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DISPENSA DI
SOCIOLOGIA

PRIMA PARTE

2
NDR: le lettere puntata (D., N. ecc) sono i nomi
dei filosofi, sono stati abbreviati con l’iniziale per
accorciare la scrittura della dispensa (trovate il
nome del filosofo nel titolo iniziale del capitolo).

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Karl Marx (1818-1883)

Nasce a Treviri in Germania, studia filosofia a Berlino, giornalista a Colonia scrive sulle condizioni
degli operai, la rivista viene chiusa perché radicale. Trasferito a Parigi conosce Engels, viene espulso
per la sua attività intellettuale e politica. Ripara a Bruxelles ed entra in contatto con associazioni
operaie e scrive il Manifesto di fondazione del Partito comunista. Nel 1848 si trasferisce a Londra,
vive in miseria scrive le sue opere più importanti tra cui il Capitale (primo volume) e molti altri
pubblicati postumi.
Marx nasce come filosofo hegeliano (le idee principali di Hegel sono libertà e ragione. Mentre per
Comte la filosofia è positiva, per Hegel è negativa, perché il compito della ragione consiste nel
trasformare costantemente la realtà.
Hegel considera il rapporto tra individuo e società nell’ambito della realizzazione della libertà.
L’individuo ha bisogno degli altri, quindi della suddivisione del lavoro, che però comporta la
suddivisione della ricchezza). Poi però punterà al superamento della filosofia, vista (come spiegherà
Engels) come l’interpretazione del mondo in modi diversi;; si tratta ora di cambiare il mondo, tramite
l’unione di ricerca scientifica e azione.
Il suo principale oggetto di riflessione è il movimento generale della società scaturita dalla rivoluzione
industriale. Il cuore dell’analisi di tale movimento è la critica dell’economia politica.

Da Hegel, Marx riprende le idee di:


- dialettica: originariamente significa discorso, percorso di un’argomentazione;; per M. e H.
significa movimento (di pensiero o della realtà)
- superamento: il superamento della società capitalistica significa per M. che essa sviluppandosi
produce delle contraddizioni al suo interno che porteranno ad un livello superiore cioè qualcosa che
conserva gli sviluppi della società capitalistica come presupposti che però scompaiono e si
sintetizzano in una nuova formazione. Il comunismo è il superamento del capitalismo.
- Alienazione: per Hegel: aspetto dell’oggettivazione: quando gli uomini lavorano producono
degli oggetti;; l’oggetto è il risultato dell’azione, ma anche qualcosa di diverso dal soggetto che l’ha
creato. L’oggetto è l’opposto, è la negazione del soggetto. questa è l’alienazione. La negazione è
superata con l’autocoscienza dell’uomo che riconosce l’oggetto come proprio prodotto e se ne
riappropria. Per Marx, l’alienazione nel lavoro c’è solo in determinate condizioni, cioè solo quando
c’è lo sfruttamento. Non è il lavoro in generale a produrre alienazione, ma il lavoro è alienato solo
quando il soggetto non ha il possesso di ciò che produce. E non è suo neanche il controllo su cosa
produce e come. In queste condizioni il lavoro, invece di essere il luogo dell’autorealizzazione,
diventa la negazione stessa dell’uomo. La riappropriazione di cui parla Hegel, non può qui avvenire
con un atto di coscienza, ma come un’azione pratica, una rivoluzione che riporti al lavoratore il
controllo del suo lavoro. Bisogna determinare le condizioni concrete in cui gli uomini vivono e
operare per trasformarle.

Il materialismo storico
È un modo di pensare partendo dalle condizioni materiali degli uomini. I presupposti da cui parte
sono gli individui reali, le loro azioni, le condizioni, sia quelle che hanno trovato già esistenti sia
quelle che producono essi stessi. La storia è essenzialmente la storia di come gli uomini si sono
organizzati insieme per produrre, cioè per rapportarsi con la natura per garantirsi la sopravvivenza.
Rilevante è la divisione del lavoro fin’ora sempre stata ineguale. (patrizi e plebei, servi e signori..). I
modi concreti di divisione del lavoro e di proprietà, insieme alle tecniche di produzione usate,
formano la base della società, che Marx chiama struttura. La struttura di una società determina la
forma di tutto il resto che chiama sovrastruttura (istituzioni giuridiche, rappresentazioni religiose,
morali, filosofiche… dipendono dalla struttura).

