in un momen-
sky, rende il Canone del maestro argivo sostanzialmente Galeno, nel passo citato all’inizio, parla di kállos (“il senziale che questi sappia cogliere quel rapporto nu- to critico (prima che il passaggio si richiuda). Come
diverso da tutti i canoni precedenti a noi noti. A que- bello”), Filone usa l’avverbio sostantivato tò eû, che merico particolarmente felice che coincide con il kairós. il Canone e il kairós sono accomunati nella teoria del-
sto proposito va ricordato che l’idea di costruire la fi- abbiamo tradotto come “la perfezione”, ma il cui si- Normalmente kairós è traducibile con “momen- l’arte, così kaîros è associato a kanón nel lessico della
gura umana secondo procedimenti geometrico-mate- gnificato letterale è propriamente “il buono”, “il be- to propizio”, “occasione favorevole”. Ma si tratta di tessitura. Kanón è infatti anche l’asta del telaio che
matici non nasce con Policleto, e neppure con i Gre- ne”. È ben noto che per i Greci il bello e il buono so- un concetto cha ha una lunga storia nella cultura gre- guida orizzontalmente la corsa della navetta e che scor-
ci. Già gli Egiziani usavano un canone. Lo scultore egi- no intimamente correlati: l’aggettivo kalokagathós ca, ed è significativo che proprio intorno alla metà del re longitudinalmente a mano a mano che si procede
ziano costruiva per prima cosa un reticolo di quadra- esprime appunto ciò che è compiutamente apprezza- V secolo a.C. (la data approssimativa del Canone di nella tessitura: viene da pensare a un “suggerimento
ti e successivamente vi iscriveva la figura. A prima vi- bile sia sotto il profilo estetico sia sotto quello etico e Policleto) il poeta Ione di Chio divinizzò il kairós fa- della tecnica” simile a quelli che segnalò Rodolfo Mon-
sta questo metodo è simile a quello moderno della mi- sociale. cendolo discendere da Zeus. In quest’epoca kairós non dolfo in uno studio famoso sulle concezioni scientifi-
se au carreau del bozzetto, ma la differenza è che il re- Quanto a parà mikrón, si tratta di una locuzione ha solo il significato temporale, che diverrà prevalen- che dei presocratici.
ticolo egiziano non aveva funzione traspositiva bensì dal significato tutt’altro che univoco. C’è chi la tradu- te a partire dal tardo IV secolo a.C.; ne ha anche uno Ma è tempo di guardare più da vicino al Canone
costruttiva: precedeva il disegno e predeterminava il ce con “a poco a poco”, pensando a un affinamento spaziale, e indica l’appropriata estensione, la conve- di Policleto.
risultato finale, inquantoché le linee più significative progressivo del risultato; c’è chi intende “tranne dei niente quantità (per esempio di distanza da coprire, di Potremmo farlo indubbiamente meglio se avessi-
della figura passavano obbligatoriamente per deter- piccoli particolari”, con riferimento al tocco finale del- lunghezza da saltare ecc.). Anche nei trattati di medi- mo sotto gli occhi la famosa statua che accompagna-
minati punti. È accertato che in età arcaica koûroi e l’artista, la piccola ma significativa variazione che gli cina kairós ha spesso il significato di giusta misura, di va il trattato. Purtroppo non siamo in questa condi-
kórai erano scolpiti con una tecnica simile, secondo un consente di affrancarsi dalla tirannia del numero e di normalità, specie nelle membra. Basta qualcosa in più zione.
