Scià Isma'il II
Scià Ismāʿīl II | |
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Terzo Scià dello Stato persiano safavide | |
In carica | 22 agosto 1576 – 25 maggio 1577 |
Incoronazione | 22 agosto 1576 |
Predecessore | Scià Tahmāsp I |
Successore | Moḥammad Khodābanda |
Nome completo | in persiano ابوالمظفر شاه اسماعیل میرزا بن شاه طهماسب صفوی الحسینی الموسوی, Abū l-Muẓaffar Shāh Ismāʿīl Mīrzā b. Shāh Tahmāsp Ṣafavī al-Ḥoseynī al-Mōsavī |
Nascita | Qom, 28 maggio 1537 |
Morte | Qazvin, 24 novembre 1577 |
Dinastia | Safavide |
Padre | Scià Tahmāsp I |
Madre | Sultanum Begum Mawsillu |
Religione | Islam sciita |
Scià Ismāʿīl II (in persiano شاه اسماعیل دوم; Qom, 28 maggio[1] 1537 – Qazvin, 24 novembre 1577) è stato un sovrano persiano della dinastia safavide. Regnò dal 1576 al 1577.
Gioventù
Terzo Scià safavide dell'Iran, Ismāʿīl era figlio di Shah Tahmāsp I e di una donna turcomanna-irachena dell'area di Mossul, Sultanum Begum Mawsillu.[2] Nel 1547 fu nominato dal padre governatore della provincia di Shīrwān, da cui condusse numerose spedizioni militari contro gli Ottomani. Nel 1556 divenne governatore del Khorasan. Tuttavia uno dei più importanti uomini di corte del padre, Ma'sum Beg Safavi, convinse lo Scià che Ismāʿīl stava complottando per rovesciarlo dal trono. Ismāʿīl passò di conseguenza i successivi venti anni in una prigione nel castello di Qahqaheh.[3]
Il 18 ottobre 1574, Scià Tahmāsp si ammalò e fu due volte sul punto di morire, senza aver ancora scelto un suo successore. Pertanto, il principale comandante dei Qizilbash organizzò un incontro per discutere su chi sarebbe potuto diventare suo successore. Il clan Ustajlu e quello Shaykhavand (legati entrambi alla famiglia safavide) erano favorevoli a Ḥaydar Mīrzā Ṣafavī. Anche i Georgiani lo sostenevano, visto che sua madre era Georgiana.
I clan dei Rumlu, degli Afshār e dei Qajar erano favorevoli a Ismāʿīl, che era ancora imprigionato nel castello di Qahqaheh. la figlia circassa favorita da Tahmāsp. Pari Khan Khanum, era del pari favorevole al fratello.[4] Mentre Tahmāsp era ancora ammalato, coloro che sostenevano Ḥaydar Mīrzā inviarono una missiva al castellano del castello di Qahqaheh, che si chiamava Khalīfa Anṣār Qaradghlu, chiedendogli di sopprimere Ismāʿīl. Tuttavia la madre di questi, Pari Khan Khanum, lo venne a sapere e informò Tahmāsp del complotto. Tahmāsp, che ancora nutriva sentimenti di affetto per il figlio a causa del coraggio da lui messo in mostra in difesa del regno paterno contro l'Impero ottomano, inviò un drappello di moschettieri Afshar al castello di Qahqaheh perché lo proteggessero.[5]
Due mesi più tardi, Tahmāsp si riprese dalla malattia che ne aveva messo in pericolo la vita e due anni dopo morì, il 14 maggio, a Qazvin. Ḥaydar Mīrzā fu il solo figlio che si trovava con lui al momento della morte, e fu quindi lui stesso ad annunciare il giorno dopo di essere il successore del genitore defunto.