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Il modo di produzione condiziona in generale il processo sociale, politico e spirituale della vita.
La sovrastruttura però non corrisponde in modo meccanico alla struttura, che è solo la condizione di
base da cui si sviluppa.
La teoria di Marx è tesa contro l’ideologia. Ideologia intesa come forma di pensiero che giustifica
l’esistente, occultando le contraddizioni e i conflitti, e tende a immobilizzare la storia. È ideologico
chi ha interesse (classi dominanti) a mantenere la forma sociale esistente, perché sono proprio le
contraddizioni all’interno della società che costituiscono il momento negativo della dialettica storica
che conduce al superamento della forma sociale data. Anche i dominati possono condividere
l’ideologia (per incomprensione o paura) Marx la chiama “falsa coscienza”.

Critica dell’economia politica:


Questa frase è sia il titolo di un volume pubblicato nel 1859 sia il sottotitolo del Capitale. Marx con
questa frase intende indagare su “il modo capitalistico di produzione e i rapporti di produzione e di
scambio che gli corrispondono”.
Per M. il “modo di produzione” è un insieme storicamente determinato di mezzi per la produzione
(materie, tecniche, strumenti) e di rapporti di produzione (rapporti tra gli uomini riguardo il produrre
es. padroni, schiavi, operai imprenditori..) Il Modo capitalistico di produzione è il modo moderno di
produzione, che utilizza le industrie, ma non coincide solo con industria ma anche con i rapporti
sociali che si determinano.
Capitalismo è il nome che M. da alla società basata sul modo capitalistico di produzione che coincide
storicamente con l’avvento della produzione industriale e che si basa sul capitale. Per gli economisti
il capitale è il lavoro accumulato (cioè materie prime, strumenti di lavoro e mezzi di sussistenza usati
per produrre nuove materie prime, strumenti di lavoro e mezzi di sussistenza) che serve per una nuova
produzione. Per Marx questa definizione è vera ma non spiega l’essenziale cioè cos’è che fa diventare
il lavoro accumulato capitale. Il capitale è lavoro accumulato solo all’interno di certi rapporti sociali
che sono:
- rapporti dove sono in relazione i proprietari dei mezzi di produzione e gli uomini che hanno
la propria forza-- lavoro, i proletari.
- Questo rapporto è mediato dal denaro la forza--lavoro viene venduta ai proprietari ad un certo
prezzo che è il salario che corrisponde ad una certa quota del tempo degli operai che si assoggettano
alle direttive del datore di lavoro ma fuori dall’orario di lavoro sono uomini liberi.
- In questo modo di produzione, i beni prodotti sono finalizzati alla vendita sul mercato. La
merce ha un valore d’uso (vestiti per vestirsi, automobili per spostarsi) e un valore di scambio (si
esprime nel prezzo della merce stessa).
- Il lavoro accumulato diventa capitale quando è utilizzato nella produzione insieme al lavoro
vivo dei salariati per trarne un profitto da parte del capitalista. Il capitalismo quindi non è solo una
società basata su scambi di mercato ma sulla produzione di merci che servono a produrre altre merci
di solito con valore maggiore delle prime. Il capitalista è tale quindi quando investe una somma di
denaro per comprare materie prime e mezzi (lavoro accumulato) e forza--lavoro (lavoro vivo degli
operai) per produrre e vendere merci che si tramuteranno in una somma di denaro superiore alla prima
investita. La differenza tra le due somme di denaro è il profitto del capitalista.

Gli economisti giustificano il profitto come il risarcimento al capitalista per il rischio


dell’investimento ed è una ricompensa per il suo controllo sull’intero processo di produzione.
Per Marx non è così. La forza--lavoro dell’operaio è comprata dal capitalista, come una merce, con
un valore pari a ciò che serve per sostentare e riprodurre l’operaio, niente di più.
Questa merce però è particolare, perché una volta al lavoro, l’operaio produce più del valore che
basterebbe per ripagare il presso delle materie prime e del suo salario. Produce del plus-- lavoro che
corrisponde ad un plusvalore che è il profitto di proprietà del capitalista. Il profitto quindi nasce dallo
sfruttamento del lavoro dell’operaio.