canone derivato dal cosiddetto “secondo canone” egi- arrivare alla perfezione. Altri traducono “per mezzo di o in meno, ed ecco che la bellezza cede il passo alla Fino a poco tempo fa si riteneva che questa fosse
ziano, il quale – come ci testimonia anche Diodoro Si- una minima unità di misura”, altri ancora “attraverso bruttezza, alla deformità. il Doriforo (il “portatore di lancia”), l’opera policletea

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più celebrata dalle fonti antiche. Era stato un archeo- Ma dal Canone di Policleto – a detta di Plinio – in larghezza, delimitavano delle porzioni di estensio-
logo tedesco, Karl Friederichs, a identificare nel 1863 gli artifices desumevano i liniamenta non di una figu- ne rispondenti a precisi rapporti delle parti tra loro e
una statua che era stata trovata a Pompei nel 1797 – e ra in particolare, bensì dell’ars stessa. E forse proprio rispetto al tutto, proprio come avviene in tutti i Cano-
che è ora al Museo Archeologico Nazionale di Napo- qui è la spiegazione del perché le fonti non caratteriz- ni posteriori a noi noti: per esempio in quelli di Leon
li (fig. 1) – con una copia del Doriforo e a ipotizzare zino in alcun modo il Canone. È possibile, in altri ter- Battista Alberti (fig. 2), Francesco di Giorgio Marti-
contestualmente che quell’opera coincidesse col Ca- mini, che il Canone non fosse né un dio né un eroe, né ni, Dürer (fig. 3) e altri, nessuno dei quali – va sotto-
none. Quell’ipotesi, non più posta in discussione, si era un atleta, né un guerriero, ma solo una figura maschi- lineato – rappresenta un personaggio determinato. In
trasformata col tempo in verità acquisita. Ma nel 2003 le ideale: una “illustrazione” del trattato, sulla quale si quei casi abbiamo a che fare con modelli cartacei bi-
Vincenzo Franciosi ha sostenuto che la statua prove- poteva riscontrare il sistema di proporzioni preconiz- dimensionali; nel caso di Policleto si sarebbe trattato
niente da Pompei non può essere il Doriforo, in quan- Fig. 2
zato dall’artista. Si spiegherebbe così anche perché l’e- di una statua a tutto tondo su cui si potevano ritrova-
to la posizione delle dita della mano sinistra e le trac- Il canone di Leon Battista rudito romano Varrone dica che tutte le opere di Po- re quelle linee e, quindi, verificare quelle proporzioni
Alberti in un disegno
ce di ossidazione osservabili sull’avambraccio fanno licleto erano fatte paene ad exemplum (“quasi su un indicate come esemplari nell’opera scritta. Secondo
di anonimo della Bodleian
piuttosto pensare che la figura imbracciasse uno scu- Library di Oxford (Ms. Canon. unico prototipo”): non perché fossero tutte simili ico- questa nostra ipotesi la statua avrebbe dunque rap-
do metallico. Il pugno destro, poi, doveva stringersi Misc.172, f. 232v.). Da Berra nograficamente, ma perché si conformavano allo stes- presentato nient’altro che l’Uomo émmetros akribôs
1993.
attorno a un oggetto dalla sezione rettangolare, pro- so sistema di proporzioni del modello. (“accuratamente proporzionato”, giusta l’espressione
babilmente l’elsa di una spada. Pagina a fronte Va tenuto anche presente che il significato origi- di Luciano): qualcosa di simile all’homo bene figuratus
Fig. 1
Il Doriforo sarebbe invece da identificare per Fran- Statua marmorea ritenuta copia
nario del greco kánon è quello di bastoncino o bac- di Vitruvio e al celeberrimo disegno leonardesco del-
ciosi col cosiddetto Efebo Westmacott (un’ipotesi che del Doriforo di Policleto chetta e che questo termine (etimologicamente impa- l’Accademia di Venezia (fig. 4). Non un individuo, in-
e per lungo tempo identificata
peraltro non ha convinto tutti). rentato con kánna, la canna) designa un’asta rigida che somma, ma un meccanismo accuratamente congegna-
con il Canone di questo artista.
