Impersonal It À
Impersonal It À
solo documentato e reale ma anche libero dalle influenze dello scrittore. Per fa sì che ciò
che viene raccontato sia libero dalle influenze dello scrittore, quest'ultimo deve
eclissarsi,ovvero mettersi nei panni dei suoi personaggi, vedere le cose con i loro occhi ed
esprimerle con le loro parole, così che l'opera sembri essersi fatta da sé. In questo modo al
lettore sembrerà che quello che viene narrato non sia un racconto ma una serie di fatti che si
svolgono proprio sotto i suoi occhi. A questo proposito non devono essere spiegati gli
antefatti né i profili psicologici dei personaggi. Anche se questo potrebbe creare confusione
al lettore, col passare del tempo i personaggi si faranno conoscere con le loro azioni e le
loro parole.
A raccontare i fatti non è un narratore onnisciente ma un narratore che si colloca allo stesso
livello dei suoi personaggi: egli infatti scende al loro livello e si mimetizza con loro, tanto da
sembrare proprio uno di loro che però rimane anonimo.
Un esempio ovvio è fornito in rosso Malpelo dove si afferma che Malpelo si chiamava così
perché aveva i capelli rossi ed aveva i capelli rossi perché era un ragazzo malizioso e
cattivo.
Ovviamente questa frase non è espressione del pensiero dello scrittore borghese quale era
Verga ma di uno dei personaggi della vicenda. Dunque se il narratore commenta e giudica i
fatti lo fa secondo la visione elementare e rozza della collettività popolare. Di conseguenza
anche il linguaggio è spoglio e povero con proverbi ed imprecazioni popolari.
Verga ritiene che l'autore debba eclissarsi perché non ha il diritto di giudicare la materia che
rappresenta. Per capire per quale motivo Verga pensa ciò, bisogna fare riferimento alla sua
visione pessimista: per lui la società umana è dominata dal meccanismo della lotta secondo
il quale il più forte schiaccia il più debole e le azioni dell'uomo sono mosse dall'egoismo e
dalla ricerca dell'utile mentre le qualità come l'altruismo e la generosità non hanno posto
nella realtà concreta. Questa legge per Verga risulta essere universale e immodificabile,
senza alternative, valida in ogni tempo e in ogni luogo e fuori da ogni consolazione religiosa.
Quindi, in risposta al perché Verga ritiene che lo scrittore non può giudicare i fatti, si può dire
che qualsiasi intervento di questo tipo è inutile perché non essendoci alternative, non
modificherebbe la realtà esistente.
Il pessimismo verghiano, l'idea quindi che la società sia dominata dalla forza per la vita e
dalla legge del più forte e che ad essa non vi sia scampo né nel passato, né nel presente, né
nel trascendente, ha una forte connotazione conservatrice (egli infatti in questo modo rifiuta
chiaramente le ideologie progressiste dell'epoca) e, contemporaneamente, gli fornisce gli
strumenti utili per cogliere molto più lucidamente degli uomini del suo tempo, ciò che di
negativo c'è nella realtà e di metterlo in luce con una precisione certosina, essendo oramai
egli del tutto immune ai miti contemporanei (come quelli che si stanno diffondendo proprio in
quel periodo, i miti di 'progresso' e di 'popolo'), verso cui egli non prova neanche un vago
pietismo sentimentale.
Verga tende a concentrarsi sugli aspetti più crudi della realtà, dissacrando in un certo qual
modo il mito prettamente populistico del progresso. Secondo lui il progresso moderno è un
qualcosa di negativo, ma egli, a differenza di tutti i conservatori del suo tempo, non gli
contrappone il mito della campagna, poiché ella neanche è considerabile un antidoto ai mali,
in quanto anche lei è retta dalle leggi dell'egoismo e della ricerca dell'utile. Questo è il motivo
per cui Verga è uno scrittore scomodo, che in qualche modo stimola la critica e distrugge i
miti.