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Cioè che rende il lavoro accumulato capitale è dunque lo sfruttamento. Nell’appropriazione da parte
del capitalista del plusvalore, sta l’alienazione dell’operaio: il frutto del suo lavoro non è suo ma di
altri. La scoperta dello sfruttamento che si cela dietro i meccanismi dei rapporti di produzione e i
rapporti di proprietà, è la critica all’economia politica di Marx. L’economia si ferma alla descrizione
della circolazione delle merci in cui non appare lo sfruttamento che c’è dietro i rapporti di produzione
e quindi l’economia politica è una ideologia che descrive i modi di produzione occultandone i conflitti
e giustificandoli, proponendoli come condizioni immutabili.

La nozione di “classe”:
Per Marx la classe è un insieme di individui che si trovano nella stessa posizione all’interno dei
rapporti di produzioni di un determinato modo di produzione.
Nella storia ogni società è sempre stata caratterizzata da varie classi con interessi diversi che entrano
in conflitto tra loro per determinare il potere. La lotta fra classi è ricorrente nella storia. Nel modo di
produzione capitalistico Marx individua due classi principali:
- la borghesia composta da capitalisti proprietari dei mezzi di produzione
- il proletariato composto dai lavoratori salariati

Lo sviluppo del modo di produzione capitalistico porterà tutte le altre classi ad avvicinarsi ad un o
l’altra di queste due classi principali.
Gli interessi sono opposti: i capitalisti tendono a sfruttare il più possibile gli operai e gli operai
tendono a liberarsi dallo sfruttamento.
I capitalisti ammantano i loro interessi con una ideologia che giustifica i rapporti esistenti e pongono
il capitalismo come rappresentante degli interessi di tutti. Gli operai hanno raramente chiari i loro
interessi. Il passaggio da un stato in cui non riconosce i propri interessi (classe in sé) ad una in cui li
riconosce e si organizza di conseguenza (classe per sé) si produce nel corso delle lotte di classe.
La classe è quindi anche una collettività capace di intraprendere azioni congruenti con i propri
interessi.

La teoria del mutamento:


La storia per Marx è dialettica: ogni formazione sociale ha delle contraddizioni tra le forze produttive
e i rapporti di produzione che portano verso il suo superamento.
Il modo di produzione capitalistico è il più potente generatore di mutamento sociale e materiale mai
apparso nella storia. Il suo motore è la ricerca del profitto da parte dei capitalisti, che hanno interesse
ad aumentare il più possibile la loro quota di plusvalore. Possono farlo in due modi:
- allungando la giornata lavorativa degli operai, ma questo sistema intrapreso all’inizio dello
sviluppo industriale si è scontrato con i limiti fisici e con l’opposizione degli operai
- rendendo il loro lavoro più produttivo, attraverso l’utilizzo di macchine sempre più numerose
ed efficienti, e con la razionalizzazione dell’organizzazione del lavoro.
Per Marx sul lungo periodo questo porterà alla “caduta tendenziale del saggio di profitto” cioè che
nell’investimento totale del capitalista avrà sempre più spazio l’acquisto e manutenzione di macchine
e meno l’acquisto di forza--lavoro che però è l’unica che produce valore.
Nel breve periodo però questa soluzione sembra più redditizia al capitalista che sarà alla continua
ricerca di innovazioni tecnologiche. La scienza perciò che sviluppa tecnologie, sarà stimolata, ma
anche condizionata dalle esigenze dei capitalisti. Si produrranno merci sempre più numerose e
diverse, che porterà alla ricerca di nuovi mercati. Lo sviluppo delle fabbriche porterà alla richiesta di
nuove materie prime e nuove fonti di energia, nuovi mezzi di comunicazione e di trasporto ecc…
Il capitalismo è quindi una forza rivoluzionaria.
La crescita del potere dei capitalisti porterà ad una conseguente crescita della classe operaia che
diventerà sempre più numerosa e concentrata, e povera, diverrà però anche sempre più consapevole
della sua forza e del suo ruolo nella produzione e

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che la produzione creata collettivamente dagli sforzi di grandi masse è appropriata dai singoli
capitalisti. Questa contraddizione porterà all’organizzazione della classe operaia per rivoluzionare i
rapporti sociali esistenti. Si fa erede di tutte le masse sfruttate nella storia e creerà una nuova società
fondata sull’uguaglianza e la giustizia dove verrà eliminato lo sfruttamento e i produttori liberamente
associati si approprieranno collettivamente del frutto del loro lavoro. La nuova società sarà il
comunismo.