Ma quale che sia stato il vero Doriforo, è in ogni Napoli, Museo Archeologico può servire a tirare delle linee diritte, come il righello to per costruire il bello.
caso indimostrabile che esso fosse la scultura che ac- Nazionale dello scrivano. Ciò potrebbe avvalorare in qualche mo- Ci piacerebbe conoscere nei dettagli il funziona-
compagnava il trattato dello scultore. In effetti, nes- do l’idea che i liniamenta cui si riferisce Plinio fosse- mento di questo meccanismo, ma neanche questo ci è
suna fonte antica ci attesta in modo esplicito che il Ca- ro delle vere e proprie linee-guida funzionali alla cor- dato. Tutti gli sforzi degli studiosi per penetrarne il se-
none era il Doriforo o viceversa. Plinio il Vecchio, che retta costruzione della figura. Forse le famose pro- greto non sono approdati a nulla di definitivo (anche
ci ha lasciato una lista di opere di Policleto, dopo aver porzioni “canoniche” potevano ricavarsi da linee ret- per la difficoltà di lavorare su copie e non sugli origi-
menzionato il Doriforo, aggiunge: “Fecit et quem ca- te che, “sezionando” variamente la figura in altezza e/o nali). L’accordo delle fonti nel parlare di “molti nu-
nona artifices vocant” (“fece anche quella statua che Fig. 3
gli artisti chiamano canone”). Proprio quel fecit et – Il canone di Albrecht Dürer, dal
che, si badi bene, è in tutti i codici che ci hanno tra- De symmetria partium in rectis
formis humanorum corporum
mandato il testo pliniano – ci obbliga a intendere che (1532)
il Canone è altra cosa rispetto alla statua citata subito
Fig. 4
prima. La verità è che nessuna fonte antica ci dice che Leonardo da Vinci, studio
cosa rappresentasse esattamente il Canone. Non c’è delle proporzioni del corpo
umano (Uomo vitruviano),
mai un’allusione al soggetto, un’indicazione di luogo, matita e inchiostro, 1490 circa.
un qualunque aggettivo qualificativo. L’unica cosa che Venezia, Gallerie
Plinio aggiunge è che “da esso gli artisti ricavavano, dell’Accademia, Gabinetto
dei Disegni e delle Stampe
come da una legge, i liniamenta artis”. Che cosa siano
questi ultimi non è facile stabilire. Per qualcuno il ter-
mine liniamenta starebbe a significare la silhouette, il
contorno. Ma in un altro passo Plinio afferma che il
motivo per cui certi quadri rimasti incompiuti sono
ammirati anche di più di quelli finiti è che in essi si
possono osservare i liniamenta delle parti mancanti e
quindi le cogitationes dell’artista. I liniamenta sono
dunque in questo caso gli schemi secondo cui le figu-
re sono “pensate” prima di essere tradotte in immagi-
ni artistiche rifinite. Grazie a essi è possibile cogliere
la riflessione teorica (cogitationes) che precede il con-
creto operare dell’artifex.

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meri” sembrerebbe escludere dei procedimenti geo- introdusse un canone “illusionistico”, più attento ai Napoli 2003; G. Pucci, Costruire il bello. Ancora sul Canone di spec. pp. 197 sgg.; G. Pucci, L’antichità greca e romana, in L.
metrici, come una progressione di quadrati ciascuno valori ottici, riducendo la proporzione della testa ri- Policleto, in V. Neri (a cura di), Il corpo e lo sguardo. Tredici stu- Russo (a cura di), Estetica della Scultura, Palermo 2003, pp. 9-
di sulla bellezza del corpo nella cultura antica, atti del convegno 46, 129-145, 241-246.
costruito sulla diagonale del precedente o l’impiego spetto al tronco e aumentando quella delle gambe.