Di norma, alcune tribù Qizilbash sorvegliavano il palazzo reale, dandosi tra loro il turno. Sfortunatamente per Ḥaydar Mīrzā, quel giorno di guardia non c'erano Qizilbash ma Rumlu, Afshār, Qajar, Bayat, o membri della tribù dei Dorsaq - tutti leali sostenitori di Ismāʿīl.[6]
Quando Ḥaydar Mīrzā si accorse di trovarsi in una posizione assai pericolosa, prese Pari Khan Khanum (che si trovava nel palazzo reale) "in sua custodia come misura precauzionale".[7] Pari Khan Khanum allora "si gettò ai piedi di suo fratello, alla presenza della madre di Ḥaydar Mīrzā", e implorò di poter lasciare il palazzo - stante il fatto di essere la prima a riconoscere il suo nuovo ruolo, effettuando una prostrazione ai suoi piedi - e giurò che avrebbe provato a persuadere i sostenitori di Ismāʿīl Mīrzā (tra cui suo fratello Sulaymān Mīrzā e lo zio Shamkhal Sultan) a mutare il loro atteggiamento. Ḥaydar Mīrzā accettò le sue richieste e le concesse il permesso di lasciare il palazzo. Tuttavia, appena ella ebbe abbandonato la reggia, la donna tradì la sua parola e consegnò le chiavi del portone del palazzo a Shamkhal.[8]
Quando i seguaci di Ḥaydar Mīrzā vennero a conoscenza della minaccia che incombeva sul loro re, si precipitarono nella sua residenza reale per salvarlo. Tuttavia, le guardie del palazzo, che avversavano Ḥaydar Mīrzā (sebbene egli avesse tentato di portarli dalla sua parte con diverse promesse) sbarrarono gli ingressi del palazzo.[9] Allo stesso tempo, i sostenitori di Ismāʿīl Mīrzā, penetrarono nella reggia e giunsero nella sua parte interna. I partigiani di Ḥaydar Mīrzā però riuscirono in breve tempo a sfondare i cancelli, ma non giunsero in tempo e i sostenitori di Ismāʿīl Mīrzā trovarono Ḥaydar Mīrzā, vestito da donna, nell'harem reale. HFu quindi immediatamente catturato e decapitato.[10] La sua testa insanguinata fu quindi gettata addosso ai partigiani di Ḥaydar Mīrzā, che misero fine alla loro azione, cosa che comportò l'ascesa al trono senza ulteriori problemi a Ismāʿīl Mīrzā.[11] Egli fu pertanto incoronato il 22 agosto 1576.[12]
Regno
Note
Bibliografia
- Rudi Matthee, Persia in Crisis: Safavid Decline and the Fall of Isfahan, I.B. Tauris, 2011, pp. 1–371, ISBN 0-85773-181-5.
- Sussan Babaie, Slaves of the Shah: New Elites of Safavid Iran, I.B. Tauris, 2004, pp. 1–218, ISBN 978-1-86064-721-5.
- Andrew J. Newman, Safavid Iran: Rebirth of a Persian Empire, I.B. Tauris, 2008, pp. 1–281, ISBN 978-0-85771-661-3.
- Roger Savory, Iran under the Safavids, Cambridge University Press, 2007, pp. 1–288, ISBN 0-521-04251-8.
- H.R. Roemer, The Safavid period, in The Cambridge History of Iran, Volume 5: The Timurid and Safavid periods, Cambridge, Cambridge University Press, 1986, pp. 189–351, ISBN 978-0-521-20094-3.
- Manuchehr Parsadust, «PARIḴĀN ḴĀNOM», in Encyclopaedia Iranica, 2009.
- Guity Nashat e Lois Beck, Women in Iran from the Rise of Islam to 1800, University of Illinois Press, 2003, pp. 1–253, ISBN 978-0-252-07121-8.
- Touraj Daryaee, The Oxford Handbook of Iranian History, Oxford University Press, 2012, pp. 1–432, ISBN 0-19-987575-8.
- David Blow, Shah Abbas: The Ruthless King Who became an Iranian Legend, London, UK, I. B. Tauris & Co. Ltd., 2009, ISBN 978-1-84511-989-8, LCCN 2009464064.
- Colin P. Mitchell, The Practice of Politics in Safavid Iran: Power, Religion and Rhetoric, I.B. Tauris, 2009, pp. 1–304, ISBN 0-85771-588-7.
Voci correlate
Controllo di autorità | VIAF (EN) 40435371 · ISNI (EN) 0000 0000 5484 033X · CERL cnp00505699 · LCCN (EN) nr96008222 · GND (DE) 128697105 · J9U (EN, HE) 987009841561005171 |
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