Individuo e società:
Per Marx l’uomo è un essere sociale. Gli uomini producono insieme le condizioni della loro
sopravvivenza, non esistono se non in società. L’individuo isolato può esistere solo in determinate
condizioni storiche. Già all’inizio della storia ci sono individui collegati tra loro, con la famiglia, da
cui si nasce. Il rapporto tra i sessi è la base dei rapporti sociali. È altrettanto basilare il rapporto tra gli
uomini e la natura, per produrre quanto necessario per il proprio sostentamento. Man mano che cresce
e si affina la capacità di produrre, si accrescono e raffinano i bisogni e le sensibilità, si modifica il
mondo circostante, le forme di convivenza, la coscienza di sé che è anche un prodotto dell’interagire
sociale. La coscienza infatti ha alla sua base il linguaggio che è sociale in quanto non esisterebbe un
linguaggio parlato da un solo individuo.
L’idea che l’individuo possa essere opposto alla società è un’idea relativamente recente e si sviluppa
proprio quando i rapporti sociali si fanno più sviluppati cioè a partire dal XVIII secolo.
La spiegazione di questo paradosso è per Marx è che la società moderna ha una divisione del lavoro
sociale molto sviluppata.
Ciascun individuo è confinato nel suo ruolo. Il punto di ricongiungimento di questo lavoro diviso è il
mercato che però è astratto, si basa su leggi impersonali e lo scambio di merci non avviene su basi
personali. Di fronte al mercato l’individuo può immaginarsi isolato. È contro questa immaginazione
che Marx pone enfasi nel fatto che l’uomo è sociale.
La società in cui l’imperativo è produrre, diviene estraneo all’uomo il senso stesso della vita. Si
produce come mai prima, si ha un controllo sulla natura mai avuto in precedenza, ma la capacità di
godere dei rapporti con gli altri e con la natura viene meno. La società è immensamente potente ma
l’individuo estremamente incapace a dare un senso al tutto.

Facciamo alcune osservazioni:


La rivoluzione predetta da Marx non c’è stata. Il suo punto di forza però è stato dare ai lavoratori di
tanti paesi, una bandiera per cui lottare e basi su cui fondare le loro lotte.
Per gli economisti la debolezza della teoria di Marx sta nell’idea del valore, senza il quale l’idea dello
sfruttamento decade.
Dal punto di vista sociologico, le classi intermedie che Marx ipotizzava si sarebbero polarizzate verso
l’una o l’altra classe principale, non si è avverato, ma i tecnici, impiegati, funzionari pubblici, addetti
a servizi e commercio, hanno sviluppato una loro coscienza di classe e non si sono uniti agli operai.
Per quanto riguarda la “falsa coscienza”, nel Novecento si è affievolita la voglia di rivoluzione
all’interno della classe operaia, e l’adesione al sistema capitalistico (sarebbe stata comprata con la
concessione di privilegi e la partecipazione al benessere) è stata ben più ampia di quanto lui avesse
immaginato.

Nel 1864 a Londra Marx e Engels fondano la prima associazione internazionale dei lavoratori. Grazie
ad essa e ad Engels, il marxismo divenne la dottrina per molti partiti e movimenti operai. Alla fine
del XIX secolo il marxismo era una delle teorie sociali più consolidate. Presto si svilupparono varie
interpretazioni. In Germania fu considerato più una teoria dell’evoluzione sociale affine al
darwinismo. In Russia con Lenin, fu trasformato in una dottrina dove un’avanguardia operaia si
prendeva il compito di sviluppare la coscienza di classe. Il revisionismo di Bernstein critica che la
fine del capitalismo avvenga dopo la sua crisi economica (tesi fondamentale in Lenin) e il bipolarismo
delle classi borghese e proletaria. I bolscevichi criticavano il revisionismo dicendo che tradiva gli
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interessi degli operai. Per loro il marxismo si concentrava sulla creazione di un partito forte che
guidasse la classe operaia alla conquista del potere. La crisi della versione tedesca si indeboliva con
la prima guerra mondiale e la versione russa si rafforzava con i bolscevichi al potere e partiti comunisti
che si formavano in tutta Europa. Negli anni trenta Stalin impose una industrializzazione forzata, la
collettivizazione dell’agricoltura e soppresse ogni possibilità di critica e dialogo che si risolse in uno
stato fortemente burocratizzato e la classe di funzionari pubblici estremamente potente.
Dagli anni Venti diventa anche la dottrina del partito comunista cinese, anche se il maoismo, la
versione cinese del marxismo, è diversa da quella sovietica. Nello stesso periodo in europa si sviluppa
il marxismo occidentale che si è occupato molto di più dello sviluppo delle scienze sociali ed ha fatto
una forte critica allo sviluppo totalitario del regime comunista in URSS.