La bellezza del corpo nella cultura antica (Bologna, 20-21 no- Sui canoni medievali e rinascimentali: C. Lorgues, Les propor-
della sezione aurea (che produce dei numeri irrazio- Per Vitruvio, vissuto a cavallo dell’era volgare, la vembre 2003), Bologna 2005, pp. 41-52. tions du corps humain d’après le Traités du Moyen Age et de la
nali non gestibili con le conoscenze matematiche del figura umana doveva essere pari a dieci volte il viso, o Sui canoni e l’estetica antica: F. Pfister, Kairos und Symmetrie, Renaissance, in “L’information d’histoire de l’art” (1968), pp.
V secolo a.C.). Non c’e unanimità neppure sull’unità faccia (la distanza dal mento alla radice dei capelli). In in “Würzburger Studien zur Altertumswissenschaft” 13 (1938), 128-143; F. Zöllner, Vitruvs Proportionssfigur. Quellenkritische
di base (ma è favorita la falange distale del mignolo, il età bizantina il rapporto si abbassò a 9 volte e 1/3. Nel Festgabe Heinrich Bulle, pp. 131-150; Id., Der Begriff des Schöe- Studien zur Kunstliteratur im15. und 16. Jahrhundert, Worms
nen und das Ebenmass, in “Würzburger Jahrbücher für die Al- 1987; G. Berra, La storia dei canoni proporzionali del corpo uma-
modulo minimo del corpo umano). Plinio dice però Liber divinorum operum di santa Hildegarda di Bin-
tertumswissenschaft” 1 (1946), pp. 341-358; R.B. Onians, The no e gli sviluppi in area lombarda alla fine del Cinquecento, in
che le statue di Policleto erano quadrate. È improba- gen (XII secolo) si parla di un uomo pentagonale, sud- Origins of European Thought, Cambridge 1951, pp. 343 sgg.; “Raccolta Vinciana” 25 (1993), pp. 159-310; M. Pezza, Albrecht
bile che si riferisca al loro apparire tozze e squadrate. diviso in cinque quadrati uguali dalla testa ai piedi e J.R. Wilson, KAIROS as “Due Measure”, in “Glotta” 58 (1980), Dürer e la teoria delle proporzioni dei corpi umani, Roma 2007.
Forse – così ritenne Silvio Ferri – Plinio stava solo tra- in altrettanti da una mano stesa all’altra. Il Rinasci-
ducendo il termine tetrágonos che leggeva nella sua mento, poi, ebbe per le proporzioni un interesse co-
fonte greca; ma dato che il lessico della critica d’arte stante. Oltre al già citato disegno di Leonardo, vanno
era spesso mutuato da quello della grammatica e del- ricordati almeno il De statua di Leon Battista Alberti,
la retorica, tetrágonos potrebbe qui essere l’equivalen- dove si propone una figura di 6 piedi, articolata su una
te di tetrákolos, con riferimento a quattro membri che suddivisione del piede in 10 gradi o 100 minuti, e il
si corrispondono a due a due per omologia o per chia- trattato di Albrecht Dürer che, pubblicato postumo
smo (nel Doriforo, in effetti, a braccio e gamba sinistri nel 1528, può considerarsi il culmine della riflessione
flessi corrispondono braccio e gamba destri distesi, sull’argomento.
mentre a spalla e anca destre abbassate fanno da con-
Bibliografia
trappunto spalla e anca sinistre sollevate). È anche pos- Sui canoni in generale: E. Panofsky, Die Entwicklung der Pro-
sibile però che la fonte pliniana alludesse al ruolo del portionsleher als Abbild der Stilenetiwicklung, in “Monatshefte
numero 4 nella costruzione delle statue policletee. für Kunstwissenschaft” XIV (1921), pp. 188-219, trad. it. in Id.,
Si sa che il 4 era importantissimo per i pitagorici, Il significato nelle arti visive, Einaudi, Torino 1962, pp. 59-106;
perché rappresentava la fusione tra aritmetica e geo- N. Speich, Die Proportionslehre des menschlichen Körpers. An-
tike, Mittelalter, Renaissance, Zurich 1957; L. Salerno, E. Bat-
metria, cioè tra numeri e figure. Nella cosiddetta te-
tisti, M. Bussagli, ad vocem Proporzione, in Enciclopedia Uni-
trade il numero 1 è associato col punto, il 2 con la li- versale dell’Arte, Venezia-Roma 1963, XI, coll. 74-99; F. Borsi,
nea, il 3 col piano, il 4 col solido. La loro somma, 10, Per una storia della teoria delle proporzioni, Firenze 1967; W.