ATTENZIONE:
ti ricordiamo che questo documento è SOLO
un'anteprima, ne la prima ne la seconda parte di questa
dispensa sono complete! OVVIAMENTE, se acquisterai
la dispensa COMPLETA, saranno presenti tutti gli
argomenti e capitoli che dovranno essere studiati!

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FONDAMENTI DI
SOCIOLOGIA
CAPITOLO I: COS’E’ LA SOCIOLOGIA?
La sociologia è lo studio scientifico della vita umana, dei gruppi sociali, di intere società e del
mondo umano in quanto tale. È lo studio che cerca di rispondere a domande circa la formazione
del mondo, le condizioni di vita diverse dal passato, la brutale disuguaglianza sociale e cosa
riserva il futuro alle generazioni contemporanee.
L’ambito di interesse della sociologia è estremamente ampio: alcuni di noi concepiscono il mondo
in termini di caratteristiche comuni come la famiglia, la vita lavorativa e l’amicizia, ma la
sociologia dimostra che è davvero importante sviluppare una visione più ampia del motivo per
cui siamo come siamo e agiamo come agiamo.

Perché studiare sociologia?


- desiderio di aiutare gli altri,
- mettere le proprie capacità a servizio della gestione aziendale,
- comprendere meglio il mondo in cui viviamo,
- migliorare e cambiare la situazione attuale (si parla in questo caso di sociologia applicata).

• Immaginazione sociologica.
Lo studio della sociologia non è solo un processo di acquisizione di conoscenze, ma bisogna essere
capaci di
liberarsi dai condizionamenti della situazione personale, collocando le cose in un contesto più
vasto: il lavoro sociologico dipende da quella che il sociologo americano Charles Wright Mills ha
chiamato “immaginazione sociologica”.
L’immaginazione sociologica richiede la capacità di riflettere su se stessi al di fuori delle abitudini
famigliari della vita quotidiana: si può prendere ad esempio il comune gesto di bere un caffè.

L’ESEMPIO DEL CAFFE’.


Ha un valore simbolico nel quadro dei riti sociali quotidiani, il rito legato alla consumazione di
caffè è ben più importante che la consumazione stessa della bevanda. Rappresenta per alcuni il
primo passo per affrontare un’intera giornata lavorativa, per altri è un momento di interazione
sociale e di fatto è più importante lachiacchierata che si fa con qualcuno piuttosto che la tazza di
caffè. Il caffè è poi una droga in quanto la caffeina ha una funzione stimolante sul cervello, ma a
differenza della cocaina è considerata, come l’alcool, una droga socialmente accettabile: in altri
paesi invece è accettato il consumo di cocaina ma non di alcool e caffè. Ai sociologi interessa
studiare i motivi alla base di queste differenze. Poi chi beve un caffè è inserito in un insieme di
relazioni socioeconomiche globali: il caffè infatti si consuma prevalentemente nei paesi più
ricchi del pianeta ma viene prodotto nei più poveri (lo studio di queste transizioni globali è una
parte importante della sociologia). La
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consumazione di caffè presuppone anche un luno processo storico-sociale: il caffè è diventato un


prodotto di largo consumo solo a partire dal XIX secolo, la sua coltivazione ebbe origine i Medio
Oriente ma la consumazione di massa iniziò nel periodo di espansione coloniale dell’Occidente.

Per i sociologi dunque, anche una cosa banale come il caffè, ha implicazioni affascinanti.

→ Lo studio degli individui e della società.


La sociologia è definita quindi la scienza della società, ma cos’è la società?
Generalmente è un gruppo di persone che vivono in un determinato territorio condividendo
caratteristiche culturali comuni, come la lingua, i valori e le norme fondamentali di comportamento.
La società comprende anche una serie di istituzioni e le relazioni tra esse: le relazioni tra persone,
gruppi e istituzioni formano la struttura sociale. Quando si inizia a concepire la vita sociale
attraverso i concetti di società, istituzioni e struttura sociale, si inizia a pensare da sociologi. La
sociologia esplora infatti quello che la società fa di noi e quello che noi facciamo di noi stessi e
della società, le nostre attività strutturano il mondo sociale e al tempo stesso sono strutturate da
esso.
Le società umane passano infatti attraverso un interminabile processo di strutturazione, vale a dire
che vengono continuamente ricostruite dagli stessi esseri umani (sempre esempio del caffè:
scelgo io in che bar andare e cosa bere, e in questomodo influenzo il mercato del caffè che a sua
volta influenza l’esistenza di coloro che lo producono all’altra parte del mondo).
Negli ultimi decenni la malleabilità delle strutture sociali ha avuto diverse dimostrazioni.
I regimi comunisti dell’Est Europeo sono in breve tempo crollati alla fine degli anni Ottanta, quado
la gente ha iniziato a protestare e manifestare contro l’assenza di libertà e di sviluppo economico.
Più recentemente (2011) anche in Medio Oriente e Nord Africa ci sono state sollevazioni contro i
regimi autoritari: il ibia è caduto il regime del colonnello Gheddafi e in Egitto il presidente
Mubarak è stato costretto a dimettersi.

• Sviluppo del pensiero sociologico.


→ Teorie e prospettive teoriche.
In sociologia si vuole anche sapere il perché succedono le cose, e per fare ciò bisogna costruire
delle teorie che spieghino i fatti.
Vengono infatti elaborate delle teorie, ovvero vengono costruite interpretazioni astratte tali da
spiegare un’ampia varietà di situazioni. Ovviamente queste teorie sono
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valide solamente se siamo capaci di verificarle attraverso la ricerca empirica in quanto i fatti
necessitano di essere interpretati. In mancanza di un approccio teorico infatti non sapremmo
nemmeno cosa cercare nell’intraprendere uno studio o nell’interpretare i risultati di una ricerca.

→ I fondatori della sociologia.


Le origini di studi sistematici della vita sociale risalgono ad una serie di grandi cambiamenti
introdotti con la rivoluzione francese (1789) e da quella industriale della metà nel XIX secolo.

■ AUGUSTE COMTE.
Molti contribuirono ovviamente alla fondazione della disciplina, ma un posto d’onore è occupato da
Comte per
il semplice fatto che le diede il nome “sociologia” nel 1840 per riferirsi al nuovo campo di studi pe
i quali inizialmente utilizzò l’espressione “fisica sociale”. Il pensiero di Comte riflette i tumultuosi
cambiamenti dell’epoca in cui visse, ambiva a creare una scienza della società che potesse
spiegare le leggi del mondo sociale. Comte voleva che la sociologia diventasse una scienza
positiva, ovvero una di quelle che si possono applicare solo a fenomeni osservabili attraverso
l’esperienza: adottare un approccio positivista in sociologia significa mirare alla produzione di
conoscenza sociale basata sull’evidenza empirica ricavata dall’osservatore. La “legge dei tre stadi”
di Comte afferma che gli sforzi umani per comprendere il mondo sono passati attraverso gli stadi
teologico, metafisico e positivo.

- nello stadio teologico il pensiero viene guidato dalle idee religiose e dal concetto di società
come espressione della volontà di Dio
- nello stadio metafisico la società viene vista in termini naturali e non più
soprannaturali
- nello stadio positivo, annunciato dalle scoperte di Copernico, Galileo e Newton, prevale
l’applicazione del metodo scientifico al mondo sociale (la sociologia era per Comte la scienza
più importante e difficile).

Comte era infatti consapevole delle condizioni sociali in cui viveva, e le sue principali
preoccupazioni riguardavano le diseguaglianze generate dall’industrializzazione e la minaccia che
esse costituivano per la coesione sociale.