è il numero perfetto, che simboleggia l’ordine divino Tatarkiewicz, Storia di sei idee. L’Arte, il Bello, la Forma, la Crea-
dell’universo. Il pitagorico Filolao, all’incirca contem- tività, l’Imitazione, l’Esperienza Estetica (ed. orig. Dzirje sześciu
pojȩć, Warszawa 1976), Palermo 1997; M. Curti, La proporzio-
poraneo di Policleto, ne esaltò la potenza e in un fram-
ne. Storia di un’idea da Pitagora a Le Corbusier, Roma 2006.
mento conservatoci affermò che questa si vede “non Sul canone egiziano in relazione all’arte greca arcaica: E. Iver-
solo nelle cose sovrumane e divine ma […] dapper- sen, Diodorus’ account of the Egyptian canon, in “Journal of
tutto nelle arti e anche nella musica”: infatti il 4 e i nu- Egyptian Archaeology” 54 (1968), pp. 215-218; B. Sismondo
meri in esso contenuti esprimono i rapporti fonda- Ridgway, Greek Kouroi and Egyptian Methods, in “American
Journal of Archaeology” 70 (1968), pp. 68-70; E. Guralnick,
mentali di quarta (4/3), di quinta (3/2) e di ottava (2/1).
The Proportions of Kouroi, in “American Journal of Archaeo-
Anche nel corpo umano il 4 è rilevante: l’uomo ha logy” 82 (1978), pp. 461-472; Id., Proportions of Korai, in “Ame-
quattro arti che, distesi, si iscrivono in un quadrato rican Journal of Archaeology” 85 (1981), pp. 269-280.
(l’Uomo vitruviano). È possibile che anche il Canone Sul canone di Policleto: L. Stefanini, Ispirazione pitagorica del
di Policleto si basasse in qualche modo sul 4. Per esem- “canone” di Policleto, in “Giornale critico della filosofia italia-
na” 28 (1949), pp. 84-98; H. von Steuben, Der Kanon des Polyk-
pio, è abbastanza certo che nelle statue di Policleto la
let. Doryphoros und Amazone, Tübingen 1973; R. Tobin, The
testa è 1/8 dell’altezza totale, e che a sua volta 1/8 del- Canon of Polykleitos, in “American Journal of Archaeology” 79
la testa è pari a 1/64 dell’altezza totale, che quindi ri- (1975), pp. 307-321; A. Stewart, The canon of Polykleitos. A
sulta essere 4 al cubo. question of evidence, in “Journal of Hellenic Studies” 98 (1978),
Dopo Policleto altri scultori sentirono la necessità pp. 122-131; S. Settis, La trattatistica delle arti figurative, in G.
Cambiano, L. Canfora, D. Lanza (a cura di), Lo Spazio lettera-
di rimodulare il canone della figura umana in funzio-
rio della Grecia antica, vol. I.2, Roma 1993, pp. 469-498; J.J.
ne di una diversa sensibilità. Già Eufranore nel IV se- Pollitt, The canon of Polykleitos and other canons, in W.G. Moon
colo a.C. modellò delle figure più slanciate; successi- (ed. a cura di), Polykleitos, the Doryphoros, and tradition, Ma-
vamente Lisippo, nella seconda metà del IV secolo a.C., dison 1995, pp. 19-24; V. Franciosi, Il “Doriforo” di Policleto,

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