- EMILE DURKHEIM.
Le idee di questo pensatore francese hanno avuto un’influenza più durevole sulla sociologia
moderna. Considerava la sociologia una scienza nuova in grado di tradurre tradizionali questioni
filosofiche in interrogativi sociologici che richiedevano ricerche nel mondo reale. Riassunse tutto
ciò nell’appello a “studiare i fatti sociali come cose”. Ma cosa sono i fatti sociali?
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Sono tutte quelle istituzioni e regole dell’agire che determinano e incanalano il comportamento
umano: un esempio è il sistema monetario, è un fatto sociale al quale di rado prestiamo attenzione,
ma in realtà modella e condiziona le nostre azioni.
Durkheim era preoccupato dai cambiamenti che stavano trasformando la società e uno dei suoi
interessi principali era la solidarietà sciale e morale, ovvero ciò che tiene insieme la società. Col
suo “La divisione del lavoro sociale” elabora un’analisi del mutamento sociale in cui si afferma
anche un nuovo tipo di solidarietà. Secondo lui le società tradizionali erano caratterizzate dalla
solidarietà meccanica; l’industrializzazione e l’urbanizzazione però avevano provocato una
crescente divisione del lavoro a causa della specializzazione e della differenziazione sociale, e
portarono ad una solidarietà detta organica. Con la divisione del lavoro infatti gli individui
diventavano sempre più dipendenti l’uno dall’altro poiché avevano bisogno di beni e servizi
prodotti da un diverso lavoratore.
Assieme alla società cambiano anche gli stili di vita, la morale e le credenze religiose.

- KARL MARX.
Le idee di Marx contrastano con quelle di Comte e Durkheim, nonostante anche lui cercasse di
spiegare i cambiamenti sociali legati alla rivoluzione industriale. Marx, incontrasto con le autorità
tedesche, si stabilì definitivamente in Inghilterra dove fu testimone diretto dello sviluppo industriale
e delle diseguaglianze che

questo creava. Marx si concentrò soprattutto sullo sviluppo del capitalismo nel quale egli
individuava due elementi costitutivi:
- il capitale, ovvero i mezzi di produzione

- il lavoro salariato, l’insieme dei lavoratori che devono cercare un impiego presso i detentori
del capitale.

L’insieme dei capitalisti secondo Marx costituisce la borghesia di fronte alla quale si trova la grande
massa dei lavoratori salariati, ovvero il proletariato. Il capitalismo è dunque considerato un sistema
classista perché, per quanto capitalisti e lavoratori dipendano l’uno dall’altro, si tratta di una
reciproca dipendenza sbilanciata. Per Marx i conflitti tra le classi erano la molla dello sviluppo
storico e quindi delineò una progressione di fasi storiche all’inizio delle quali i trovava la società
comunista primitiva, seguita dall’affermazione da quella schiavista e dal sistema feudale; la comparsa
della borghesia capitalista segnò poi il tramonto della nobiltà terriera e, cosìcome questa ha
rovesciato il precedente sistema, essa stessa sarà sostituita dal proletariato. Marx teorizzava infatti
una rivoluzione dei lavoratori che avrebbe dato vita ad una società nuova nella quale non ci
sarebbe stata alcuna netta divisione tra proprietari e lavoratori: parlava del comunismo. Non
intendeva che sarebbero scomparse tutte le diseguaglianze, ma piuttosto che la società non sarebbe
più stata divisa tra una classe di pochi che detiene il monopolio del potere economico, e una
grande massa di individui privati di ogni ricchezza.
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Le idee di Marx ebbero una grandissima influenza nel XX secolo, tanto che fino ad una
generazione fa, gran parte della popolazione mondiale viveva ancora in società in cui i governi
erano ispirati a queste idee.

- MAX WEBER.
Anche il tedesco Weber prese in considerazione lo sviluppo del capitalismo e i modi in cui la
società moderna si differenziava da quella precedente. A differenza di Marx, però, attribuì molta
meno importanza al conflitto di classe, affermando piuttosto che siano stati i valori religiosi ad
avere fondamentale importanza per lo sviluppo della mentalità capitalista (“L’etica protestante e lo
spirito del capitalismo”).
Diversamente dagli altri fondatori, Weber riteneva che compito della sociologia fosse studiare
l’agire sociale, ovvero le azioni significative che il soggetto compie nei confronti degli alti: la
sociologia ha dunque il compito di capire il significato nascosto delle azioni individuali.
Elemento importante del suo pensiero è il concetto di “tipo ideale”, ovvero dei modelli utilizzabili per
indagare un fenomeno sociale e ci aiutano a comprendere il mondo.
Nella prospettiva weberiana l’affermazione della società moderna è stata accompagnata da
importanti cambiamenti dei modelli di azione sociale. Nella società industriale c’è poco spazio
per il sentimento o per continuare a fare le cose solo perché si sono sempre fatte in un certo
modo: l’affermazione della scienza infatti configurava per Weber un processo di
razionalizzazione, cioè di organizzazione della vita sociale secondo principi di efficienza. Se un
tempo gli atteggiamenti e i valori erano guidati dalla religione e da usanze secolari, la società
moderna è caratterizzata appunto dalla razionalizzazione, a proposito della quale Weber aveva
molte preoccupazioni in quanto pensava che la burocrazia avrebbe finito col soffocare lo spirito
umano.

→ tradizioni teoriche in sociologia.


I 3 principali fondatori della sociologia utilizzarono approcci notevolmente diversi
Durkheim sottolineava il potere di coercizione delle forze sociali che generano valori condivisi e
consenso sociale
Marx considerava molto importanti le strutture sociali, per lui conflitto e diseguaglianza erano
caratteristiche comuni di tutte le società.
Weber si concentrò invece sul significato della vita sociale e dell’agire individuale in società.

Queste differenze di fondo si sono perpetuate nella storia della sociologia dando vita a 3 ampie
tradizioni di ricerca: il FUNZIONALISMO (DURKHEIM), la TEORIA DEL CONFLITTO
(MARX) e gli APPROCCI DELL’AGIRE SOCIALE o “INTERAZIONISTI” (WEBER).
1. FUNZIONALISMO.
Per il funzionalismo la società è un sistema complesso le cui parti cooperano per produrre stabilità:
la sociologia dovrebbe indagare le relazioni che le varie parti
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intrattengono tra loro. I funzionalisti (come anche Comte) hanno fatto ricorso all’analogia secondo
la quale la società funzionerebbe come un organismo vivente: le sue componenti lavorano l’una
accanto all’altra come le varie parti del corpo, a beneficio della società nel suo complesso.
Il funzionalismo mette in evidenza l’importanza del consenso morale nella conservazione
dell’ordine e della stabilità ed esiste quando la maggior parte degli individui che compongono una
società condividono gli stessi valori.

Fino al 1960 il funzionalismo è stato probabilmente la tradizione sociologica prevalente,


specialmente negli USA dove i maggiori rappresentanti erano Parson e Merton. La versione del
funzionalismo di Merton è stata molto influente: distingueva due tipi di funzioni:

- funzioni manifeste, quelle note e volute dia partecipanti a un determinato tipo d attività,
- funzioni latenti, conseguenze di quell’attività delle quali i partecipanti non hanno
consapevolezza.

Inoltre adoperava la distinzione tra funzioni e disfunzioni: guardare alle disfunzioni significa
guardare solamente agli aspetti negativi della vita sociale, quelli che contraddicono l’ordine
esistente delle cose. È ad esempio sbagliato presupporre che la religione sia sempre funzionale:
quando i gruppi religiosi si trovano in disaccordo possono portare a dei conflitti che provocano
sconvolgimenti sociali (vedi tutte le guerre condotte per ideologie religiose).

2. TEORIE DEL CONFLITTO.


I teorici del conflitto sottolineano l’importanza delle strutture sociali e privilegiano l’importanza
delle divisioni sociali, concentrandosi sui temi del potere, della diseguaglianza e del conflitto.
Secondo questo modello la società è composta da gruppi distinti, ciascuno dedito al proprio
interesse, il che comporta la costante presenza di un conflitto. Studiano le tensioni tra i gruppi
dominanti e svantaggiati, cercando di comprendere come vengono stabilite e mantenute le
relazioni di dominio.
Non tutte le teorie del conflitto sono di stampo marxista: il femminismo, ad esempio, è una forma
di teoria del conflitto che si concentra sulla diseguaglianza di genere, cioè la situazione di
disparità tra uomini e donne che si riscontra nella maggior parte delle società. La disparità di
genere è più importante di quella di classe in quanto è una situazione che perdura ancora oggi,
benchè l’attivismo politico femminile abbia conseguito risultati in molti campi.
La prospettiva sociologica femminista richiama l’attenzione su questioni che in precedenza i
sociologi avevano ignorato: le femministe hanno studiato le differenze di genere in ambito
domestico e altre sfere private, hanno svolto ricerche sugli stereotipi e il linguaggio di genere nelle
interazioni, mettendo a nudo numerosi malestream (strutture maschili di pensiero che favoriscono
l’uomo, tipo il fatto che la parola “uomo” indica l’intera razza umana).

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